Sam VI

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Tornai a casa fischiettando, tutti lo notarono, compreso papà ma non m'importava, avevo solo lei in testa e il magnifico pomeriggio passato insieme. Chissà come l'avrebbe presa la mia sorpresa. Senza che se ne accorgesse, mentre si cambiava, le avevo rubato le chiavi di riserva di casa dall'ingresso, dove le tenevano appese alla parete. Avevo chiesto al mio autista di farne fare una copia e rimetterle al suo posto mentre non c'eravamo, fortuna che lei era un tipo distratto e non aveva notato nulla. Questa mattina mi ero incontrato con la personal shopper per procurarmi dei nuovi vestiti per Elle e che si addicevano a lei. Così, mentre era con me fuori, il mio autista aveva messo nel suo armadio i vestiti nuovi, togliendo quelli vecchi. Chissà se si sarebbe arrabbiata... probabilmente parecchio. Non vedevo l'ora!
Visto che domani c'era un altro compito, decisi di studiare, più che altro dare una rapida occhiata al libro di testo, ma dettagli. Mentre tenevo il libro in mano mi arrivò un messaggio. Era Elle. Adesso c'era da divertirsi.

Dove sono finiti i miei vestiti!?!
Finalmente se n'era accorta.

Non ne ho idea.
Le scrissi, ed era la verità, non sapevo dove il mio autista avesse messo i suoi vestiti.

Mi rispose in un attimo.
Non scherzare!
Sembrava allarmata, la cosa mi divertiva parecchio.

Le risposi con un: Non sto scherzando.

Ti uccido!

Ma che risposta era! Non si doveva comportare così con me.
Signorina sfrontata e maleducata, la prego di usare un linguaggio più consono con il sottoscritto e tuo padrone.

Non tardò ad arrivare una sua risposta.
Primo: uso il linguaggio che più mi piace. Secondo: tu non sei il mio padrone! Non sono mica un cane!
La sua affermazione mi face ridere di gusto.

Saresti un cane disubbidiente.

E tu un padrone prepotente.
Mi rispose a tono.
Questo gioco iniziava a piacermi.

Se fai la cattiva cagnetta non ti porto a fare la passeggiata.

Poi pulisci tu i bisogni che ti lascerò in giro per casa.
La sua risposta mi fece piangere dalle risate. In vita mia non avevo mai riso così tanto.

Se fai la cattiva cagnetta ti metto il guinzaglio e ti lego a un albero.

E io ti mordo.
Il suo sarcasmo era davvero unico e poi mi piaceva quando mi sfidava e non si sottometteva a me, era questo quello che più mi piaceva in lei. Lei mi affascinava.

Non ti piacciono i tuoi nuovi vestiti?
Le chiesi tornando serio.

Sono bellissimi. Mi rispose. Ma avrei preferito che me lo dicessi.
Forse avevo un po' esagerato.

La prossima volta te lo dirò allora.

No, non voglio che spenda i tuoi soldi per me.

Perché no? Ho tanti soldi, anche troppi, e se voglio comprarti dei vestiti lo faccio.

Non funziona così.
Cosa intendeva, non capivo.

Non posso farti dei regali?

Sì, ma così è troppo...

Non riuscivo a capire, con lei era sempre così. Decisi di andarla a trovare e chiarire la cosa.
Quando giunsi sotto la sua finestra la luce era accesa, così mi arrampicai sul tubo di scolo, stava diventando un'abitudine questa. Arrivato in cima vidi la sua stanza a soqquadro. Che accidenti aveva combinato!? Bussai alla finestra e appena mi vide assunse un'aria accigliata venendo ad aprirmi.
<<È passato un tornado di nome Elle in questa stanza?>>, chiesi dopo essere entrato e con il fiatone. Stavo decisamente peggiorando.
<<Spiritoso. Piuttosto, che ci fai qui?>>. Ce l'aveva ancora con me, era la mia costante disperazione questa ragazza.
<<Sono venuto per capire come funziona la faccenda dei regali>>, le spiegai.
Sbuffò per poi gettarsi di peso sul letto e i vestiti sparsi, così li avrebbe sgualciti ma mi trattenni dal riprenderla, volevo assolutamente sapere come funzionava questa faccenda.
<<Il troppo stroppia>>, mi rispose. Cosa? Che risposta era!
<<Vuoi che ti metta il guinzaglio?>>.
Si alzò leggermente dal letto per guardarmi scioccata.
Sì, mia cara, hai sentito bene. Adesso vedremo se mi rispondeva a dovere.
Si riprese dallo shock riprendendo lucidità e mettendosi a sedere, sempre sui vestiti. <<Vedi... va bene un regalo ogni tanto, ma tu esageri>>, indicò con un gesto delle mani i vestiti sparsi per la stanza.
Esasperato mi andai a sedere sul letto, prima però spostai un vestito di lato. <<Ho abbastanza soldi da comprarti tutti i vestiti che voglio...>>. Mi guardò con attenzione e occhi attenti, aspettando la fine del mio discorso. <<Elle, ti ho comprato i vestiti, le lenti e perfino la divisa scolastica solo perché voglio che tu non ti nasconda>>. Voglio vederti.
Si mise a guardare il pavimento e iniziò a mordersi il labbro. Quando lo faceva mi distraeva parecchio.  <<Ti stai mordendo il labbro>>, le feci notare ma lei continuò quella tortura. Sospirai. <<Cosa c'è che non va? Sai che devo essere partecipe dei tuoi pensieri>>.
<<Non puoi pretendere di cambiarmi da un giorno all'altro>>. Finalmente si decise a parlare e a guardarmi e i suoi occhi grigi che tanto adoravo erano tristi e lucidi.
Le presi la mano sinistra baciandole il dorso. Era così morbido. Fissando i miei occhi nei suoi, le dissi: <<Io ti aiuterò. Ti aiuterò a superare i tuoi timori e a conquistare la fiducia in te stessa che ti spetta>>. Volevo che lei fosse felice ed era una cosa nuova per me, non sapevo cosa mi stesse succedendo ma non m'importava, stavo bene così. <<Facciamo una cosa. Perché non provi a mettere uno di questi bei vestiti e vedere come ti sta?>>.
Si guardò intorno soppesando alla domanda da me posta. <<Ci posso provare, ma non credo che mi stiano bene>>.
<<Sciocchezze>>, esclamai afferrando il primo bel vestito che adocchiai e gettandoglielo in faccia. <<Provalo>>. Uscii dalla stanza aspettando che si cambiasse. Dovevo dire che ero nervoso. Magari era il caso di prendere la mia medicina, non si sapeva mai, non volevo spaventarla con uno dei miei attacchi e poi lei non doveva sapere niente, non volevo farle pena.
I minuti passarono e lei non si decideva a chiamarmi, così decisi di entrare, vestita o no. Quando entrai era lì, seduta sul suo letto con addosso uno dei miei vestiti e le stava... un incanto. Era davvero bella la mia Elle, la volevo tutta per me. Forse non ero tanto certo di farla uscire vestita così bene, gli altri la potevano guardare. Cos'era questo sentimento che sentivo dentro? Che fosse gelosia? Scacciai via quei sciocchi pensieri e andai da lei. <<E allora? Perché non mi hai chiamato?>>.
Mi guardò con i suoi occhietti da cucciolo. Da dove mi venivano certi pensieri? <<Mi vergognavo>>, piagnucolò.
Esasperato la trascinai nell'unico specchio che aveva in casa. Sì, ero andato in giro a curiosare. Entrai in uno dei bagni, dove c'era un grande specchio e la piazzai lì di fronte. Non osava aprire gli occhi per vedere la sua figura riflessa, ma io volevo che vedesse. Che vedesse quanto in realtà fosse splendida e non solo ai miei occhi, lei era davvero bella e doveva capirlo. <<Guardati>>, le sussurra a un orecchio dopo che mi fui posizionato dietro di lei. <<Apri gli occhi e guarda quanto sei bella con questo vestito, ti sta davvero bene>>.
Il mio incoraggiamento funzionò e aprì gli occhi. Si osservò con attenzione per qualche istante. <<Vedi, sei bellissima>>.
<<Tu mi trovi... bellissima?>>. L'ultima parola la sussurrò, era incredula a ciò che le avevo appena detto. Quando imparerà a fidarsi di me?
Risi. <<Certamente, signorina>>. Finalmente le spuntò un sorriso e il mio cuore fece una capriola che mi diede fastidio e mi causò un colpo di tosse. Odiavo quando mi succedeva.
<<Ti senti bene?>>, mi chiese Elle voltandosi verso di me preoccupata.
<<Benissimo>>. Non volevo che si preoccupasse per me, non volevo la compassione di nessuno.
Continuò a guardarmi con quell'aria preoccupata, che mi diede un gran fastidio. <<Torniamo in camera tua, devi provare gli altri vestiti>>.
<<Ok...>>. Il suo tono di voce era preoccupato e la cosa non andava bene, non per me almeno. <<Ti vuoi sdraiare un po' sul letto e dormire?>>, mi chiese quando entrammo in camera sua.
Eh no! Non mi piaceva essere trattato così! <<Sto benissimo, non ho bisogno della tua compassione!>>, urlai, anche se non dovevo e questo mi provocò un altro colpo di tosse.
Lei per tutta risposta mi diede uno schiaffo. Non me l'aspettavo. Nessuno aveva mai osato alzare un dito su di me, io che ero abituato a fare quello che volevo. Mi portai una mano sulla guancia appena colpita, era leggermente calda.
<<Sei uno stupido!>>, mi urlò con le lacrime agli occhi, <<Io mi sono solamente preoccupata per te e tu mi tratti così!>>. Si accasciò in ginocchio sul pavimento portandosi le mani al viso e abbandonarsi in un pianto incontrollato. Cosa avevo fatto? Avevo rovinato una bellissima giornata. Aveva ragione, ero uno stupido. Mi inginocchiai di fronte a lei togliendole le mani dal viso. La guardai per qualche istante con attenzione, le lacrime continuavano a scendere rigandole il viso, così decisi di fare una cosa che non mi sarei mai immaginato in vita mia, ma lo feci. Le presi il viso tra le mani e le asciugai le lacrime con i miei baci, provocando in me sensazioni nuove e inaspettate. <<Se piangi asciugherò le tue lacrime con i miei baci>>, le sussurrai. In quel momento avevo voglio di baciarla, eravamo così vicini e lei era bellissima con quel vestito. Mi avvicinai per baciarla ma lei poggiò con delicatezza le dita sulle mie labbra, negandomi quel bacio tanto desiderato. Mi voltai dall'altro lato. Ero infastidito da quel gesto ma lei mi aveva già detto come la pensava al riguardo, però desideravo tanto assaporare il suo dolce sapere. <<Come vuoi...>>, le dissi mentre mi alzavo dal pavimento, forse troppo in fretta... ebbi un lieve capogiro. Oggi non era la mia giornata.
<<Sam!>>. La sentii chiamare il mio nome con voce preoccupata. Che strano, era la prima volta che mi chiamava per nome, o che mi chiamava.
<<Sto bene>>. I suoi occhi grigi esprimevano preoccupazione, non erano come quelli di mio padre o della dottoressa Grace, i suoi erano diversi, c'era qualcos'altro, qualcosa in più che non riuscivo a scorgere. <<Forse è meglio se vado a casa>>, biascicai. Ieri notte non avevo dormito affatto, avevo avuto la mente piena di pensieri per farlo.
<<Va bene, ti accompagno>>. Cosa! No, se mio padre l'avesse vista mi avrebbe fatto delle domande e poi lo avrebbe detto alla dottoressa Grace, e poi chi la tratteneva più.
<<No, c'è il mio autista fuori che mi aspetta>>. Era praticamente la mia ombra. Papà e la dottoressa Grace avevano insistito affinché andassi in giro con lui, per non stancarmi o in caso di emergenza e quando non ero con lui sapevano che ero scappato.
<<Va bene>>. Sembrava davvero preoccupata.
Mi avvicinai a lei per posarle un tenero bacio sulla fronte. <<A domani, ti vengo a prendere come al solito>>. Mi avviai verso la finestra, prima di arrampicarmi mi voltai un ultima volta verso di lei. <<Non ti preoccupare per il compito di domani, oggi ho studiato>>. Le feci l'occhiolino e uscii dalla finestra. Avrei giurato di aver visto in lei un'espressione sconvolta, probabilmente era perché avevo studiato da solo.

Ieri sera quando tornai a casa era dovuta venire la dottoressa Grace, non stavo molto bene, ero piuttosto affatico e per questo si era alterata con me, dicendomi che ero un irresponsabile e che mi aveva raccomandato un infinità di volte di non esagerare e non affaticarmi ma non l'ascoltai, come al solito d'altronde. Lei non sapeva niente del periodo che stavo passando, delle nuove sensazioni che stavo provando e cercando di capire, perciò poteva arrabbiarsi quanto voleva, a me importava di una sola cosa, di lei, della mia Elle. Oggi volevo uscire di nuovo con lei, doveva abituarsi al suo nuovo look, ma soprattutto, ad avere fiducia in sé stessa. Volevo portarla in un bel ristorante vegetariano, ieri avevo fatto una prenotazione e avevo ordinato i piatti che avevo più gradito l'ultima volta che c'ero stato con papà. Sicuramente la dottoressa Grace ne sarebbe stata contenta se avesse saputo del ristorante.
Stamattina Elle era in ritardo, non era da lei. Preoccupato le mandai un messaggio chiedendole dov'era finita, forse era con sua madre. Dopo qualche minuto mi scrisse che stava arrivando. Perché oggi era in ritardo, che le fosse successo qualcosa? L'ansia mi stava assalendo e non mi era consentito nelle mie condizioni.
Finalmente arrivò. Quando la vidi mi preoccupò. Aveva delle occhiaie marcate e le sue trecce erano state fatte di fretta e avevano delle ciocche ribelli che avevano cercato di fuggire, i vestiti non erano da meno, anche loro erano in disordine. <<Cosa ti è successo?>>, esclamai.
Mi guardò storto. <<Per colpa tua, ieri non ho ripassato per il compito di oggi, me n'ero completamente dimenticata, grazie a te. Di conseguenza, ho dovuto ripassare fino a tarda sera>>.
Alzai un sopracciglio incredulo. Ne aveva fatta una tragedia solo per un ripasso, questa ragazza era una vera secchiona e la cosa mi piaceva. <<Dai andiamo, ti porto in un posto>>. Mi guardò strano. E adesso che aveva? <<Cosa c'è?>>, le chiesi.
<<Cosa c'è!? Dobbiamo andare a scuola e tu mi vuoi portare in un posto!>>.
Alzai gli occhi al cielo. <<Rilassati, non ti dicono niente se salti un'ora, non contano le ore in questa scuola, valgono solo i voti>>.
<<Come, scusa?>>. Probabilmente non mi credeva, si vedeva dalla sua faccia.
<<In questa scuola si pensa che faccia bene saltare una lezione di tanto in tanto, diminuisce lo stress>>.
La sua faccia non era tanto convinta, così esasperato la trascinai in auto.
<<Sei sicuro di questa cosa?>>, mi chiese continuando a non credermi.
<<Sì, certo>>. Mi rivolsi al mio autista: <<Andiamo da Lucrezia>>. Mise in moto e partimmo.
<<Chi è Lucrezia?>>, mi chiese sospettosa. Era impossibile questa ragazza.
<<Quando arriveremo lo vedrai>>.
<<Cosa vuol dire!>>.
<<Occhio per occhio>>. Mi divertivo troppo con lei.
<<Vuoi assaggiare la mia ciabatta per caso?>>.
La guardai alzando un sopracciglio divertito da lei. <<Anche entrambe ma sfortunatamente le tue belle ciabatte le hai lasciate a casa>>.
Incrociò le braccia al petto imbronciata, sembrava una bambina piccola, era adorabile.
Quando fummo arrivati da Lucrezia, capì che era il nome del salone di bellezza e come suo solito, restò a bocca aperta e poi mi guardò in cagnesco. Probabilmente avrei assaggiato veramente le sue ciabatte. La invitai a entrare nel salone e stranamente era calma, anche troppo, mi ricordava la dottoressa Grace quando si arrabbiava sul serio. Dal sereno esplodeva la tempesta, ecco com'era lei. <<Aspettami qui>>, le ordini mentre mi recavo dalla proprietaria.
Come al solito era impeccabile, col suo tailleur costoso, i suoi capelli perfetti e i litri di profumo, anch'esso costoso.
<<Posso esserle utile signor, Edwards?>>.
Dovevo ricordarmi di essere cordiale. <<Sì, la mia amica ha bisogno d'aiuto. Ha studiato tutta la notte e oggi è un disastro, la può aiutare?>>. Sperai che fosse il metodo giusto o almeno quello che piaceva a Elle.
<<Certamente signore, la faccia accomodare>>.
Mi voltai per far cenno a Elle di venire. Con titubanza e sguardo attento si avvicinò a noi. <<Lei è la proprietaria del salone, si occuperà di te>>. Mi guardò sconvolta, probabilmente ne aveva abbastanza delle mie sorprese. <<Non puoi presentarti così a scuola, farai morire di spavento qualcuno>>, la punzecchiai.
Prima mi fulminò con lo sguardo, poi sbuffo arrendendosi al mio volere. <<Va bene>>.
Bene! Mi rivolsi alla proprietaria. <<Voglio un trucco naturale, non deve sembrare truccata e magari anche un trattamento di bellezza. Poi, dovrebbe dare una sistemata ai suoi capelli, niente stravolgimenti, mi piacciono lunghi>>.
<<Come desidera, signore>>. Portò via con sé una Elle poco convinta ma collaborativa nell'altra stanza, io restai nella sala d'attesa.
L'attesa era lunga e noiosa e purtroppo non avevo con me un buon libro, c'erano solo delle stupide riviste da donna. Non capivo perché le ragazze ci mettessero tanto a farsi belle. Insomma, era inutile, una lavata, una pettinata e infine un tocco di profumo ed eri perfetto, almeno io così facevo. Ragazze, valle a capire.
Dopo essermi addormentato per la noia mi sentii chiamare. Chi poteva mai essere che mi disturbava? Aprii gli occhi ed era la proprietaria del salone. <<Cosa c'è?>>, biascicai mezzo assonnato.
<<Abbiamo finito>>, mi annunciò. Alla buon ora!
Fu in quel momento che la vidi. Le trecce erano sparite, al loro posto c'erano lunghi capelli ondulati e appena tagliati. Le occhiaie erano spariti e in compenso risaltavano dei splendidi occhi grigi che mi fissavano imbarazzati. Non credevo che potesse diventare più bella di quanto non lo fosse già, ma mi sbagliavo di grosso.
Mi alzai dalla sedia schiarendomi la voce. <<Bene, se avete finito possiamo andare>>. Girai i tacchi per uscire da quel posto e tornare in auto. Quando mi vide il mio autista uscì dall'auto per venirmi ad aprire lo sportello, quando mi accomodai poco dopo mi raggiunse Elle e partimmo verso scuola. Ero nervoso, molto nervoso e stavo a debita distanza da lei non sapendo il perché. Non mi era mai successa una cosa del genere ma con lei era sempre un continuo di novità.
Per tutto il giorno rimasi rigido come un bastone, non osavo guardarla per tradirmi, di cosa poi non lo sapevo. Vederla così mi scatenava delle forti emozioni, di che tipo non n'ero certo.
Perché con lei doveva essere così?!
Era davvero frustrante questa situazione.
Dopo scuola decisi di riaccompagnarla a casa, così si sarebbe potuta cambiare, per poi portarla nel ristorante vegetariano per pranzo, chissà se avrebbe gradito.
<<Mi dici cos'hai?>>, mi chiese quando fummo arrivati di fronte casa sua.
<<Niente>>, mentii.
Mi guardò accigliata per poi aprire la porta di casa e sbatterla dietro di sé, lasciandomi chiuso fuori. Fortuna che avevo le copie delle chiavi di casa sua con me. Aprii la porta dirigendomi in camera sua.
Era sdraiata sul letto e aveva gli occhi chiusi, i capelli le incorniciavano il viso in modo disordinato ma così perfetto, era bellissima. Mi avvicinai a lei, salendo nel suo letto con delicatezza, non fece nessuna piega, che stesse dormendo? Mi avvicinai ancora di più a lei osservando le sue soffici labbra. Avevo tanta voglia di baciarla ma lei non me lo permetteva. Era l'unica persona che mi negava qualcosa che non facesse male al mio cuore e questo era davvero frustrante.
<<Non ci provare>>, mi disse tenendo gli occhi ancora chiusi.
<<Provare cosa?>>, le chiesi facendo il finto tonto.
Aprì un occhio per guardarmi. <<A baciarmi>>.
<<Beccato>>. Mi allontanai da lei alzando le mani in segno di resa.
Si mise seduta sul letto sbuffando per poi guardarmi accigliata. <<Mi spieghi come hai fatto a entrare in casa?>>. Infila una mano in tasca estraendo la chiave e mostragliela, in risposta me la tolse di mano, tanto avevo altre copie. <<Come hai fatto ad avere la chiave di casa mia?>>, esclamò.
<<Essere me ha i suoi vantaggi>>, le feci l'occhiolino.
<<Dovrei denunciarti>>. Anche se cercava di fare la voce minacciosa con lei non funzionava, era troppo carina per sembrare un benché minimo minacciosa o spaventosa.
<<Denunciarmi per cosa? Per essere entrato in casa usando le chiavi?>>, ridacchiai.
Si imbronciò portandosi le braccia al petto e incrociandole. Com'era buffa.
<<Dai, cambiati, ti porto a pranzo fuori>>.
<<Io con te non vado da nessuna parte>>, mi disse imbronciata.
<<Che tu lo voglia o no, ti ci porterò lo stesso, anche con la forza se necessario>>.
<<Non dirai sul serio, vero?>>. Mi guardò con aria preoccupata, almeno non era più imbronciata.
<<Faccio sempre sul serio>>. Inghiottì più volte un groppo di saliva a vuoto.
<<Vado a casa per cambiarmi, tornerò fra mezz'ora>>. Mi voltai per uscire dalla sua stanza e da casa sua dalla porta e no dalla finestra, ma prima mi voltai per dirle: <<Metti un bel vestito, ti porto in un bel ristorante elegante>>. Le feci l'occhiolino per poi uscire dalla sua stanza.

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