Scappatoia.

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Era passato ormai un giorno da quando mi avevano dimesso dall'ospedale. Ero ancora piuttosto in forma, si, insomma, per avere un qualcosa che cercava di uccidermi dentro di me.

Avevo letto e riletto quelle tre pagine, e l'unica cosa che diceva era che per controllare il crock bisognava raggiungere una sorta di pace o che so io.

Pace un corno. Avevo un parassita dentro di me, il mio ragazzo non mi parlava e mio padre sarebbe tornato in meno di 4 giorni.

Non sapevo bene cosa dovessi fare, ma sapevo che sarebbe valso un tentativo.

Per cominciare, mi presentai letteralmente davanti alla porta della casa di Liam.
Suonai il campanello una, due, tre volte.

L:"Arrivo, arrivo" sentii da dietro la porta.
"Chi è che viene a bussare di domenica matt... Cosa ci fai qui?"
A:"Ti prego, non rispondi alle mie chiamate, ai miei messaggi. Ho pensato che se mi avessi vista, faccia a faccia, mi avresti ascoltata."
L:"Non ne ho l'intenzione"
Fece per chiudere la porta, ma la bloccai, prima che potesse riuscirci.

L:"Lascia andare."
A:"Non devi per forza replicare a ciò che dico, ma ti PREGO, almeno ascolta."

Lui riaprì la porta, e a braccia conserte mi fece intendere che volesse ascoltarmi.
A:"So che ce l'hai a morte con me. Volevi salvarmi, lo capisco; ma prova anche tu a comprendere. Da quando sono a Beacon Hills non ho fatto che vedere gente morire, gente soffrire a causa mia e mi sono stufata. Secondo il bestiario, devo riuscire a controllare questo crock o come diavolo si chiama e non ho la più pallida idea di come fare"

L:"Perché sei qui?" La sua voce interruppe il mio discorso, con un tono assai strano. Era arrabbiato, ma anche triste e soprattutto si sentiva che voleva aiutarmi.

A:"Perché ho bisogno di te."
Mi buttai fra le sue braccia, e lo baciai. Era come se ci stessimo baciando per la prima volta, o almeno la sensazione era quella.

Poco dopo, qualcosa di caldo scendeva sulle mie guance. Lacrime, ma non mie, di Liam.
Mi staccai da lui, preoccupata.

L:"Scusa. Scusa scusa scusa."
A:"Perché ti stai scusando?"
L:"Non lo so nemmeno io, ma sentivo il bisogno di dirtelo. In questo ultimo mese ho avuto solo paura. Paura di perderti. Quando ho visto l'opportunità di salvarti, non ci ho pensato due volte. Ma a quanto pare, mi sbagliavo. Quello che doveva essere salvato ero io"

Rimasi impietrita. Senza parole.
Cautamente mi avvicinai a lui, le nostre bocche a pochi centimetri di distanza, e lo guardai negli occhi.
Occhi così profondi, così tristi.
Lo abbracciai, ancora e ancora.

L:"Torno subito"
E sparì dietro una porta. Tornò pochi minuti dopo con una scatolina azzurra, adornata con un fiocco bianco neve e qualche brillantino qua e là.
L:"Avevo intenzione di dartelo per il tuo compleanno, ma credo che ora sia il momento giusto"

Aprii con delicatezza la scatolina, per scoprire che, all'interno, c'era un involucro fatto di giornali strappati. Al centro, c'era una piccola catenina, con una boccetta con del liquido viola all'interno e un'iscrizione a fianco: per ricordarti chi sei veramente. L.

L:"Ti piace? Ovviamente non sono vere lacrime di angelo, ma.." Lo zittii con un bacio, prima che potesse dire altro.
A:"È perfetto" sorrisi.

Me la feci mettere al collo e mi ammirai allo specchio. Quella collana mi faceva sentire bene, me stessa, quasi umana. Si, il termine che cerco è proprio umana.

A:"Liam, credo che abbia trovato il modo per controllare la fonte dei miei poteri"

Lo baciai, lo salutai e corsi fuori.
Non mi fermai, continuai a correre, fino a che le mie gambe non chiesero pietà.
Solo allora mi fermai, guardai il cielo, e cominciai a ridere, contenta che, dopo un mese d'inferno, ero riuscita finalmente a trovare una scappatoia.

Lontano dagli occhi, lontano dal cuore (sequel de "Una completa estranea")Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora