Capitolo 4 (pt.1)

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The Truth

Vista la mancanza delle fonti di luce naturali, Xavier non si rendeva conto del tempo trascorso, ma quando suonò la sirena, fu di tutti il turno di disporsi in fila per ricevere le razioni in base al loro operato. Erano come una di quelle mandrie recalcitranti del passato, e solo il ragazzo poteva paragonarli a degli animali, perché nessun altro, fuorché il suo PC illegale, era a conoscenza dei tempi addietro o se fossero esistite forme di vita diversa da loro, data l'estinzione. Quel giorno non aveva voglia di scalciare per accaparrarsi le porzioni migliori retribuite a coloro che arrivavano per primi, era stanco e perso nei suoi pensieri, voleva unicamente tornare a casa a sdraiarsi su quel grande e comodo letto. Si lasciava trascinare dalla calca, e con vari spintoni parecchi lo superarono, praticamente era quasi l'ultimo della fila. Diede un'occhiata svogliata al quadrante dell'orologio: segnava le 20:37. Nel frattempo, più avanti nella coda avvenivano i quotidiani battibecchi e brevi risse, non sedate dai robot che si gustavano i pochi divertimenti del loro compito. Quando arrivò il suo turno, era passata più di un'ora, e mancava qualche minuto alle 22. "Vediamo un po' cosa abbiamo qui" disse il Supervisore1 con un ghigno raccapricciante e crudele sul volto metallico, strappandogli di mano la sacca: era praticamente vuota, poiché dopo le allucinazioni aveva perso la cognizione del tempo, e le sue braccia stavano lavorando sempre più lentamente. L'ultima oretta la passò fissando un punto non preciso tra gli scarti, ma era come se non fosse lì. "Oggi è scarso il bottino, eppure avresti dovuto fare di più, guarda che visino scarno, ahahah!" esclamò con tutta la crudeltà appresa dall'uomo, e, deridendolo, gli tirò con una certa forza un quarto di porzione addosso, colpendolo proprio sullo stomaco, provocandogli un dolore non indifferente, ma che parzialmente lo svegliò dal suo torpore. Strascicando i piedi immersi nei rifiuti, si incamminò verso l'uscita, mentre i fari che troneggiavano su quel luogo, proiettavano quattro sue ombre una più sfinita dell'altra.

* * *

Raggiunse la soglia dell'appartamento e infilò la chiave nella toppa, girandola lentamente finché un terzo scatto ne marcò l'apertura. Varcò la soglia e lanciò il magro compenso sul tavolo. Si voltò per dirigersi verso l'agognato materasso ma si bloccò improvvisamente. Si era completamente scordato della sua presenza, e ritrovarla a torso nudo in bagno lo lasciò basito. Per di più, avvicinandosi notò che aveva un fianco letteralmente aperto, e le sue agili dita digitavano indisturbate e rapidamente su dei tasti. Nel frattempo che cercava di capire fissandola attonito, lei si girò di scatto, e si ritrovò costretta a dare spiegazioni. "Ehm... Xavier?". Ancora mezzo imbambolato, ad ammirarne le forme e quella strana cosa che aveva, trovò la forza di distogliere lo sguardo e chiederle "Perché non potevi chiudere la porta, visto che sei in bagno, per giunta mezzo nuda? Ma per quello pazienza, potrei anche passarci sopra, visto che hai un pezzo di te smontato!" "In effetti... Beh, avrei dovuto dirtelo subito..." iniziò, mentre le mani continuavano ad armeggiare con quel pannello poco più grande di un palmo. Fu bloccata subito con "Senti, qualsiasi cosa tu stia facendo, potresti rivestirti e parlarmene fuori da questa stanza?" "Ok, ok, hai ragione.". Si rimise la canottiera senza disfare un minimo la coda ramata, andò in camera e si sedette spalle al PC, mentre il ragazzo si sdraiò scompostamente sul letto. Finalmente Halooceena riprese il filo del discorso. "Allora, in teoria non potevo interrompere la procedura, ma è giusto che ti metta al corrente di qualcosa di cui probabilmente hai sospettato. Ti prego non allarmarti e non danneggiarmi, anche se potresti sconvolgerti per la mia vera natura. Beh, sono uno tra i pochi robot umanoidi non smantellati e sopravvissuti alla riforma apportata dalla Rete. L'unica alternativa impostami alla disattivazione fu lavorare a fianco di Internet, che mi sopportava solo per la mia massa di sinapsi artificiali intelligenti che mettevano in secondo piano le mie sembianze. È un'entità ossessiva e possessiva, e non esitava mai a raccontarmi ogni suo piano nei minimi dettagli per vantarsi. Ero la sua segretaria, ma su quello di cui non mi informava non potevo accedere. Essendo un insieme di circuiti e energia, a forma di corpo, aveva la proprietà di essere tangibile, e spesso e volentieri dovevo soddisfare ogni suo singolo desiderio. Tramite le nozioni e le conoscenze racchiuse dentro di sé, poteva portare a galla sensazioni quali ubriachezza e estasi date da droghe e superalcolici, perdendo l'autocontrollo. Purtroppo, colei che ne subiva le conseguenze ero io, e la sua mente, intorbidita ulteriormente in quei casi espletando la creme del luridume di Internet e il contenuto del Deep Web, riversava su di me tutte le "sue" fantasie più perverse. I flussi di elettricità che racchiudeva a questo punto diventavano irrimediabilmente tangibili, non come al solito, che a riposo rimanevano aleggianti e fluidi, solidi giusto per sedersi o afferrare oggetti. Il suo peso e la sua bramosia mi soffocavano, ma dovevo assecondarlo, se non volevo essere terminata.". Nel mentre che lei parlava, il ragazzo cercava di ricondurre ogni tassello al suo posto, di chiarire ogni dubbio. Pensò tra sé e sé «Ecco perché il darmi il caffè era in gesto meccanico...». Lei intanto continuava "Certi giorni in cui aveva delle sbronze che lo facevano dormire per ore, ne approfittavo per dare un'occhiatina al PC posto sulla sua scrivania, asettica e impersonale. Fortunatamente alcune volte si dimenticava di bloccarlo prima di farsi, e così potevo navigarci indisturbata. Ti chiederai come mai non utilizzavo il mio cervello da IA: beh... siccome non piaceva a nessuno che ficcassi il naso negli affari del capo, men che meno a lui stesso, o sapessi troppo, mi hanno bloccato certe funzioni. Prima, per l'appunto, le stavo ripristinando, ma non ho ancora finito ed ero da stamattina così. Aspetta un attimo, credo che mi stia per scaricare" ed si estrasse dalla schiena la prolunga, inserendone la spina nella ciabatta. Lui rimase leggermente interdetto, ma affermò "Ci dovrò fare l'abitudine..." seppur poco convinto. La ragazza, o meglio, la robot, proseguì ignorando il commento "Varie applicazioni erano criptate da password indecifrabili, ma almeno riuscivo a visionare quelle che dimenticava aperte. Un giorno incappai nel circuito di sorveglianza delle telecamere che coprono l'intera zona discarica". Imbarazzato le chiese "Quindi hai visto anche i miei "deliri"...?" "Si, ma non ci ho dato peso, non sei né l'unico né uno tra i messi peggio. Ti osservato, e ti studiavo. Ogni tanto sgattaiolavo dalla Base della Rete per indagare sul tuo conto, nel mentre che lui andava in sospensione da sovraccaricamento a causa dei suoi viziacci. E tutto questo perché..."

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