Sam VIII

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Non mi andava di riaccompagnare Elle a casa ma purtroppo sua madre sarebbe tornata prima di cena e se non l'avesse trovata a casa l'avrebbe sgridata, e poi doveva studiare. Che peccato, il tempo con lei era sempre poco, non mi bastava mai, volevo passare ogni istante con lei.
Fermai l'auto di fronte casa sua, scesi dall'auto e andai ad aprirle lo sportello, stava diventando una bella abitudine e lei sembrava gradire la cosa o almeno lo si notava dal suo sorriso timido. Era adorabile. L'accompagnai fino alla porta, prima che entrasse in casa si voltò per darmi un leggero bacio sulla guancia che fece perdere un battito al mio cuore, poi mi sussurrò: <<Grazie per la bella giornata>>.
<<Non c'è di che>>, sussurrai a mia volta perdendomi in quei suoi occhi grigi.
<<A domani, Sam>>.
<<A domani, principessa>>. Le presi una mano con gentilezza per poi baciarle il dorso sentendola sospirare di piacere a quel gesto. La lasciai andare per tornare alla mia auto e tornare a casa.
Quando tornai a casa, la cena era già in tavola. Mangiai con mio padre in silenzio, mi sentivo triste. Volevo stare con lei, con la mia Elle. Oramai mi era ben chiaro che il tempo che passavo con lei non mi bastava mai, ero dipendente da lei. Mi aveva stravolto. In una settimana era riuscita a farmi cambiare, si perché lei mi stava cambiando. Anche se era dura ammetterlo, lei stava facendo uscire il meglio di me, la parte di me che se n'era andata via insieme a mia madre, la piccola Samantha tenera e buona. Non avevo mai voluto che Samantha tornasse, era la parte di me che non avevo mai voluto ma che non avrei mai potuto scacciare via del tutto, faceva parte di me ma stava ben nascosta e non solo dai vestiti. Quando mamma era morta la parte buona di me se n'era andata via, credevo per sempre, ma lei, Elle, la stava facendo riemergere dall'oscurità. Samantha, almeno la bambina buona, stava riemergendo a poco a poco.
<<Tutto bene?>>, mi chiese mio padre destandomi dai miei pensieri.
<<Sì, tutto bene>>, gli risposi in modo neutro.
<<Ti vedo pensieroso>>. Ero stato beccato.
<<Io penso sempre>>, feci spallucce.
<<Pensavi a qualcosa d'interessante?>>.
Chissà, forse lui poteva chiarirmi un po' di cose. <<Com'era quando stavi con mamma, agli inizi intendo>>. La mia domanda lo lasciò perplesso.
<<Be', lei mi colpì subito, era un brutto periodo per me...>>. Certo, avevi appena scoperto che la dottoressa Grace si era messa con quel tipo che ora è il suo ex marito. <<Lei con il suo modo unico di essere mi fece dimenticare ogni tristezza, con lei era inevitabile non essere felici. Lei irradiava tutti...>>, fece una pausa, <<Me ne innamorai subito, da quel nostro primo incontro non riuscì più a togliermela dalla testa, potremmo dire che ebbi un colpo di fulmine>>, rise di quell'affermazione.
<<Quindi credi hai colpi di fulmine?>>.
<<Certo>>. Possibile mai che stesse accadendo la stessa cosa a me? Che avessi avuto un colpo di fulmine con Elle? No, non era possibile, io non avevo sentimenti, ero vuoto, almeno così credevo.
<<Dimmi, il tempo con lei ti bastava mai?>>.
Mi sorrise. <<Per me quando c'era tua madre 24 ore erano decisamente poche>>.
<<Ah...>>.
<<Qualcosa non va?>>, mi chiese accigliandosi.
<<No, continuiamo a mangiare piuttosto>>.
<<Va bene>>.
Volevo dei chiarimenti da lui e dalla sua esperienza ma la cosa mi aveva mandato in confusione totale. Possibile mai che mi stessi innamorando di Elle? Dopotutto non sapevo com'era essere innamorati, non proprio almeno. Quel poco che sapevo dell'amore l'avevo appreso dai libri ma pensavo che fosse solo fantasia, niente di più, ma forse mi sbagliavo di grosso. Mi chiedevo se mi andava bene questa cosa. Volevo essere innamorato di Elle? Sapevo che finché si trattasse di lei tutto mi andava bene, però... c'erano degli intoppi. Non ero ciò che credeva. Come reagirebbe se sapesse la verità, se sapesse che in realtà sono un ragazzo trans? Reagirebbe come le altre ragazze? Proverebbe disgusto nei miei confronti? E se non mi volesse vedere più? Non osavo pensarci, non l'avrei sopportato. Comunque sia stavo morendo, non ci sarebbe mai stato un noi comunque.
Dopo cena decisi di andare a casa di Elle. Mi arrampicai come al solito dal tubo di scolo, per mia fortuna la finestra era aperta ma di lei non c'era nessuna traccia e la stanza era al buio, decisi di aspettarla. Le sarebbe venuto un colpo nel vedermi nella sua stanza? Sicuramente mi sarei fatto una risata nel vedere la sua reazione. Chissà come mai non era ancora salita, che stesse ancora cenando? Forse stava guardando un film insieme a sua madre. Mi chiedevo se era un tipo da film, lei amava i libri dopotutto. Ora che ci pensavo, non sapevo ancora molto di lei, chissà che altro le piaceva oltre alla lettura, potevamo avere qualcos'altro in comune, lo speravo. Comunque sia la sua stanza non parlava molto di lei, era abbastanza anonima, a eccezione della sua libreria, l'unica cosa che si riferisse a lei. Amava molto le storie d'amore ma anche il fantasy, ma anche in questi si potevano trovare storie d'amore. A quanto pare l'amore era inevitabile, faceva parte della vita, era come respirare. L'essere umano dipende dall'ossigeno, senza di esso non vive, respirare era inevitabile. Che lei fosse il mio ossigeno?
Sentii la porta aprirsi ed eccola là, in tutto il suo splendore. La mia Elle.
Appena mi vide mi sorrise, sorriso che ricambiai senza alcuno sforzo, si perché lei era il mio sorriso, il mio sole.
<<Cosa ci fai qui?>>, mi chiese a bassa voce per non farsi sentire dalla madre che stava al piano di sotto, continuando a sorridermi.
Feci spallucce. <<Sai com'è, mi stavo annoiando e mi sono chiesto: perché non andare a disturbare Elle>>.
Si avvicinò a me con passo lento, quando mi fu di fronte, mi prese il viso fra le mani. Per un attimo mi persi in quel contatto ma mi svegliai subito. Mi aveva appena dato due schiaffi. <<Questi si chiamano piatti, hai presente gli strumenti?>>, mi spiegò mentre rideva e si prendeva gioco di me.
<<Ringrazia che tua madre è di sotto e che non voglio essere lanciato dalla finestra se mi scoprisse, perché altrimenti me l'avresti pagata>>.
<<Attento che sono armata>>, mi mostrò la sua ciabatta-cane.
<<Davvero adorabile>>.
<<Hey, non offendere i miei cagnolini>>, fece la finta offesa per poi gettarsi sul letto di peso.
<<Fammi spazio>>. La spinsi più in là dal letto per farmi spazio e sdraiarmi accanto a lei.
<<Fine come sempre, mio caro>>.
<<È uno dei miei tanti nomi>>, ridacchiai mentre l'avvolgevo in un abbraccio e inspiravo il suo magnifico profumo. <<Mi piace il tuo profumo>>.
<<E a me piace il tuo>>. Sorrisi a quella confessione.
<<Di che so?>>, chiesi curioso.
<<Di cioccolata fondete>>, rise.
<<Ne ho mangiata così tanta che trasudo cioccolata>>, risi e lei con me.
<<È la prima battuta decente che fai>>.
<<Che vorresti dire, eh?>>.
<<Oh, nulla>>. Si come no. <<Io di che so?>>.
<<Di primavera e ciliegie>>.
<<Primavera? So d'erba?>>.
Cercai di trattenermi dal ridere ma invano. <<No, hai presente quando in Giappone i ciliegi sono in fiore?>>.
<<Non sono mai stata in Giappone>>.
<<Be', io sì, e il tuo profumo mi ricorda questo, cioè primavera e ciliegie>>.
<<Sei strano>>.
<<Un altro dei miei tanti nomi>>.
<<Un giorno andremo a vedere questi alberi in fiore? Almeno saprò che odore ho>>.
<<Va bene, faremo anche il tipico picnic>>.
<<Mi piacciono i picnic>>, affermò.
<<Anche a me. Vedo che abbiamo un'altra cosa in comune>>.
<<Già, chissà che altro avremo in comune>>.
<<Dimmi qualcosa di te e scopriamolo>>.
<<Mm... oltre a leggere mi piace scrivere, non l'ho mai detto a nessuno ma vorrei diventare una scrittrice>>.
<<È fantastico, dovresti seguire il corse extra di scrittura>>.
<<Non credo>>. Cosa?
<<Perché non credi?>>.
<<Perché non ho mai avuto il coraggio di far leggere qualcosa di mio a qualcuno, e se poi non gli piace o mi ride in faccia?>>. Come sempre si sottovalutava.
<<Be', se ti ridono in faccia gli cambio i connotati, se non piace ciò che scrivi vorrà dire che dovrai rimboccarti le maniche per migliorare e dare il meglio di te ma non devi mollare mai>>.
<<Come sempre sai trovare le parole giuste>>.
<<Merito del mio super cervello>>.
<<Sempre modesto>>.
<<Ovvio. Senti, se vuoi ci iscriviamo insieme, almeno ti faccio compagnia>>.
<<Sarebbe fantastico>>.
<<Magari potremmo scrivere un libro insieme>>.
<<Da due punti di vista?>>.
<<Perché no>>.
Si strinse di più a me. <<A te cosa piace oltre a leggere?>>.
<<Mi piace disegnare>>.
<<Io sono negata>>, sbuffo sonoramente.
<<Potresti seguire il corso di disegno con me, potrei concederti lo straordinario onore di farti da tutor>>.
<<Magari se facessi meno il presuntuoso, magari, potrei pensarci>>.
<<Ma io non faccio il presuntuoso, lo sono>>. Mi diede una gomitata per la mia pessima battuta. <<Ok, la smetto>>.
<<Bravo>>.
Mi piaceva stare così, con lei stretta a me. C'eravamo solo noi due e nessun altro. Nessun problema e nessuno che ci giudicava.
<<Sai Elle...>>.
<<Cosa?>>.
<<Questa è stata la più bella settimana della mia esistenza>>. Era vero, non mi ero mai sentito così, neanche con mamma o con il nonno.
<<Lo stesso vale per me>>. La sentii sorridere.
<<Elle, posso essere tuo?>>. Si spostò dalla sua posizione per mettersi seduta e guardarmi. Mentre stava per rispondermi sentii il mio telefono vibrare. Che seccatura, e adesso chi era? Sbuffai mentre estraevo il telefono dalla tasca dei jeans. Guardai lo schermo ed era mio padre. Doveva sperare che fosse una telefonata urgente.
<<Cosa vuoi!?>>, gli risposi in modo brusco e seccato.
<<Sam, dove sei?>>.
<<Non sono affari tuoi>>.
<<Sam...>>, lo sentii sospirare dall'altra parte del capo del telefono, <<È tardi e domani hai scuola e hai bisogno di riposare>>. Odiavo quando mi trattava come un bambino piccolo.
<<Piantala>>, gli dissi stringendo i denti.
<<Sam, non far stare in pensiero la dottoressa Grace, sai come la pensa>>. Frustrato gli chiusi il telefono in faccia. Infilai il telefono in tasca alzandomi dal letto più arrabbiato che mai.
<<Sam, tutto ok?>>, mi chiese preoccupata.
<<No, devo andare>>. Mi diressi verso la finestra per uscire ma mi bloccai quando mi sentii tirare da dietro per la camicia.
<<Cosa vuoi anche tu?>>. Ero arrabbiato.
<<Me ne vuoi parlare?>>. La sua voce era così dolce ma purtroppo non potevo restare.
<<Devo andare, mio padre si è accorto della mia assenza>>.
<<Capisco... mi dai la buonanotte?>>. Mi scappò un sorriso, solo lei riusciva a rendermi di buon umore in questo triste mondo. Mi voltai verso di lei per poi attirarla tra le mie braccia e depositarle un bacio sui capelli. <<Sam, così non respiro>>, si lamentò ridendo.
<<Non è colpa mia se mi arrivi ad altezza spalle, cerca di crescere un po', nana>>.
<<Hey, sono abbastanza alta per essere una ragazza>>, si lamentò.
<<Sì come no>>. Dopotutto io ero più alto.
<<Antipatico>>. Mise su quel broncio che tanto mi piaceva e adoravo.
Mi avvicinai a lei per depositarle un bacio sulla fronte. <<Buonanotte, principessa>>.
Mi guardò facendomi il suo sorriso mozzafiato per poi dirmi: <<Buonanotte, Sam lo psicopatico>>. Come sempre era buffa.
<<A domani, nana>>. Mi arrampicai sulla finestra per poi scendere dal tubo di scolo e tornare a casa.

Anche questa mattina Elle era da mozzare il fiato con addosso la divisa scolastica ma era un po' strana, sembrava nervosa. Per tutto il tragitto, dalla fermata dell'autobus fino a scuola, non aveva smesso per un secondo di torturarsi il labbro, mi stava facendo impazzire. Poggiai la mia mano sulla sua quando l'auto si fermò davanti scuola. <<Mi dici cos'hai?>>.
Liberò la presa dal suo labbro per rispondermi: <<Oggi abbiamo educazione fisica>>. E allora?
<<E quindi?>>.
Roteò gli occhi. <<Sono un impedita, cado con il nulla, come se l'aria mi facesse lo sgambetto, secondo te amo fare educazione fisica?>>. In effetti.
<<Lunedì scorso non l'hai fatta?>>, le domandai.
<<No, per mia fortuna. Visto che ero appena arrivata sono stata esonerata>>, mi spiegò.
<<Capisco... be', saltala>>.
<<Cosa!>>. Era allarmata. E adesso cosa c’è che non va? <<Non si saltano le lezioni che non ci vanno bene, e poi non si saltano le lezioni e basta>>.
<<Be', io le salto>>. Ero più in giro che a lezione.
<<Tu sei l'eccezione, mi chiedo ancora perché non ti abbiano cacciato>>. Essere il figlio del preside aveva i suoi vantaggi ma forse era meglio che questo non lo sapesse, almeno per il momento.
<<Vedrai, andrà bene>>, cercai di rassicurarla ma sapevo che ci avrebbe rimuginato su fino a quando non sarebbe arrivata l'ora di educazione fisica.

Era arrivata l'ora di educazione fisica e Elle era ancora più agitata. Era strana quando si agitava, non solo si mordeva il labbro, si torturava anche le mani, in un certo senso era affascinante osservarla. L'accompagnai agli spogliatoi e mi guardò storto quando la seguii fino al suo armadietto per prendere la sua tuta.
<<Che c'è?>>.
<<Non dovresti stare qui>>.
<<Nessuno si sta spogliando davanti a nessuno, ci sono le cabine per la privacy>>.
<<Si ma questo è uno spogliatoio femminile e tu sei un ragazzo>>.
<<Tranquilla, non guardo nessuna, non mi interessano>>, le sorrisi facendole l'occhiolino.
Quando prese la sua tuta la esaminò come se fosse qualcosa di strano. <<E adesso che ti prende?>>. Che le prendeva?
Mi fulminò con lo sguardo. Certe volte mi metteva paura. <<Che mi prende?! Mi prende che sei riuscito a intrufolarti nel mio armadietto e cambiare la mia tuta con questa>>. Era infuriata con me. Secondo me era vicina a quel periodo del mese.
<<Ehm, ecco... non potevo cambiarti solo la divisa, ti pare?>>, cercai di giustificarmi.
Impettita si avviò verso una cabina per cambiarsi, almeno non mi aveva strozzato con la tuta.
Qualche minuto più tardi sbucò con la tuta addosso e sembrava ancora arrabbiata con me, però la mia attenzione cadde sul suo corpo. Aveva legato i capelli in una coda alta e notai che la tuta le stava aderente e i pantaloncini che indossava erano decisamente corti. Nell'osservarla provai una strana sensazione al basso ventre. Cos'era?
<<Tutto bene, Sam?>>, mi chiese preoccupata.
<<Eh? Sì, tutto bene>>. Cosa mi stava succedendo?
<<Hai una faccia, sembri sconvolto>>. In effetti lo ero un po'. Non riuscivo a capire cosa mi era appena successo.
<<Sam, cosa ti porta da queste parti?>>. Vidi Elle guardare dietro di me e assumere un espressione di fastidio. Cos'era che la infastidiva? Mi voltai e vidi una ragazza che mi fissava. Chi era e cosa voleva da me? Non vedeva che dava fastidio? <<Allora?>>, incalzo. La sua voce era davvero fastidiosa.
Avvolsi il mio braccio destro intorno alla vita di Elle facendola sussultare per quel contatto improvviso, il ché mi compiacque parecchio. <<Ci stai disturbando>>, mi rivolsi alla ragazza sconosciuta per poi prestare la mia attenzione alla mia Elle, <<Andiamo>>. Ci incamminammo verso la palestra.
<<Lo hai rifatto>>.
<<Come, scusa?>>. Rifatto cosa?
Mi inchiodò con i suoi bei occhi grigi. <<Trattare gli altri come se fossero degli insetti schifosi e insignificanti>>.
<<Tu dici?>>.
<<Sì>>, sospirò, <<ma tu non te ne rendi conto>>.
<<Suppongo di sì>>, feci spallucce, dopotutto, alla fine, non m'importava degli altri.
<<Dovresti essere più gentile con gli altri>>.
<<Con te lo sono, non ti basta?>>.
<<Dovresti esserlo con tutti>>, mi rimproverò.
Questa volta la inchiodai io con il mio sguardo. <<Tu sei la mia eccezione, in tutto oserei dire>>, feci una pausa, <<Ti avevo detto che sarei stato il tuo peggior incubo, ma non è stato così, sai il perché? Perché tu mi stravolgi. Non puoi pretendere che cambi e che tratti gli altri con gentilezza, non m'importa degli altri, solo di te ed è una novità per me>>. Come al solito era rimasta a bocca aperta.
<<Come sempre mi confondi>>, mi disse dopo che si fu ripresa.
<<Confonderti è il mio scopo>>, le dissi con voce vellutata, lei in risposta mi sorrise timidamente. <<Su, andiamo che ti aspettano>>.
<<Non me lo ricordare>>. Era afflitta. <<Tu cosa farai nel frattempo?>>, mi chiese.
In genere non frequentavo la lezione di educazione fisica ma per questa volta avrei fatto un eccezione. <<Starò in panchina a osservarti mentre cadi...>>, mi diede una gomita a un fianco facendomi un gran male, <<Ehm... magari mi faccio un pisolino>>.
<<Ti conviene>>. Mi sa che avevo un tantino esagerato ma era troppo buffa per non prenderla in giro, mi divertivo troppo con lei.
Mentre lei si dirigeva di malavoglia dagli altri mi andai a sedere su una panchina. Li osservai, più che altro guardavo lei mentre faceva il giro del campo a fatica ed era anche l'ultima della fila. L'esercizio fisico a quanto pare l'era nemico. Dopo che finirono di correre e lei si riprese a fatica, iniziarono a fare dei tiri a canestro. Secondo me era negata anche in questo. Quando arrivò il suo turno notai da subito che aveva sbagliato posizione e l'insegnante neanche l'aveva corretta. Ovviamente come pensavo, sbagliò, mancando il canestro. Anche se non potevo fare sport, avevo letto dei libri al riguardo e visto delle partite, quindi sapevo un po' di cose. Mi alzai dalla panchina deciso ad aiutarla, visto che l'insegnante era un incompetente. La presi per un braccio e protestò in risposta ma la ignorai e sottrassi la palla dalle mani di un ragazzo. <<Adesso ti faccio vedere come si fa un tiro a canestro. Osserva bene invece di fare la distratta>>. Mi misi in posizione corretta e lanciai la palla dritta a canestro. <<Visto? Adesso prova tu>>. Le porsi la palla che lei prese con titubanza. Si mise nella posizione che le avevo mostrato prima, per poi lanciare la palla e fare canestro.
Si voltò verso di me incredula e felice allo stesso tempo. <<Ho fatto canestro>>, esultò.
<<Grazie a me, mia cara>>.
Ruotò gli occhi. <<Sì, certo, adesso non ti montare troppo però>>.
<<Non mi smontare cara>>.
Rise. <<Le tue battute sono pessime>>.
<<Mi dichiaro offeso>>, feci il finto offeso per poi ritornarmene verso la panchina.
Decisi di mettermi a dormire, ero certo che se la sarebbe cavata anche senza di me, almeno così sperai.

Era tutto verde e alle mie spalle c'era un grande albero. Ero nel parco. Nel mio rifugio segreto, dove papà e la dottoressa Grace non sapevano che mi rifugiavo per piangere. Cosa ci facevo qui?
C'era vento, vento gelido che carezzava la mia pelle facendomi rabbrividire. Mi guardai attentamente ed ero senza vestiti, vesti che mi nascondevano, nascondevano il mio essere, il vero me che tanto detestavo.
<<Come hai potuto!>>. Mi voltai ed era Elle. Mi guardava con le lacrime agli occhi.
<<Ti posso spiegare...>>.
<<No! Come hai potuto mentirmi, nascondermi questo! Non ti voglio più vedere!>>. Si voltò andandosene via.
Volevo raggiungerla ma non potevo muovermi.
<<Elle! Aspetta Elle, posso spiegarti!>>.

Mi svegliai di soprassalto. Avevo l'angoscia dentro che mi bloccava il respiro e avevo una strana sensazione. Elle! Rivolsi lo sguardo verso il campo e vidi che erano tutti raggruppati in un unico punto, dov'era Elle? Non riuscivo a vederla. L'angoscia si fece sentire ancora più prepotente. Mi alzai di scatto andando verso di loro. Quando fui abbastanza vicino e aver scansato qualche ragazzo per passare, vidi Elle inginocchiata per terra e con le mani sul viso. Cos'era successo!?
<<Cos'è successo?>>, la mia voce era roca e piena di preoccupazione.
<<Nulla di che, Sam>>. Qualcuno aveva parlato ma non feci tanto caso a chi fosse stato, non aveva risposto alla mia domanda.
Presi per il colletto il primo ragazzo che mi capitò a tiro. <<Cos'è successo?>>, gli urlai.
<<L'è arrivata una pallonata in faccia>>, mi rispose spaventato.
<<Chi è stato?!>>. Ero furioso, nessuno doveva far del male alla mia Elle. Nessuno!
<<Lei>>, m'indicò una ragazza che stava ridendo sguaiatamente.
Mi avvicinai a lei come una furia dandole una spinta che la fece barcollare e smettere di ridere come un oca giuliva. <<Come hai osato! La tua azione avrà delle ripercussioni! Me la pagherai!>>.
<<Sam!>>. Elle!
Mi voltai per andare da lei. Oh no, perdeva sangue, riuscivo a intravederlo anche se aveva le mani sul viso. Cercai di restare lucido e cacciar indietro un conato di vomito. Non sopportavo la vista del sangue ma lei aveva bisogno di me e dovevo resistere. Presi il mio fazzoletto e glielo porsi. Lo prese portandoselo sul naso sanguinante. Cercai di trattenere un altro conato e la presi in braccio portandola via da quegli idioti snob e presuntuosi. <<Sam, mettimi giù>>, cercò di protestare ma io non mollai la presa anche se sentivo la fatica, non era lei a essere pesante ma il mio cuore a essere debole.
<<Ti porto in infermeria>>, le dissi a fatica, era come se tutta l'aria mi fosse stata risucchiata via dai polmoni.
<<Mettimi giù, non voglio che ti senta male per colpa mia>>. Non le risposi. <<Sam>>, la sua voce era dolce e vellutata ma anche piena di preoccupazione, <<hai il fiato corto e sono sicura che il tuo cuore sta andando a mille. Mettimi giù, posso camminare, non voglio che ti senta male, ti prego...>>. Mi fermai alle sue suppliche mettendola giù e prendendo un gran respiro. <<Non farlo mai più>>, il suo non era un rimproverò ma una supplica.
Continuando a non risponderle la presi per mano, quella che non reggeva il fazzoletto e la condussi in infermeria.
Entrai in modo brusco in infermeria spalancando la porta lasciando l'infermiera stupita e trascinando una Elle imbarazzata e sanguinante sul lettino. <<Le hanno dato una pallonata in faccia. Sta perdendo sangue dal naso>>, urlai all'infermiera.
Si alzò dalla sua scrivania ma prima di visitare Elle mi lanciò un occhiata indecifrabile che ignorai. <<Fammi dare un occhiata cara>>.
Constatai che il mio fazzoletto era zuppo e le usciva ancora sangue dal naso. Non riuscii a trattenermi e corsi in bagno a rimettere la colazione.
<<Tutto bene?>>, mi chiesero Elle e l'infermiera quando fui tornato dal bagno.
<<Sì>>. In realtà mi sentivo uno schifo ma poco mi importava. <<Tu come stai?>>, mi rivolsi a una Elle con dei tamponi sul naso, cercai di trattenermi dal riderle in faccia solo perché non era carino nei suoi confronti ma era dura perché era davvero buffa.
<<Secondo te...?>>, s'indicò la faccia.
<<Chiamo tua madre per dirle di venirti a prendere>>, ci interruppe l'infermiera andando verso il telefono.
Approfittai della situazione per avvicinarmi a Elle.
<<Quindi non sopporti la vista del sangue, eh?>>, mi prese in giro.
<<Non infierire>>, alzai gli occhi al cielo. <<Mi spieghi cos'è successo?>>.
<<Niente, solo un incidente, cose che succedono>>. Era una pessima bugiarda.
<<Quella che ti ha colpita stava ridendo come un oca giuliva, e quando è così vuol dire che lo ha fatto apposta>>.
<<Tranquillo, tanto sono abituata a certe cose>>. Come? Che significava tutto questo? Che qualcuno le avesse fatto del male?
<<Che vuol dire che ci sei abituata?>>. Non mi rispose. <<Elle, mi devi dire tutto>>.
Sospirò. <<Diciamo che nella mia vecchia scuola venivo presa di mira e a quanto pare qui le cose non sono cambiate>>. Cosa! Chi osava prendere di mira la mia Elle! Se mi capitava a tiro se ne sarebbe pentito. Stavo ribollendo di rabbia dentro.
<<Finché ci sarò io nessuno ti prenderà di mira, qui comando io e tu sei mia, e lo sanno tutti che le mie cose non si toccano>>, sbottai.
<<Cara>>, era l'infermiera di ritorno, <<purtroppo tua madre non può venire ma mi ha detto che chiamerà tuo padre che verrà a prenderti il prima possibile>>.
<<Ve bene>>. Era evidente che c'era rimasta male, povera la mia Elle.
<<Intanto metti del ghiaccio>>, le porse una busta del ghiaccio che si portò sul viso.
La mia Elle era triste, dovevo fare qualcosa. <<Comunque, mi devi due fazzoletti>>.
<<Come, scusa?>>. Era confusa, evidentemente si era dimenticata del fazzoletto dell'altro giorno.
<<Questo sporco di sangue si può buttare>>, feci una smorfia al quel pensiero, <<e poi c'è quello che ti ho dato quando ti sei persa a scuola, ricordi?>>.
<<Hai ragione>>, constatò, <<Chissà dove lo avrò messo>>, disse a bassa voce, era incorreggibile.
<<Elle...>>, i nostri occhi s'incontrarono, <<finché ci sarò io nessuno ti farà del male, ti proteggerò io>>. Quella tipa non l'avrebbe passata liscia, l'avrei fatta cacciare. In questa scuola non erano ammessi certi comportamenti, la pena era l'espulsione e chi veniva espulso da qui era macchiato e per la nostra società era una cosa grave.
Mezz'ora dopo sentimmo una voce femminile e vidi Elle sbiancare. Che si sentisse male?
<<Ti senti bene?>>, le chiesi preoccupato.
<<No>>. Che cosa aveva?
<<Chiamo l'infermiera>>. Prima che potessi andare mi trattenne per un braccio.
<<Eleonora, piccola, cos'è successo?>>. Sentii Elle stringere ancor più la presa sul mio braccio. Volsi lo sguardo sulla figura che era appena entrata, era una ragazza sulla ventina. E questa chi era? Poi realizzai, era la matrigna.
<<E lei chi è?>>, il mio tono era duro.
La matrigna di Elle mi squadrò da capo a piedi prima di rispondermi: <<Sono la madre di Eleonora>>.
<<Matrigna>>, puntualizzò Elle.
<<Dettagli cara. Piuttosto, cosa ti è successo?>>.
<<Un incidente durante l'ora di educazione fisica>>, spiegò l'infermiera.
<<Capisco>>. Sbaglio o stava trattenendo una risata? E poi come guardava la mia Elle. La sua presenza mi irritava.
<<Dov'è mio padre?>>.
<<Sai che è molto impegnato, così ha mandato me>>. Sembrava seccata. <<Vatti a cambiare così ti riporto a casa, sei sporca>>. Come osava!
<<Va bene>>. La osservai alzarsi dal letto e andare verso la porta, decisi di seguirla, non volevo che svenisse o si perdesse.
<<Dove vai giovanotto?>>. Cosa?
Mi voltai e vidi l'infermiera con le braccia sui fianchi che mi guardava storto.
<<L'accompagno>>.
<<Tu non vai da nessuna parte, ci penso io ad accompagnarla>>.
Cercai di protestare ma fu inutile, se n'era già andata via insieme alla mia Elle lasciandomi da solo con quell'oca di una matrigna. Decisi di uscire fuori dalla stanza e aspettarla in corridoio, sfortuna volle che quella mi seguisse. Che voleva da me, non vedeva che mi irritava?
<<Sei un compagno di Eleonora?>>, mi chiese con un sorrisetto irritante. La ignorai. Mi irrigidii appena la sentii avvicinarsi a me. <<Sei carino>>. Sentivo il suo sguardo addosso, ero disgustato. <<Lascia perdere quella mocciosa verginella, io sono molto meglio, ti potresti divertire con me, sai?>>.
<<Sono minorenne>>.
Rise. <<Non lo verrà a sapere nessuno, e poi non sono così grande>>.
Le lanciai uno dei miei sguardi intimidatori. <<Non sei il mio tipo>>.
Fece un'altra risata. <<Di certo quella mocciosa non lo è, ma l'hai vista?>>.
Certo che l'avevo vista, era stupenda. << Quella non sa come divertirsi, o farti divertire, non so se intendi>>, rise in modo disgustoso. Come osava, adesso era troppo.
<<Eccomi!>>. Era Elle. L'oca si era salva per un soffio.
Osservai l'espressione dell'oca appena vide Elle. Quanto gongolavo. Era rimasta di stucco appena la vide. Penso che non l'avesse mai vista con dei vestiti della sua taglia, con i capelli sciolti e senza gli occhiali. <<Cosa ti è successo?>>, esclamò stupita.
<<Ehm, io... ecco...>>. Era in imbarazzo e non sapeva cosa dire, così decisi di correre in suo aiuto.
<<Non l'è successo niente, a parte l'incidente di prima>>.
<<Ma... ma... prima non era così, insomma, era...>>.
<<Bella?>>, la interruppi.
<<No, si conciava in modo indecente... i capelli e gli occhiali che fine hanno fatto? E i vestiti? Non sei più quella di prima>>.
Prima che Elle potesse rispondere m'intromisi. <<Sa com'è, c'è chi nasce bello e chi no. Lei è sempre stata bella, solo che si nascondeva dietro a dei vestiti e degli occhiali troppo grandi. Certo, al contrario di Elle alcuni si devono sforzare per essere un tantino presentabile>>, dissi quest'ultima parola guardandola. Adesso vediamo cos'hai da ridire brutta strega.
<<Su, andiamo Eleonora, tuo padre ci aspetta>>. Si incamminò indignata e Elle non poté che seguirla di malavoglia, ma prima che se ne andasse si voltò mimandomi un grazie e io ricambiai con un: chiamami.

Decisi di andare nell'ufficio di mio padre per dare una lezione a quella che aveva osato far del male alla mia Elle.
<<Sam, oggi pranziamo insieme?>>, mi chiese mio padre quando mi sentii entrare nel suo ufficio.
<<Veramente ero venuto per un'altra cosa>>, gli dissi mentre mi sedevo sulla sedia di fronte la sua scrivania.
Lasciò perdere i suoi fogli su cui stava lavorando per prestarmi maggior attenzione. <<Dimmi pure>>.
<<È successa una cosa grave>>.
<<Cos'è successo?>>, mi chiese perplesso.
<<Durante l'ora di educazione fisica una ragazza ha colpito volontariamente un'altra, dev'essere punito quest'atto>>.
Era pensieroso. <<Su questo hai ragione, certi atti non sono tollerati in questa scuola. Se mi dici chi è questa ragazza convocherò i suoi genitori e le darò un provvedimento disciplinare>>. Cosa? Non aveva intenzione di espellerla?
<<Non verrà espulsa?>>, chiesi incredulo.
<<No, le darò solo un avviso per il momento ma se ricapiterà verrà espulsa>>.
<<Ma...>>.
<<Niente ma Sam, queste sono le mie regole>>. Almeno era già qualcosa.
<<Va bene>>.
Armeggiò col suo pc per poi passarmelo. Scorrei le varie foto degli studenti della mia classe alla ricerca di quella tipa, prima però notai la foto di Elle. Era indecente, era conciata come il primo giorno di scuola: divisa troppo grande, con le trecce e gli occhiali. Dovevo provvedere anche a questo. Finalmente trovai la foto incriminante. Non solo era colei che aveva colpito la mia Elle ma era anche quella che aveva osato rivolgermi la parola nello spogliatoio. Me l'avrebbe pagata. Anche se papà voleva solamente punirla io le avrei fatto patire le pene dell'inferno.
<<Eccola, è lei!>>. Voltai il pc per mostrare la foto a mio padre.
<<Bene, domani mattina parlerò con i suoi genitori>>.
<<Va bene, ovviamente non dire che c'entro qualcosa>>.
<<Come vuoi, Sam>>. Si mise ad armeggiare col pc.
<<Ti spiace se prendo i compiti per casa e dei moduli per le lezioni extra?>>.
<<Vuoi riprendere a disegnare?>>, mi chiese mentre era concentrato su ciò che stava facendo.
<<Perché no>>.
<<Lascia stare allora, ci penso io>>.
<<No, mi servono i fogli>>.
<<Come vuoi>>. Mi lanciò un'occhiata sospettosa.
Visto che ciò era fatto, dovevo tornare da Elle, le avevo promesso che l'avrei protetta dalla sua matrigna e dal suo così detto padre. Prima però volevo fare qualcosa di speciale per lei, per tirarla su. Ma cosa le poteva piacere? Lei non voleva che spendessi tanti soldi per lei, ma soprattutto che non esagerassi. Però volevo farle un regalo romantico. Che papà potesse aiutarmi? <<Senti, cosa piace alle ragazze?>>.
Alzò lo sguardo dal suo pc per lanciarmi un'occhiata perplessa. <<A cosa devo questo interesse?>>.
<<Sai, uno dei miei soliti esperimenti>>, mentii.
<<Be', alle ragazze piacciono i trucchi e i bei vestiti>>. No, lei non era quel tipo di ragazza.
<<Intendo come regalo>>.
<<Quello che ho detto>>. Non mi era di gran aiuto, forse era meglio chiedere al dottor Clark. <<A tua madre però piacevano tanto i peluche>>. Bingo!
<<Ah sì?>>.
<<Sì, lei amava queste cose>>.
<<Interessante... Senti, io esco a fare un giro>>.
<<Va bene, non ti affaticare troppo però>>. Come mi irritata quando mi ricordava le cose, come se non lo sapessi già.
<<Sì, ok>>. Mi alzai dalla sedia senza discutere con lui perché non mi andava di guastarmi l'umore. Quando uscii dallo studio mandai un messaggio al mio autista.

Devo andare al centro commerciale.

Quando arrivai al centro commerciale, andai alla ricerca di un negozio che vendesse peluche. Anche se non ero mai stato in un centro commerciale ero sicuro che li vendessero, dopotutto avevano di tutto in questi posti.
Dopo aver camminato per un po', trovai il negozio che faceva al caso mio. Quando entrai venne ad accogliermi una giovane ragazza. Dovevo assicurarmi di essere gentile e di prestare maggiore attenzione, come voleva Elle.
<<Salve, posso esserle utile?>>, mi chiese cordiale.
<<Sì, vorrei regalare alla mia fidanzata un peluche>>. Mi faceva uno strano effetto dire: mia fidanzata. La cosa più strana era che mi piaceva.
<<Ha già in mente qualcosa?>>.
<<Ehm, niente di troppo grande ma abbastanza da poterlo abbracciare e coccolare>>. Che cosa imbarazzante da dire.
La ragazza trattenne una risata. <<Mi segua>>.
Mi condusse in un reparto dove c'erano dei peluche di media grandezza. Ne guardai un po', finché non mi cadde l'occhio su uno in particolare. Era un orso che mangiava del miele da un vasetto. Mi ricordava uno dei pigiami di Elle. Sì, era perfetto per lei. Lo presi per esaminarlo. Era abbastanza grande e morbidoso, le sarebbe piaciuto sicuramente.
<<Prendo questo>>.
<<Bene, vuole anche scrivere un biglietto>>. Perché no.
<<Va bene>>. Quando andai alla cassa la ragazza mi porse un semplice cartoncino ripiegato. Presi la penna e iniziai a scrivere.

Quando arrivai a casa di Elle non sapevo cosa aspettarmi ma dovevo proteggerla da quelle persone, era mio compito. Scesi dall'auto con lo zaino in spalla dirigendomi verso la porta suonando il campanello.
Dopo qualche minuto venne qualcuno ad aprirmi, e chi non era se non quella strega di una matrigna.
Appena mi vide assunse un espressione che mi disgustò. <<Ciao, vedo che ci hai ripensato>>. Ti piacerebbe.
<<No, sono venuto per studiare>>, le mostrai lo zaino.
<<Ah...>>.
<<Con permesso>>. La spinsi di lato con poca delicatezza.
<<Eleonora, c'è il tuo amichetto>>. Amichetto?
Appena vidi Elle spuntare dalla cucina fui sollevato, stava bene, almeno così mi sembrava. Le feci l'occhiolino mostrandole lo zaino. <<Ho portato i compiti, tutor>>. Mi fece la faccia da: ho capito il tuo piano diabolico.
<<Andiamo in cucina>>, mi disse conducendomi in cucina. Mi fece accomodare su uno sgabello posizionandosi accanto a me. Mi voltai per vedere che fine avesse fatto la strega. Era lì, sull'uscio della porta a osservarci a braccia conserte.
<<Quindi Eleonora è la tua tutor?>>, disse.
<<Ovvio, altrimenti non l'avrei chiamata tutor>>. La sentii ridere. <<Cosa c'è da ridere?>>. Era così fastidiosa.
Si avvicinò posizionandosi di fronte a noi. <<Adesso mi è tutto più chiaro>>.
<<Cos'è tutto più chiaro?>>.
<<Che un figo come te si sia avvicinato a una come lei>>, la indicò con insufficienza.
Volevo alzarmi per dirgliene quattro ma Elle mi diede un calcio negli stinchi. Mi conosceva troppo bene.
Presi un respiro prima di parlare. <<Be', lei è fin troppo per me. Non sono nulla in confronto a lei. Lei è unica e spiacile, così intelligente da confonderti e così bella da stravolgerti>>. Era rimasta basita. Bene, almeno aveva chiuso quella boccaccia. <<Adesso, se non ti dispiace, dobbiamo studiare>>. Mi lanciò un'occhiataccia per poi andarsene via nell'altra stanza lontano da noi.
<<Non avresti dovuto farlo>>, mi rimproverò Elle, anche se il suo ridacchiare la tradiva.
<<Cosa, elogiarti?>>. Assunse un'altra espressione divenendo seria e pensierosa. <<Per la cronaca, penso veramente quelle cose>>, le feci l'occhiolino.
<<Sai, quando fai così non so mai se fai sul serio>>, si lamentò.
<<È il mio scopo mandarti in confusione>>, ridacchiai.
<<Ho notato>>.
<<Piuttosto, ti ho portato i moduli per le lezioni extra e i compiti per casa che ti sei persa>>. Presi i fogli dallo zaino per consegnarglieli.
<<Grazie>>.
<<Per cosa, per averti salvata da quella strega>>.
Rise a quel soprannome. <<Sì, sei il mio eroe>>, mi sorrise.
<<Non c'è di che, principessa>>.
Sentimmo suonare il campanello, che ci fece voltare. Chi poteva essere? Speravo non la madre di Elle, non volevo che finisse nei guai a causa mia.
La strega andò ad aprire la porta ed entrò dentro casa un uomo che presumevo fosse il padre di Elle, erano due gocce d'acqua.
<<Chi è lui?>>, chiese quando mi vide. Probabilmente anche a lui non andava a genio che la figlia avesse un fidanzato.
Mi alzai per andarmi a presentare. <<Sono un compagno di sua figlia, mi fa da tutor>>. Gli allungai di malavoglia la mano per stringere la sua.
<<Quindi siete compagni, eh?>>. Accettò la mia mano che strinse con vigore, se credeva di intimorirmi si sbagliava di grosso.
<<Sì, signore. Ero venuto per portarle i compiti che si era persa per via del suo incidente>>, gli spiegai mentre ricambiavo la stretta di mano con altrettanta forza.
<<Posso parlarti in privato?>>. Oh no. Questo era il tipico comportamento da padre, cioè intimidire il presunto spasimante della figlia. Di certo con me non avrebbe funzionato, ma era sempre meglio recitare la mia parte.
<<Va bene>>.
Mi condusse in salotto per poi inchiodarmi al muro e avvicinarsi fin troppo a me e al mio viso in modo minaccioso. <<Sentimi bene, moccioso. Mia figlia non fa per te, è troppo giovane per avere un fidanzato, intesi?>>.
Gioca la tua carta Sam. <<Ma-ma... io sono gay, signore>>. Cambiò più espressioni in un attimo, da prima era stupito, poi era confuso e infine aveva un sorrisetto compiaciuto stampato in faccia.
<<Allora è tutto a posto>>, mi disse battendomi una mano sulla spalla. Avevo recitato da oscar.
Quando tornammo in cucina feci l'occhiolino a Elle lasciandola confusa, poi le avrei spiegato ciò che avevo combinato col padre.
<<Bene, visto che stai bene e sei in buone mani>>, mi guardò il padre riferendosi a me, <<noi andremo>>.
<<Va bene>>, disse Elle.
Senza salutare, lui e la moglie se ne andarono via.

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