Sam VII

135 1 6
                                    

Preparai un borsone con dei cambi, visto che domani era domenica volevo passare la giornata con Elle. Chissà se mi avrebbe permesso di dormire con lei stanotte, lo avrei scoperto ben presto.
Mandai un messaggio al mio autista.
Devo uscire.

Il mio autista mi aspettava fuori dall'Audi. Era arrivata oggi, era uno dei tanti regali che mi aveva fatto mio padre, mi conosceva bene. Diedi il borsone al mio autista che ripose nel portabagagli, nel frattempo salii in auto. <<Devo comprare un hamburger>>, gli dissi quando mise in moto l'auto.
<<Signore, sa che non può mangiarlo>>.
<<Non è per me>>.
<<Capisco>>.
<<Devi coprirmi con mio padre, non passerò la notte a casa e starò via tutto il giorno, mi servono anche le chiavi dell'auto>>.
<<Ma signore...>>, cercò d'obiettare.
<<Niente ma, così ho deciso e così dovrà essere>>.
<<Sì, signore>>. Bene, con lui avevo sistemato la faccenda.
Quando arrivammo al fast food insistetti per andare io a comprare l'hamburger per Elle. Era la prima volta che entravo in un posto del genere, anche se erano le undici era abbastanza pieno. Come mi aveva spiegato Elle, dovevo rispettare la fila, così mi misi in fila ad aspettare il mio turno, che seccatura.
Dopo un po' mi sentii tirare per la felpa da dietro. Che altra seccatura, e adesso chi era? Mi girai ed erano tre ragazze. Probabilmente volevano passare avanti. <<Non vi farò passare avanti, sia bene chiaro>>, il mio tono di voce era seccato.
<<Non vogliamo passare avanti>>, mi disse una delle tre.
<<E allora cosa volete da me, non ho tempo da perdere>>. Stavo iniziando a irritarmi.
<<La mia amica voleva chiederti il numero di telefono>>, disse l'altra ragazza indicando quella che stava al centro del gruppo.
<<Per quale motivo dovrei darti il mio numero di telefono?>>, mi rivolsi alla ragazza al centro accigliandomi.
<<Ecco... io... io volevo conoscerti>>, mi spiegò timidamente.
<<In realtà la mia amica vorrebbe anche uscire con te>>, s'intromise la ragazza di prima. Che seccatura. Alzai gli occhi al cielo per la frustrazione. Erano come le ragazze che avevo incontrato in gelateria, facevano tutte così quando mi vedevano. <<Dunque ti interesso>>, mi abbassai alla sua altezza visto che era una spanna più bassa di me, lei e le sue amiche, <<mi dispiace deluderti ma non sono quello che sembro>>.
<<Cioè?>>, mi chiese timidamente.
<<Anche se non sembra, biologicamente il mio corpo è quello di una ragazza>>. Assunsero tutte e tre una faccia tra lo shock e lo stupore, la stessa che avevano avuto le ragazze in gelateria. <<Adesso, toglietevi dai piedi, mi state disturbando>>. Mi voltai dando loro le spalle.
Finalmente dopo un eternità arrivò il mio turno. <<Salve, desidera?>>, mi chiese il commesso con un evidente finto sorriso. Che aveva da sorridere?
<<Un hamburger>>.
<<Come lo desidera?>>.
Ci pensai un po' su. <<Con del bacon>>. Visto che aveva detto che era una carnivora le sarebbe piaciuto di certo.
<<Bene, con patatine e bibita?>>.
<<Ehm, sì>>.
<<Salse?>>.
<<Sì>>.
<<Da mangiare qui o da portar via?>>. Quante domande.
<<Da portar via>>.
<<Accettate carte di credito?>>, chiesi.
<<Sì, certo>>, mi sorrise. Un altro sorriso e ti tiro un pugno sui denti.
Presi la mia carta di credito e gliela consegnai. Prese la mia carta e si mise ad armeggiare con la cassa per poi consegnarmi lo scontrino che neanche guardai. Dopo qualche minuto mi consegnò finalmente il mio ordine. Finalmente potevo andarmene via da quel posto.
Quando entrai in auto dissi al mio autista: <<Ricordami di non andare più in un fast food>>.
<<Sì, signore>>.

Quando arrivammo a casa di Elle, chiesi al mio autista di parcheggiare l'auto un po' lontano, così da non notarsi nei paraggi. Presi il mio borsone e il sacchetto del fast food con me e andai sotto la finestra di Elle. Prima di salire le mandai un messaggio dicendole che stavo salendo da lei, non volevo che urlasse come l'altro giorno e ci facesse scoprire da sua madre, non volevo essere lanciato dalla finestra. Mi arrampicai con fatica sul tubo di scolo per via del carico che avevo con me. Lei era lì, di fronte alla finestra ad aspettarmi con un sorriso stampato in faccia. Quando entrai le mostrai il sacchetto e sorrise ancora di più. Mi mozzava il respiro ogni volta che mi sorrideva. Le diedi il sacchetto e si andò ad accomodare alla scrivania, così mi andai a sedere accanto a lei sulla sedia che aveva preso per me e mi misi a osservarla. Aveva addosso uno dei suoi soliti pigiami morbidosi e caldi, le stavano bene, avevo fatto bene a lasciarglieli. Aveva indossato di nuovo gli occhiali e aveva i capelli raccolti in una coda disordinata, stava bene. Era davvero carina.
<<Come fai a sapere che mi piace il bacon?>>, esclamò destandomi dai miei pensieri.
<<Visto che mi hai detto che sei una carnivora ho dedotto che ti piacesse>>, le spiegai semplicemente.
Mi guardò per un attimo stupita ma non disse niente e addentò il suo panino.
<<È buono?>>. Annuì con il capo.
<<Ne vuoi un po'?>>, mi chiese.
<<No, grazie, lei mi ucciderebbe>>, dissi sovrappensiero.
<<Chi?>>.
Risi al pensiero della dottoressa Grace che si arrabbiava con me. <<Il mio medico>>.
<<Ah...>>. Era pensierosa.
<<A cosa stai pensando?>>.
<<Se potevi mangiare almeno una patatina>>.
Risi della sua risposta. Presi una manciata di patatine che mangiai in un boccone. Meglio non dirlo alla dottoressa Grace questo. Prese anche lei delle patatine che mangiò con gusto e poi mi sorrise. Sentivo che le cose tra noi stavano cambiando, lei si fidava di me e io... forse sentivo qualcosa per lei, ma il punto era cosa.
Mi alzai dalla sedia dirigendomi verso la sua libreria. Era piuttosto vasta ma non era nulla di che al confronto con la mia. Notai che le piacevano le storie d'amore, questo spiegava un po' di cose. <<Sei un inguardabile romanticona, dico bene?>>.
<<Più o meno>>.
<<Cioè?>>.
<<Mi piace l'amore che viene descritto nei libri, nel mondo reale non esiste>>.
Mi voltai verso di lei per guardarla con attenzione. <<Cosa intendi dire con: non esiste>>.
<<Di questi tempi si mettono tutti insieme per non stare soli, non c'è romanticismo, quell'amore che ti toglie il respiro non c'è>>.
<<Elle che giudica gli altri, chi l'avrebbe mai detto>>, risi di lei.
<<Non sto giudicando, è quello che vedo>>.
<<Non pensi che ci sia qualcuna che la pensi come te riguardo all'amore?>>.
<<Sì, ma oramai siamo poche e quello giusto è più unico che raro>>.
<<Non potrebbe essere anche una lei?>>.
Mi guardò accigliata. Forse avevo parlato troppo. <<Non ci avevo mai pensato>>.
<<A cosa?>>.
<<All'idea che potrebbe essere una lei>>, mi rispose.
<<Non capisco, ti piacciono le ragazze?>>. Ero confuso.
<<In realtà non ho mai pensato a cosa mi piaccia>>.
Mi andai a sedere sulla sedia accanto a lei e la osservai per qualche istante prima di parlare: <<Perché non ci hai mai pensato?>>.
<<Perché non mi è mai piaciuto nessuno>>, mi rispose mentre mangiava delle patatine. Aveva già finito il panino, era proprio affamata. <<E poi nessuno si è mai interessato a me>>, sussurrò rattristandosi.
<<Ci mancherebbe>>. Mi guardò confusa. <<Tu sei solo mia>>, ribadii. Era rimasta a bocca aperta ma poi si riprese alzandosi dalla sedia. <<Vado a lavarmi le mani>>, detto questo uscì dalla stanza lasciandomi solo.
Notai che aveva finito anche le patatine. Presi la bibita che era poggiata sul tavolo, ce n’era ancora un po', ne presi un sorso e constatai che era frizzante e dolce.
<<Cosa fai?>>. Quasi mi strozzai dallo spavento.
<<Elle! Mi hai fatto prendere un colpo. Vuoi uccidermi per caso?>>.
<<Quello che vuole uccidere qualcuno qui sei tu>>, mi disse per poi mordersi il labbro, probabilmente non voleva dirlo ad alta voce.
<<Io non ti voglio uccidere>>.
<<Neanch'io>>. Si sedette accanto a me togliendomi il bicchiere di mano e bevendo un sorso. Si poteva considerare come un bacio questo?
<<Dimmi una cosa>>, mi destò dai miei strani pensieri.
<<Sì?>>.
<<A te cosa piace?>>.
Mi accigliai non capendo.
<<Come?>>.
Alzò gli occhi al cielo. <<Maschi o femmine>>.
Oh. <<Be', una volta ho fatto un esperimento>>.
<<Esperimento?>>.
<<Sì, per noia. Ho sempre saputo che non m'interessava nessuno, però volevo capire il mio orientamento, almeno se lo avessi o meno>>.
<<Ha funzionato l'esperimento?>>.
<<Più o meno>>.
<<Cioè?>>.
Risi. <<I maschi non mi attirano proprio>>.
<<E le ragazze?>>, mi chiese curiosa.
<<Ho notato che non mi dispiacevano, ma non mi suscitavano nessun interesse>>.
<<Ah...>>. Si accigliò pensierosa.
<<Fai spesso qualcosa per noia?>>.
<<Intendi gli esperimenti e leggere libri che nessun adolescente leggerebbe mai?>>.
<<Sì>>.
<<Sì, sono un tipo che si annoia abbastanza facilmente>>, confessai.
<<Quindi io sono qualcosa che stai facendo per noia?>>. Dunque era questo il punto. Se stessi con lei per noia? No, lei non era motivo di noia. Lei era qualcosa di nuovo per me.
<<No, tu non sei nessun esperimento, puoi stare tranquilla>>. Si rilassò visibilmente. Mi avvicinai pericolosamente a lei. <<Dimmi, io ti attraggo?>>. Stava trattenendo il respiro, che fosse la mia vicinanza a provocarle questa reazione? <<Respira>>. Le accarezzai la guancia con delicatezza come se fosse fatta di cristallo. <<Dimmi cosa ti tormenta>>.
<<Tu mi mandi in confusione, ogni volta e non so che fare>>.
Mi spuntò un mezzo sorriso. <<Allora ci mandiamo in confusione a vicenda>>. Sospirai, con lei oramai lo facevo spesso. <<Non hai ancora risposto alla mia domanda, ti attraggo?>>.
<<Ha importanza?>>. Se avesse importanza? Volevo che fosse mia in tutto. Doveva guardare solo me, pensare solo a me e magari essere attratta da me ma non come facevano quelle stupide ragazze che mi sbavavano dietro per il mio bel faccino, no, lei doveva essere attratta da me come in uno di quei romanzi che avevo letto.
<<Sì>>.
<<Sam...>>.
<<Cosa...?>>.
<<Tu non vorrai mai ciò che voglio io>>.
<<Intendi una storia d'amore con tanto di romanticismo?>>.
<<Sì>>. Potevo darle questo? Forse, se non stessi per morire almeno, ma stavo morendo, e lei questo non lo sapeva.
Mi alzai dalla sedia per la frustrazione andando a prendere il mio borsone. <<Vado in bagno a cambiarmi>>.
<<Cosa?>>, chiese confusa.
<<Dormo qui>>.
<<Cosa?>>, disse un po' troppo ad alta voce.
<<Shh, vuoi che tua madre ci becchi?>>, bisbigliai.
<<Tranquillo, tanto ha il sonno pesante>>.
<<Ok. Dimmi una cosa, la mattina viene in camera tua?>>.
<<No, visto che ho il sonno leggere non viene a disturbarmi, e quando va al lavoro mi lascia la colazione con un post-it>>, mi spiegò.
<<Comunque domani è domenica>>.
<<Lei lavora anche la domenica, non sempre però>>.
<<Che lavoro fa?>>.
<<È un medico>>.
<<Adesso capisco perché stai spesso sola>>.
<<Già...>>.
<<Vado a cambiarmi>>. Uscii dalla stanza avviandomi verso il bagno e chiudendo la porta a chiave. Tolsi la felpa per rivelare ciò che nascondevo, una cicatrice al centro del mio petto e la mia inseparabile canotta contenitiva che nascondeva la mia vera natura, per stanotte non l'avrei tolta anche se mi avrebbe dato fastidio. Mi diedi una rapida rinfrescata e indossai una t-shirt nera e un paio di pantaloni della tuta, ero apposto per dormire. Prima di uscire dal bagno però presi la mia medicina.
Rientrato nella sua stanza la trovai ad aspettarmi seduta nel suo letto.
<<Ti sono mancato?>>, le chiesi ironicamente.
<<Neanche un po'>>. Si alzò dal letto impettita per poi superarmi e uscire dalla stanza. Era strana, che fosse in quel periodo del mese? Frustrato mi andai a buttare sul letto per poi infilarmi sotto le coperte. Oramai l'inverno era alle porte e iniziava a fare freddo. Non mi era mai piaciuto l'inverno, neanche l'estate se è per questo, nelle mie condizioni non sopportavo il caldo, però mi piaceva la primavera, era l'ideale per i picnic. Con mamma facevamo sempre un picnic, erano giorni felici quelli, eravamo solo noi tre e nessun problema, solo felicita, felicità che non durò allungo però.
Sentii Elle rientrare e chiudersi la porta alle spalle per poi infilarsi sotto le coperte dietro di me.
Mi voltai per guardarla. Aveva sciolto i capelli e tolto gli occhiali per dormire. <<Sei in quel periodo del mese per caso?>>.
<<Ma che domanda è?!>>. Era imbarazzata.
<<Visto il tuo balzo d'umore>>.
Sospirò. <<Non è che poi ti arrabbi?>>.
<<Mai>>.
<<Mi ha dato fastidio il fatto che ti sia auto invitato, non puoi fare sempre come ti pare>>. Era lei quella arrabbiata mi sa.
<<Posso dormire con te?>>.
<<No>>, esclamò per poi voltarsi dalla parte e darmi le spalle.
L'afferrai da dietro attirandola a me. Sentivo il suo calore scaldarmi e il suo respiro che diventava sempre più rapido. Affondai il viso nell'incavo del suo collo, come sempre aveva un dolce profumo. Le diedi un leggero bacio sul collo e la sentii rabbrividire.
<<Hai freddo?>>, le sussurrai sul collo.
<<No>>, sussurrò a sua volta. Che fosse colpa mia? Le diedi un altro bacio sul collo, questa volta trattene il respiro. Le diedi ancora un altro bacio e questa volta le scappò un gemito.
<<Allora non ti sono così indifferente>>, le sussurrai all'orecchio, lei come risposta mi diede una gomitata.
<<Dormi>>.
<<Ai suoi ordini, principessa>>. Non mi mossi restando abbracciato a lei.
Si voltò liberandosi dal mio abbraccio per raggomitolarsi tra le mie braccia e poggiare il capo sul mio petto. Questa volta fui io a trattenere il respiro.
<<È la prima volta che dormo con qualcuno>>, le confessai. Cosa mi stai facendo?
<<Lo stesso vale per me>>.
<<Quindi è la nostra prima volta>>, risi.
Mi diede un pizzicotto sul braccio. <<Non essere sconcio>>.
<<Sei tu quella sconcia che pensa male>>. Non disse nulla ma mi diede un altro pizzicotto.
La strinsi a me baciandole i capelli. <<Adesso dormi>>.
<<Buonanotte, Sam>>.
<<Buonanotte, mia dolce Elle>>. Anche se non la vedevo sapevo che l'era spuntato un sorriso. Chiusi gli occhi e sprofondai in un sonno tranquillo senza sogni.

Mi vegliai presto, fuori era ancora buio ma sapevo che era quasi giorno, guardai l'ora ed erano le 5:30 del mattino. Oggi volevo farle fare colazione fuori, sicuramente avrebbe gradito. Volevo portarla anche nel posto più romantico che conoscevo, era un posto speciale e pieno di bei ricordi. Il perché stessi facendo tutto questo per lei non mi era ben chiaro, sapevo solo che volevo renderla felice, lasciarle dei bei ricordi che non avrebbe mai dimenticato e che avrebbe custodito nel suo cuore. Volevo che si ricordasse di me anche quando non ci sarei stato più. Forse era questo il motivo dei miei gesti ma forse c'era dell'altro.
Mi concessi qualche istante per osservarla dormire. Era affascinante guardarla mentre dormiva. Se ne stava con i pugni stretti al petto, come se volesse proteggersi, da chi o cosa non lo sapevo, aveva anche la fronte aggrottata, che stesse facendo un brutto sogno? Allungai una mano e passai l'indice sulla sua guancia carezzandola. Mugugnò qualcosa di incomprensibile, così provai a farle il solletico al collo... mai fatto errore più grande in vita mia. In risposta al mio tocco mi diede una manata poco delicata sul naso, poi aprii gli occhi e cacciò un urlo spingendomi dal letto facendomi atterrare di schiene sul pavimento duro, ero k.o.
<<Oddio, Sam, eri tu!>>, disse fra l'allarmato e lo stupore. Chi altro poteva essere!
<<Mi vuoi fare fuori per caso? Ci sei quasi riuscita per la cronaca>>. La sentii scoppiare in una risata fragorosa, la cosa mi fece sentire un po' meglio.
<<Mi dispiace, di prima mattina sono pericolosa>>, mi disse continuando a ridere.
Mi alzai con fatica per sedermi sul letto e guardarla stringendo gli occhi a fessura. <<L'ho notato>>.
Mi fece un sorriso timido. <<Mi perdoni?>>.
Mi avvicinai al suo viso e lei in risposta smise di respirare. <<Magari con un bacio potrei perdonarti>>.
Si accigliò riprendendo a respirare. <<Vuoi il resto per caso?>>. Feci una smorfia ripensando a ciò che era accaduto un attimo fa, meglio non sfidare la sorte.
<<No, grazie>>, le dissi indietreggiando.
<<Bene, vado a fare una doccia>>, sorrise compiaciuta per poi alzarsi dal letto e andare verso l'armadio per prendere dei vestiti.
<<Metti qualcosa di carino e comodo, facciamo colazione fuori>>.
Si voltò per guardarmi con una strana luce negli occhi. <<Non ho mai fatto colazione fuori>>.
<<Cosa vuole mangiare, signorina?>>.
<<Qualcosa di dolce>>.
<<Conosco un posto che fa al caso nostro>>. In risposta mi regalò uno dei suoi sorrisi che mi mozzavano il fiato per poi uscire dalla stanza con il cambio di vestiti.
Mi sdraiai sul letto per poi chiudere gli occhi e raffigurarmi il suo splendido sorriso nella mente. Oggi sarebbe stata una bella domenica, n'ero certo.

Mezz'ora dopo eravamo sulla mia nuova auto, quando vide che non c'era il mio autista al posto di guida Elle mi guardò confusa.
<<Cosa c'è?>>, ridacchiai.
<<Dov'è il tuo autista?>>.
<<Per oggi ha il giorno libero, dopotutto è domenica>>, mi strinsi nelle spalle.
<<E noi come facciamo adesso?>>.
Le mostrai le chiavi. <<Guido io>>, le feci l'occhiolino per poi aprirle lo sportello anteriore. Lei con titubanza si accomodò senza fare obiezione. Chiusi lo sportello per poi andare al posto di guida, misi in moto e l'auto inizio a fare le fusa.
La portai in un posto alla moda, dove facevano dei dolci davvero buoni e anche alcuni che la dottoressa Grace avrebbe approvato, cioè privi di grassi. Quando entrammo nel locale notai che Elle era nervosa e si stava mordendo il labbro, quel gesto mi faceva impazzire. Per rassicurarla le presi la mano facendole un sorriso e io non sorridevo a nessuno, ma con lei stavo infrangendo ogni mia regola.
Ci andammo ad accomodare in un tavolo e subito dopo venne ad accoglierci una cameriera che ci offrì i menù.
<<Salve, desiderate?>>.
<<Cosa ti piacerebbe mangiare?>>, mi rivolsi a una Elle che era concentrata sul suo menù. Notai che quando si concentrava aggrottava la fronte.
<<Prendo una crostata di ciliegie e del succo all'arancia>>.
<<Io prendo la torta al cioccolato fondente senza grassi e una tazza di tè nero senza teina>>, presi il mio ordine tenendo lo sguardo puntato su di Elle.
<<Bene, i vostri ordini arrivano subito>>. Notai Elle alzare lo sguardo e puntarlo verso la mia sinistra con ostilità.
<<Qualcosa non va?>>, le chiesi curioso.
Ci mise un po' a rispondermi. <<Quella ti stava mangiando con gli occhi>>. Sembrava infastidita.
<<Davvero?>>. Sinceramente neanche l'avevo guardata, quel giusto che serviva per capire che fosse una lei, in genere non mi soffermavo a guardare le persone.
<<Sì>>, sbuffo.
<<Non l'avevo notato>>.
Mi guardò accigliata. <<Tu non presti mai attenzione a ciò che ti circonda>>, mi fece notare.
<<È così>>. Non mi era mai importato degli altri, quindi non vedovo il motivo per prestare loro la mia attenzione e soffermarmi sui loro dettagli, a eccezione di Elle però.
<<È come se vivessi nel tuo mondo e nessuno vi potesse entrare>>.
<<Vorresti far parte del mio mondo?>>. Prima che potesse rispondermi la cameriera portò i nostri ordini.
Rimase in silenzio a mangiare la sua crostata con gusto.
<<Vuoi un po' del mio tè?>>. Le avvicinai la mia tazza. Con esitazione prese la tazza portandosela alle labbra. Fece una strana faccia dopo aver bevuto un sorso di tè. <<Qualcosa non va?>>.
<<È il tè più buono che abbia mai bevuto>>.
Risi. <<Be', è un tè di qualità>>.
<<Immagino anche costoso>>, constatò. Come sempre era buffa.
<<La qualità ha il suo prezzo>>, dissi mentre mi portavo alla bocca una generosa forchettata di torta.
<<Non dovresti sperperare il tuo denaro così>>. Sembrava arrabbiata.
<<Per quale motivo non dovrei?>>. Sentii il suo sguardo trafiggermi, era proprio arrabbiata.
<<C'è gente che muore di fame e tu sperperi e ostenti il tuo denaro per cose futili>>. La mia Elle, ecco cosa apprezzavo in lei. A lei non importava del denaro ma degli altri, era generosa.
<<Mio padre fa tante donazioni>>.
<<Un altro modo per ostentare la vostra ricchezza>>, puntualizzò.
<<Mio padre, ostentare la sua ricchezza...>>, risi di gusto. Mio padre era la persona più buona e generosa che conoscessi, lui non ostentava la sua ricchezza, lui voleva aiutare gli altri, faceva parte di lui.
<<Non ci trovo niente da ridere>>, si accigliò ancor di più.
<<Mio padre è tutto fuorché un ostentare della sua ricchezza, fosse per lui donerebbe tutto il suo patrimonio in beneficenza e farebbe il missionario>>. Restò a bocca aperta, probabilmente non si aspettava da me una risposta del genere.
<<Allora sei solo tu l'ostentatore delle sue ricchezze in famiglia>>.
Più che ostentatore mi godevo le cose della vita finché potevo. Da sempre ho saputo che ogni giorno sarebbe potuto essere l'ultimo e quando mi era stato dato un anno di vita non ne fui meravigliato, di conseguenza avevo imparato a vivere le giornate come se fossero l'ultimo giorno della mia vita e non mi negavo niente di ciò che potevo avere, ma questo lei non lo sapeva. <<Mi piace trattarmi bene>>, le risposi facendo spallucce.
Dopo questa conversazione finimmo la colazione in totale silenzio e non bevve più il mio tè.
Usciti dal locale andò impettita in auto aprendo lo sportello per entrare e sedersi con poca eleganza, era decisamente arrabbiata con me.
Mi accomodai in auto e sbuffando misi in moto, partii diretto in quel posto magico.
Dopo venti minuti si rese conto che non la stavo riportando a casa, il suo scarso senso dell'orientamento era davvero preoccupante.
<<Dove stiamo andando?>>, mi chiese allarmata.
Visto il comportamento di prima si meritava una bella punizione. <<Ti sto portando in un posto sperduto>>, feci una pausa per poi fare una risate che ritenni abbastanza inquietante, e aggiunsi, <<Per poi ucciderti e sotterrare il tuo cadavere dove nessuno lo troverà mai>>. Mi voltai per un attimo a osservarla. Aveva la bocca aperta e gli occhi sgranati, forse avevo un tantino esagerato.
<<Lo sapevo!>>. Cosa sapeva?
<<Che cosa?>>.
<<Sei uno psicopatico e fin dall'inizio è stato questo il tuo piano e io come una stupida ci sono cascata>>. Aveva una fervida immaginazione, i libri le avevano dato alla testa.
Risi di gusto. <<Quindi pensi che sia uno psicopatico, eh?>>.
<<Be', il nostro primo incontro non è stato dei migliori, volevi sgozzarmi>>. Era vero ma di certo non intendevo sul serio, volevo solo spaventarla alla fine.
Risi ancora più forte. <<Volevo solo spaventarti>>.
<<Be', non ci sei riuscito>>. Era vero, ricordavo perfettamente che se n'era andata impettita.
<<Quindi non sono spaventoso?>>.
<<Neanche un po'>>.
<<Neanche adesso che ti ho detto che sto per ucciderti e nascondere il tuo corpo?>>.
<<Cosa mi dice che sia vero?>>.
<<E cosa ti dice che non lo sia?>>.
Ci pensò per qualche istante. <<Non è che poi ti metti a ridere?>>.
<<Non prometto niente>>.
Sbuffo seccata. <<Qualcosa dentro di me mi dice che non mi farai del male>>.
<<E cosa sarebbe questo qualcosa?>>, le chiesi curioso.
<<Ehm...>>. Distolsi per un attimo lo sguardo dalla strada notando che era imbarazzata.
<<E così imbarazzante?>>, risi.
<<Il mio cuore>>. Per un attimo smisi di respirare temendo il peggio. Accostai in modo brusco.
<<Cos'ha il tuo cuore, ti senti male?>>. Ero allarmato, mi mancava l'aria.
<<Cosa?>>. Era confusa e io più di lei. <<No... Sam, il mio cuore sta bene, ho solo risposto alla tua domanda>>.
<<Accidenti Eleonora, mi hai fatto prendere uno spavento>>, urlai.
<<Mi dispiace...>>. Abbassò il capo sentendosi in colpa. Mi sentivo un idiota.
Slacciai la cintura per poi slacciare anche la sua. Mi guardava non capendo cosa volessi fare ma era concentrata su di me e i miei movimenti. Senza alcuna difficoltà la tirai su di me. Eravamo faccia a faccia, l'unico rumore che si udiva erano i nostri respiri irregolari e il mio cuore che batteva frenetico ma poco m'importava, lei era la mia priorità in quel momento e stavo bene, per il momento almeno. <<Mi dispiace, non avrei dovuto arrabbiarmi ma... ma appena si accenna a quella parola io non penso più... sono andato nel panico temendo il peggio>>. Anche se le mie parole erano poco che un sussurro sapevo che mi aveva sentito.
<<Ti stavo dicendo che è il mio cuore che mi dice di non aver paura di te>>. Puntò i suoi occhi grigi nei miei blu facendomi perdere ogni percezione. <<Comunque il volante è scomodo>>, aggiunse facendomi prendere la lucidità perduta. Spostai il sedile più indietro.
<<Meglio?>>. Annuì. <<Che altro ti dice il tuo cuore?>>.
<<Si chiede cosa sia io per te>>.
Cos'era lei per me? Molte cose, di questo ne avevo la certezza.
<<Che non può fare ameno di te>>, feci una pausa sospirando, <<Dimmi che non sono l'unico che ti pensa costantemente, dimmi che lo stesso vale per te>>.
<<Se ti dicessi di no mentirei>>.
<<Sto cercando di capire cos'è tutto questo per me, ci sto lavorando con il mio psicologo, ma lui non mi è di gran aiuto>>.
<<Come, scusa?>>. Oh, oh.
<<Sì, parlo di te al mio psicologo, ma solo perché mi sconvolgi>>.
<<Io ti sconvolgo?>>. Era incredula.
Le accarezzai una guancia con il dorso della mano. <<Non sai quanto...>>. Probabilmente ero arrossito dall'imbarazzo ma poco m'importava. <<Meglio andare>>, suggerii. Mi sorrise per poi rimettersi al suo posto e allacciare la cintura, stessa cosa feci io per rimettere in moto e partire.

Tu Sei La Mia VitaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora