Capitolo 6

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How to...love?

"Dobbiamo architettare un piano per piegare internet." cominciò Halooceena mentre Xavier si prodigava a buttare i resti e la polvere che prima costituivano i connettori e il rintracciatore, raccolti con una scopa malmessa e una sorta di paletta, nel sacco della spazzatura. Si era fatto piccolissimo al cospetto di un robot di tale calibro, ormai la temeva, rimpiangendo la serenità che lo pervadeva quando la notte aveva dormito incollato a lei. "Innanzitutto... Ehi, mi stai ascoltando? Perché non parli?" "Scusa, scusa" disse lui mortificato e pietrificato dall'autorevolezza feroce di lei. "Vabbe, ho capito, vuol dire che devo pensare a tutto io... Urge trovare la sua fonte di alimentazione, non credo di conoscere altri modi per sistemarlo, ma è etereo, seppur presente, e solido a suo piacimento, non ho la più pallida idea di quale sia, e se esiste..." "C'è un piccolo router collegato al suo PC, quello alimenta ogni cosa, compreso sé stesso" proferì, ma si pentì subito di aver aperto bocca involontariamente. Gli occhi di Halo luccicarono e il suo cervello iniziò a catalizzare l'informazione, farla sua, si riaccese, e con un ampio sorriso sul volto gli saltò addosso abbracciandolo. Stupito, ma impaurito allo stesso tempo, assecondò quello slancio di gioia inaspettato e ricambiò, accompagnato da un timido increspamento delle labbra. I circuiti di quella macchina, ora più viva che mai, stavano impazzendo e surriscaldando; la sua mente, precisa al pari di un orologio svizzero, era confusa ma travolta da una sensazione nuova e parecchio piacevole. L'ira per le ingiustizie che tanto accomunava i due era stata spazzata via da questa...cosa, incomprensibile alla superficialità delle funzioni standard della robot, ma che cominciò ad annidarsi e insediarsi dentro di lei. In un area non riservata alle conoscenze materiali, ma una zona realizzata dagli umani: lasciata nelle IA, poiché nessuno, se non il programmatore che ebbe avuto il compito di realizzarle, ne era a conoscenza, stranamente mai attivata nelle precedenti. Poteva definirlo...desiderio, no, non, solo... Non riusciva a darsi una spiegazione logica, non le era mai capitato, non trovava le parole, ma sentiva, si, proprio sentiva di non poter, dover staccarsi da quell'abbraccio, quel calore... "Ehm, ehi, non so che ti è preso, so che è rilassante abbracciarsi ma... Cazzo, non ti sei resa conto che mi stai stritolando...non...respiroh...". Lo lasciò andare di botto e ricadde sul letto, visto che lo stava persino sollevando con la sua forza bruta.
Com'era ricaduto sulle lenzuola, con il corpo scomposto, i capelli ancora arruffati dal mattino, lo sguardo leggermente stralunato ma sereno grazie a quell'accaduto, e con un angolo delle labbra all'insù. Lei era bloccata, non riusciva a togliergli lo sguardo di dosso, con la bocca spalancata dallo stupore. Non connetteva più, il suo lato inumano, robotico, si era disattivato per fare posto a...a questo. Lo trovava bellissimo, e sentiva il bisogno di stringerlo a sé ancora, e ancora... Trovò il suo corpo buttato su quello del ragazzo, ma il suo cervello non aveva ricevuto questo comando, non era lei ad averlo fatto. I loro visi erano a pochi centimetri l'uno dall'altro, ma lei non aveva la più pallida idea di quel che doveva fare. Si stava semplicemente perdendo, quasi annegando in quelle pozze grigiastre, come dei profondi laghi inquinati, che la colmavano piacevolmente, come se adorasse sprofondare in delle lucenti e calde sabbie mobili... I loro sguardi si spostavano unicamente per una puntatina sulle labbra. Quelle di lui, cosi carnose, ma allo stesso tempo delicate e non troppo spesse, come dipinte sul suo volto dal più abile pittore...
Xavier non resistette più, le prese la testa tra le mani, e quell'agognato contatto, si verificò. Ci fu una scossa elettrica, con un piccolo cortocircuito, che provocò a entrambi un gemito, ma non rinunciarono ad assaporarsi, anzi, ripresero più passionevolmente di prima. Si tolsero a vicenda le canottiere e i brivi li percorrevano da parte a parte. La loro pelle a contatto, le gambe avviluppate tra loro in un intreccio strano di corpi, le mani a percorrere i busti... Non servivano parole, il loro calore e i loro sguardi fugaci tra un bacio e l'altro ma carichi d'affetto, le labbra che scendevano sul collo e sul petto e poi risalivano verso il viso. "Ti amo" le disse, lei rispose "Io...non so che vuol dire" "Ora si.". E rimasero accoccolati così sul letto tutto il tempo, protetti dalle loro rispettive braccia, con il solo rumore di sottofondo del suo cuore e l'imitazione di quello dei suoi meccanismi che giravano.

Anche se in realtà, era molto più di un semplice androide.
Era un cyborg.

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