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Il telefono squilló. Jade aveva il presentimento che quegli squilli nascondevano qualcosa di più. Guardò sullo schermo e la scritta Papà prese spazio su questo. Rispose senza esitare, e il fiato le mancò quando sentí quelle poche parole del padre: ''Jade vieni in ospedale, subito.'' Non capí, non ebbe manco il tempo di ribattere che già il padre aveva messo giù. Quelle parole dette al telefono le sembravano così vicine, inaspettate, da riempirle la testa di punti interrogativi. Alex la scrollò per svegliarla dallo spazio oscuro che le si era creata attorno. ''Alex, in macchina. All'ospedale.'' Disse Jade guardando un punto impreciso con occhi vuoti, quasi posseduti. La pupilla era solo più una piccolissima macchiolina sputata in mezzo all'iride troppo azzurra del solito. C'era qualcosa che stava affogando in quegli occhi e, quella cosa che chiedeva aiuto per salvarsi da quel mare, era proprio Jade. Cosa ci facevano all'ospedale? Cosa può essere successo di così grave da far abbandonare il lavoro per andare in OSPEDALE?! ''Vieni Jade, è nel parcheggio qua davanti.'' Raggiunsero l'auto velocemente e in silenzio. Mise in moto, la macchina esitò, ma alla fine cedette portandoli in pochi minuti davanti all'ospedale: un edificio bianco sporco, dove dentro si curava, si moriva, si aspettava e, in questo caso, ci si metteva pure a correre per raggiungere i genitori. Vide un medico girovagare al secondo piano e, sempre seguita da Alex, chiese: ''Mi scusi, cerco Emily e Rob Smith dove...''
''Terzo piano, svolti a destra e sul lato sinistro seconda porta a partire dal fondo.'' Quel medico era simile alla macchinetta su cui era appoggiato: digiti il codice delle patatine e... Bum... Due secondi e ti aspettano sotto lo sportello. Domanda e risposta immacchinata nella mente come un computer. Non rigraziò, non c'era tempo. Raggiunse il terzo piano portandosi alle spalle 1 rampa di scale che segnava il cammino dell'infinito per quanto era lunga. Svoltò a destra, diede un'occhiata  a tutte le porte che le si presentavano davanti: seconda a partire dal fondo. Quella porta era uguale a tutte le altre, ma speciale per il semplice fatto che li dentro c'erano i suoi genitori, forse disperati dalla tristezza o forse disperati dalla felicità. Quello l'avrebbe saputo solo varcata la porta. Bussò, una voce maschile l'accolse con un ''avanti'' e Jade entrò, questa volta non seguita da Alex. Quel mistero riguardava solo Jade, Emily e Rob. Ma principalmente Jade, dato che era ancora inconsapevole di cosa si trattava però, appena chiusa la porta alle sue spalle, la nebbia che le inghiottiva il cervello lo vomitò a sua volta e rese tutto più chiaro, visibile e commuovente. Sua madre, sdragliata su quei soliti lettini scomodi dell'ospedale, suo padre che le stringeva la mano cosí dolcemente come se fosse l'ultima volta che potesse farlo e, di fianco a loro, su uno schermo, c'era una bozza che aveva la forma di un bambino. Una lacrima seguí i lineamenti dello zigomo di Jade, accarrezandolo dolcemente come le parole sussurate dalla madre, anche lei, colma di lacrime: ''Jade, sono incinta.'' Ed ecco che anche lì, la corazza del padre, si distrusse in un pianto.

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