Come ogni mattina, andai dallo psicologo della scuola, più che altro era un obbligo di mio padre e della dottoressa Grace, dicevano che mi avrebbe fatto bene parlare con qualcuno, specialmente dopo la morte di mio nonno. All'inizio non ne volli sapere, ora invece appena avevo bisogno andavo da lui.
<<Sam!>>, mi saluto il dottor Clark appena entrai nel suo studio.
Il suo studio era il tipico studio da psicologo. Lui invece non sembrava uno psicologo, più che altro sembrava un modello, con i suoi capelli lunghi e biondi e la tipica faccia da belloccio.
<<Clark>>, salutai a mia volta dopo essermi accomodato sul divano di pelle.
<<Tuo padre mi ha detto che ieri sei scappato, un'altra volta...>>, fece un sospiro. Come sempre parlava troppo mio padre.
<<Sì>>, la mia voce era bassa e colpevole.
<<Me ne vuoi parlare?>>. Riecco la sua solita domanda. Come se non sapesse già il perché lo facessi.
<<Volevo nascondermi>>, risposi facendo spallucce.
<<Perché?>>.
<<Perché non volevo essere visto>>. Strinsi i pugni.
<<Da chi?>>.
<<Da mio padre>>.
<<Cerchi di essere forte davanti ai suoi occhi, non è così?>>, mi chiese centrando il punto come al solito.
<<Sì>>.
<<Lo sai che non devi, te l'ho già detto un infinità di volte. Devi parlare con lui, aprirti. Così ti fai solo del male, Sam>>.
<<Lo so>>, sospirai.
Mi osservò per qualche istante. <<Va' in classe Sam>>.
Mi alzai obbedendo ai suoi ordini.
Quando entrai in classe la vidi, era lei, la ragazza del parco. Era seduta al mio posto. Nessuno doveva sedersi al mio posto. Tutti sghignazzavano lanciando occhiatine a me e alla ragazza nuova. Tutti sapevano che nessuno doveva occupare il mio posto, se non voleva fare una brutta fine, compreso il professore che si agitava sulla sedia, ma lui era un idiota. Papà era troppo buono, assumeva chiunque avesse bisogno di un lavoro.
<<Sam>>, il professore richiamò la mia attenzione, la sua voce era nervosa e agitata, come lui del resto.
<<Professore, perché quella>>, indicai con disprezzo la ragazza che occupava il mio posto, <<è nel mio posto?>>. La ragazza sgranò gli occhi dallo spavento. Bene.
<<M-mi d-dispiace>>, ballettò il professore di storia. Mi voltai verso di lui guardandolo con astio. Era un idiota. Mi voltai per poi dirigermi verso la ragazza, adesso avrebbe capito chi comandava.
Le tirai la mia giacca addosso e le dissi: <<Mettila dietro la sedia e spostati, quello è il mio posto!>>. Così fece. Brava bambina, pensai.
Mi sistemai nel mio posto. Ero così stanco. Chiusi gli occhi e mi addormentai immediatamente.
Che strana sensazione, è così bella e rilassante. Non mi ero mai sentito così... così in pace e beato. Vorrei che non finisse mai. Aprii gli occhi. Era quella ragazza e mi stava accarezzando i capelli. Che strano, in genere non amavo essere toccato, ma il suo contatto mi piaceva, mi dava una sensazione di beatitudine. Ma a che cosa andavo a pensare, non potevo! Dovevo andare.
Mi alzai di colpo. Per lo spavento la ragazza quasi cadde dalla sedia. Presi la giacca e corsi via da lì. Da lei.
Cos'era successo?
Ero in preda alla disperazione. Volevo correre per scappare da lì, ma non potevo. Imprecai a bassa voce, presi le mie cose e tornai a casa. Non volevo parlare con nessuno, neanche con il dottor Clark.
Non so quanto tempo passò da quando mi ero buttato nel letto a fissare il soffitto. Non feci altro che pensare a lei, al suo profumo inebriante, al suo tocco delicato che mi accarezzava. Che mi stava succedendo?! Non mi era mai successa una cosa del genere. Ero sempre stato un tipo distaccato, mai avuto amici o relazioni, niente di niente. La cosa non mi era mai pesata e non avevo avuto mai il bisogno di averne, ma ora? Ero così confuso.
Infilai un paio di jeans neri e una felpa col cappuccio dello stesso colore. Sapevo chi mi avrebbe potuto aiutare.
<<Sam!>>. Quando il dottor Clark aprì la porta di casa sua, fu stupito nel vedermi lì. <<A che devo questa visita?>>, mi chiese dopo che fui entrato.
<<Ho un problema>>.
Mi guardò perplesso per qualche istante, poi disse: <<Va bene. Vieni, andiamo nel mio studio, così staremo più comodi>>. Mi condusse nel suo studio che era uguale a quello della scuola, solo più piccolo.
<<Cosa succede?>>, mi chiese dopo essersi accomodato.
<<Non lo so, ho solo una tale confusione in testa>>. Stavo per impazzire.
<<Comincia dal principio>>.
Dall'inizio? Quando l'ho incontrata al parco. <<Come sa sono di nuovo scappato... ecco, lì ho incontrato una ragazza, era un po' strana, ma il punto non è questo. Mi ha visto piangere>>.
<<Come ti sei sentito in quel momento?>>.
Cercai di ripensare a quel momento. <<Ero nel panico, così ho cercato di spaventarla facendole il gesto di sgozzarla, ma...>>. Mi bloccai.
<<Ma cosa?>>, mi esordì a continuare a parlare.
<<Lei non si è spaventata, anzi, era indignata e se n'è andata via furente>>. Non mi era mai successa una cosa del genere, infatti il fatto mi aveva un po' stranito.
<<Non te lo aspettavi, vero?>>.
<<Esatto. Poi oggi l'ho rivista, a scuola>>.
<<E questa volta come ti sei sentito?>>. Si fece più vicino con il busto facendosi sempre più curioso.
<<Le ho fatto capire chi comanda per intimidirla e poi le ho detto all'orecchio che sarei stato il suo peggior incubo. Sul momento si è spaventata, almeno così credevo...>>.
<<Che intendi dire, Sam?>>.
<<Me la sono ritrovata in classe, nel mio posto, tra l'altro. Spaventata si è alzata, ma poi...>>. Mi bloccai di nuovo. Ripensai a quel magnifico momento. Le sue morbide dita che danzavano tra i miei capelli e alla bellissima sensazione che mi aveva donato, mai provato niente del genere.
<<Ma poi?>>, mi chiese sempre più curioso.
<<Mi sono messo a dormire e dopo un po' mi sono accorto che mi stava accarezzando i capelli. Non era spaventata da me, anzi...>>.
<<Come ti sei sentito in quel momento?>>.
<<Non avevo mai provato niente di simile. Ho provato una bellissima sensazione di pace e beatitudine, non volevo che finisse mai quel momento>>.
<<È per questo che sei qui adesso, Sam?>>, mi chiese facendo centro.
<<Sì, non so che fare. Sto impazzendo! Che mi sta succedendo?>>.
Non mi rispose, se ne stette in silenzio per quella che mi sembrò un eternità.
Cosa aspettava a darmi una risposta!? Mi accontentavo anche di essere fuori di testa, tanto avevo poco da vivere.
<<Vedi Sam>>, finalmente parlò, <<devi essere tu a capire cos'è questa cosa>>. Cosa?!
<<Come faccio a capirlo?!>>, gli urlai.
<<A modo tuo>>.
<<A modo mio?>>. Non riuscivo a capirlo.
<<Stalle il più vicino possibile, ma a modo tuo>>.
<<Ho capito>>.
<<Fallo, e cerca di capire cos'è questa cosa che ti confonde, naturalmente io ti aiuterò>>.
<<Ok>>.
Dovevo capirlo a modo mio. Facile come bere un bicchiere d'acqua, in testa in giù però. Mi alzai e me ne andai senza salutare.
Mentre percorrevo il tragitto dalla casa del dottor Clark alla mia, pensai alle sue parole e a cosa dovevo fare con lei. Dovevo starle vicino, ma a modo mio. Il problema era che non ero mai stato vicino a nessuno, a eccezione della mia famiglia, da chi mi voleva realmente bene. E lei? Lei di certo non mi voleva bene, chissà cosa pensava di me, che ero un folle presuntuoso e pieno di sé? Probabilmente. Cosa dovevo fare? Magari poteva essere la mia tutor, ma dovevo capire a che livello era, sì, se era brava sarebbe diventata la mia tutor, così le sarei stato il più vicino possibile e avrei capito una volta per tutte cos'era questa cosa che mi attanagliava.
Mio padre era ritornato a casa dal lavoro ed era nel suo studio. Ottimo! pensai mentre mi dirigevo verso di lui.
<<Papà!>>. Dallo spaventa gli cadde la penna dalla mano con cui stava scrivendo su dei fogli.
<<C-cosa c'è?>>, ballettò.
<<Ci sono compiti per casa?>>.
Mi guardò incredulo. <<Certo, come sempre>>.
<<Bene, mi dai i miei compiti per casa?>>, gli chiesi allungando una mano per avere i compiti. Lui era il preside della scuola e aveva tutti i compiti, che erano da programma.
Mi guardò per qualche istante a bocca aperta, poi si mise a frugare tra i fogli in cerca dei miei compiti. <<Ecco>>, mi disse allungandomi un foglio che presi ben volentieri.
<<Io esco. Vado a studiare... all'aperto>>, inventai una scusa sperando che abboccasse.
<<Certo>>. Era basito.
<<Ciao>>, lo salutai e andai via.
Speravo tanto che tornasse qui, nel punto dov'era iniziato tutto. Lo speravo tanto.
Dopo quella che mi sembrò un'eternità, eccola lì, con i suoi soliti vestiti troppo larghi. Dovevo rimediare a quello scempio. Che andavo a pensare! Mi ricomposi e le feci segno di avvicinarsi a me, così fece.
<<Ciao>>, mi salutò con il timore nella voce.
<<Ti stavo aspettando>>, le dissi dopo aver tolto la sigaretta di cioccolata di bocca. Era stupita dalle mie parole. Bene, pensai. <<Da adesso sarò il tuo peggior incubo. Ricorda, dovrai subire in silenzio perché sono il capo della scuola. Tutti mi temono e mi riveriscono, compresi gli insegnanti>>. Era rimasta a bocca aperta.
Mi avvicinai a lei prendendola per il mento e fissai i miei occhi nei suoi, per poi dirle: <<Tu sarai solo mia e subirai ogni cosa che ti farò, ogni tortura o capriccio, intesi?>>, le sussurrai. Ero incantato dai suoi splendidi occhi grigi, ma non potevo distrarmi neanche un attimo, non dovevo essere debole di fronte a lei.
Notai che non era spaventata da me, ma incantata, non so il perché ma la cosa mi piaceva.
Mi staccai da lei per andare a prendere lo zaino che avevo lasciato per terra sotto all'albero. Quando mi voltai mi guardava con aria perplessa.
<<Voglio che fai i miei compiti, perciò andremo a casa tua>>, le spiegai. Continuava a guardami perplessa. Che seccatura.
Mi avvicinai a lei prendendola per mano, in quel momento sentii una scarica elettrica che ignorai. <<Andiamo?>>. Annuì ubbidiente.
Quella ragazza non aveva il benché minimo senso dell'orientamento, ci eravamo persi un infinità di volte. Però la trovavo buffa, dovevo proprio ammetterlo, ma di certo non glielo avrei detto.
La sua casa non era un granché, per certe persone sarebbe stata abbastanza grande, ma io vivevo in una mega villa. Nel soggiorno c'erano molti libri, ma a casa ne avevo molti di più. Quella casa era un po' triste però.
<<I tuoi non ci sono?>>, le chiesi dopo un po'.
<<No, mio padre vive con la sua oc... ehm voglio dire, con la sua nuova moglie. Io ora vivo con mia madre, ma lei tornerà stasera>>, mi spiegò.
Non mi piaceva l'idea che se ne stesse tutto il giorno a casa da sola, e se fosse entrato un ladro? Poteva accaderle qualsiasi cosa, e poi era indifesa. Cos'era questa strana sensazione? Mi era del tutto estranea.
<<Quindi stai sempre sola>>.
<<Esatto>>.
<<Non esci con le amiche?>>.
Alla mia domanda si mise a fissare un punto indistinto in imbarazzo.
<<Ecco... io... non ho amiche>>. Cosa?!
<<Neanche una?>>. Ero perplesso.
<<No>>, mi disse in un bisbiglio. Provavo un'altra strana sensazione in quel momento, che cos'era? Volevo stringerla a me e consolarla. Non mi era mai successa una cosa simile prima di allora, di norma non mi avrebbe toccato minimamente, ma con lei stranamente non era così. Come si poteva lasciare sola una ragazza come lei? La gente sapeva essere crudele.
<<Capisco...>>. Non potevo permettermi di essere sentimentale, non era da me. <<Allora, mi fai questi compiti o no?>>, le dissi con autorità, ma in realtà volevo distrarla da quel pensiero. Perché?
<<Sì>>, mi disse brontolando.
La osservi per tutto il tempo fare i miei compiti. Ogni tanto con l'indice si metteva a posto gli occhiali che le scivolavano. Era adorabile.
Non riuscivo a capire cosa mi stesse accadendo. Quella ragazza mi incantava. Lei era l'incantatrice e io il suo serpente.
Visto che ero stanco, decisi di andarmi a sdraiare sul suo letto. Mi sentii i suoi occhi addosso, quindi cercai di far finta di nulla. Quella ragazza mi innervosiva, non capivo il perché. Avevo la testa che mi scoppiava dalla confusione, chiusi gli occhi e cercai di rilassarmi.
Sentii qualcosa, o meglio, qualcuno sedersi accanto a me nel letto. Quanto tempo era passato? Di nuovo quella sensazione di beatitudine. Aprii gli occhi e la vidi che mi stava accarezzando un'altra volta i capelli. Quando si accorse che la stavo fissando sgranò gli occhi dallo stupore, ma non smise di toccarmi i capelli, stranamente le fui grato.
<<Come ti chiami?>>, le chiesi in un sussurro.
<<Eleonora>>, sussurrò a sua volta.
Che bel nome che aveva. Lei era bellissima. Non so come e nemmeno il perché, ma mi alzai e mi misi in ginocchio spingendola sul letto in modo tale che fosse messa sdraiata, poi mi misi cavalcioni su di lei. La tenni per i polsi, così non poteva scapparmi. Il suo sguardo da prima allarmato adesso mi sfidava. La cosa mi piaceva. Ogni cosa che lei faceva mi piaceva perché mi stupiva sempre. Non avevo mai incontrato nessuno come lei, di solito facevano quello che volevo o avevano paura di me, cadevano ai miei piedi, ma lei era diversa. Lei mi teneva testa quando voleva ed era irritante, adorabilmente irritante.
<<Non mi piace quando mi toccano>>. Non batté ciglio. <<Tu non devi farlo, intesi?>>. Non mi rispose ma si limitò a guardarmi. <<Hai capito?>>, le chiesi irritato.
Lei annui e disse: <<E se lo rifaccio, cosa mi farai?>>.
Non mi aspettavo quella risposta, non sapevo come ribattere, ci pensai per un po'. <<Potrei punirti>>. Adesso vediamo cosa farai mia cara.
Mi fece un sorrisetto. <<Tanto lo so che non mi farai niente. Abbai ma non mordi, dico bene?>>.
<<Tu dici?>>. Sgranò gli occhi allarmata.
Senza darle via di scampo iniziai a farle il solletico.
Aveva una bellissima risata, le sue labbra erano bellissime, desideravo tanto assaggiarle. Che andavo a pensare! Mi fermai di colpo. Lei smise di ridere e mi osservò. Che cosa stavo facendo? Io non ero così. Dovevo andarmene da lì. Da lei. Presi le mie cose e uscii da quella casa, dovevo andare da Clark.
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Tu Sei La Mia Vita
RomanceSam, un ragazzo transessuale alla quale restano pochi mesi di vita. Tutto questo non lo sa nessuno, solo il suo medico di fiducia e suo padre. Egli proviene da una famiglia molto ricca, fondatrice di una scuola prestigiosa e ambita da tutti. Un gio...