//Sette.

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Corsi velocissimo per il corridoio, impressionando anche me stesso dato che, a causa delle mie corte gambe, non riuscivo mai a correre tanto veloce. Ma l'incredulità e la rabbia del momento presero il mio sopravvento.
Lo cercai dappertutto, ma senza successo. Così mi venne in mente una grande idea: sarei potuto andare dal preside e chiedergli se avrebbe potuto chiamare nel suo ufficio, con il microfono, Harry Styles,
Le notizie le dice sempre tramite il microfono, ed esse risuonano in tutta la scuola grazie a delle casse attaccate in cima alle pareti.
Decisi così di farlo.
Corsi fino al suo ufficio, bussai e mi accolse un "Avanti". Il preside era un signore sulla sessantina, con i capelli e la barba grigia, sorridente ed educato, gentile con gli altri. Mi era molto simpatico.
"Buongiorno" dissi, chiudendo la porta alle mie spalle, un po' affannato. Fece un grande sorriso:
"Mi scusi se la interrompo signor. preside, sono Louis Tomlinson e vorrei chiedergli un favore" dissi avvicinandomi alla scrivania
"Mi dica signor. Tomlinson" fece lui, sempre sorridendo
"Mi sono stati rubati dei soldi dalla cartella e vorrei che lei chiamasse con quel...microfono che ha sulla scrivania, Harry Styles. Sono quasi certo che sia lui il ladro in questione"
"Ladro, è una parola grossa. Sarà stata una scappatella! Sono certo che magari lo avrà fatto per scherzare un po'" disse lui, prendendo in mano l'oggetto che forse mi avrebbe salvato dagli scleri di mia madre
"No, mi creda, non direbbe così se conoscesse il nostro rapporto. Non ci sopportiamo" dissi io. Lui annuì in segno di comprensione, e pronunciò il nome del ragazzo dagli occhi verdi: "Harry Styles è convocato in presidenza".
"La ringrazio" gli dissi
"Si figuri! Ora, si sieda pure, signor. Tomlinson. Io vado a firmare alcuni documenti e sarò qui entro cinque minuti. Se questo signor. Styles, quando torno, non si sarà fatto vedere, prenderemo provvedimenti" disse lui, alzandosi dalla sua sedia
"Va bene" dissi io, cordialmente. Lui fece un ultimo sorriso prima di dirigersi verso la porta. La aprì e uscì fuori.
Erano oramai passati quattro minuti, ed Harry ancora non si era fato vedere. La voglia di pestarlo di botte mi stava assalendo.
Poi sentii la porta aprirsi e chiudersi subito dopo. Doveva essere il preside. Ora avrebbe dovuto prendere provvedimenti per Harry. Esultai mentalmente.
Ma appena mi voltai per vedere chi fosse, vidi il riccio che entrò da quella porta. Cavolo, era arrivato. Avrei voluto che fosse stato punito. Chiamatemi pure cattivo se volete, ma era un pensiero più forte di me.
"Che succede?" mi chiese lui, prima di sedersi sulla sedia accanto alla mia. Io non risposi, ma dopo qualche secondo esclamai: "Prima mi pesti e poi mi rubi anche i soldi. Ma che cazzo di problemi hai?!" con lo sguardo sempre tenuto fisso davanti a me.
"Ma a che ti riferisci?" chiese lui
"Lo sai. Smettila" dissi io, voltandomi di scatto e incontrando quelle perle verdi che mi fecero accelerare il battito.
"Louis, sta' attento a quel che dici" mi fece lui di tutto canto
"Perché? Altrimenti mi picchi?" chiesi io, sarcastico "Fa pure, tanto ci sono abituato" ripresi, tornando a fissare davanti a me
"Ti ho già chiesto scusa"
"E pensi che basti?" domandai, arrabbiato. "Harry, mi ha fatto male, e non è stato solo un male fisico" continuai, tenendo sempre gli occhi fissi nel vuoto. Con la coda dell'occhio notai come Harry si voltò verso di me. Forse quella frase gli colpì, dentro.
Ci fu poi un momento di silenzio.
"Così, sei gay?" fece lui, poco dopo
"Non sono cazzi tuoi" risposi, acidamente "Piuttosto, pensa a ridarmi i soldi, ladro di merda" dissi io, spazientito e non vedendoci più dal disgusto del gesto che fece.
Lui si alzò di scatto, si avvicinò verso me e si chinò, appoggiando la sue braccia sui braccioli della mia sedia. Fummo in un attimo viso contro viso, e iniziò a dire a bassa voce: "Louis, io non ho rubato i tuoi fottuti soldi. La mia famiglia non è messa bene economicamente, lo ammetto, ma non ho bisogno di rubare i soldi degli altri. Capito?" la sua voce era così roca e i suoi splendidi occhi che fissavano i miei erano il Paradiso. Poi si staccò dalla mia sedia e si diresse verso la finestra della stanza.
Mi pentii di quelle accuse. Forse non era stato lui.
"Controlla la mia cartella se vuoi" disse lui, con gli occhi fissi verso il fuori della finestra.
Mi permisi così di prendere la sua cartella, aprirla e frugarci dentro. Trovai un pacco di sigarette, un accendino, qualche libro, anelli ed il suo cellulare. Ma nient'altro. Posai la cartella sua per terra.
"Harry, scus..." dissi, quando lui mi fermò subito
"Lascia stare, sono abituato ad essere visto dagli altri come un povero stronzo" disse lui, prendendo la cartella da terra e mettendosela su una spalla, dirigendosi poi verso la porta. Avrei tanto voluto fermarlo, ma il coraggio era poco.
Quando aprì lo porta si scontrò contro il preside: "Arrivederci" disse semplicemente, mentre il preside cercava di fermarlo, urlando: "Signor. Styles, torni qui!", mentre stava per scattare in avanti per inseguirlo.
"Signor. preside, non è stato lui. Mi scusi per averle fatto perdere del tempo" dissi, alzandomi dalla sedia. Presi poi la mia carte e andai via dalla stanza, uscendo per la porta con sguardo chino verso il basso, triste ed in colpa per le inutili accuse verso Harry.
Mi fece davvero tenerezza quando disse tutte quelle cose.
Ed io mi sentii davvero uno schifo.    

Don't touch me - ||Stylinson||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora