Quando bussai alla sua porta, il dottor Clark, fu un'altra volta stupito nel vedermi lì, o semplicemente era la mia faccia sconvolta a provocargli quella reazione.
<<Sam, su entra>>. Ero sull'orlo della disperazione, mai provato niente del genere, neanche quando la dottoressa Grace mi aveva annunciato la mia imminente morte, o quando il nonno era morto lasciandomi solo. <<Ti vedo sconvolto, ti va di raccontarmi cos'è successo?>>.
<<Non lo so. Cioè sì, so cos'è successo ma è qualcosa che non mi so spiegare... è complicato>>.
Si mise più comodo sulla poltrona, era pensieroso. <<C'entra quella ragazza?>>, mi chiese con serietà.
<<Sì>>. Avevo la disperazione nella voce.
<<Cos'hai fatto?>>.
<<Sono andato nel posto dove ci siamo incontrati la prima volta, nella speranza di rincontrarla...>>.
<<Volevi rivederla?>>, mi chiese il dottor Clark interrompendomi. <<Sì, volevo che mi facesse i compiti, per valutare il suo grado di preparazione, voglio che sia il mio tutor...>>.
<<Perché vuoi che sia il tuo tutor?>>. Mi interruppe un'altra volta.
<<Per starle il più vicino possibile, così potrò capire cos'è questa cosa>>.
<<Cos'hai fatto dopo averla incontrata lì?>>.
<<Siamo andati a casa sua>>. Feci una pausa. <<L'ho osservata fare i miei compiti, era adorabile, poi mi è venuto sonno...>>. Perché ho detto che era adorabile? Ero un idiota.
<<E poi?>>.
<<Sì è seduta accanto a me e ha iniziato ad accarezzarmi i capelli, com'era successo a scuola>>. Chiusi gli occhi beandomi di quel ricordo. <<Lei non ha paura di me, anzi, mi sfida quando vuole ed è seccante>>. Adorabilmente seccante.
<<Come ti senti quando stai con lei?>>.
Come mi sento? <<Bene. Lei mi fa stare bene e mi fa scordare il resto, ogni cosa>>. C'è solo lei.
<<Ha un effetto positivo su di te, da quel che ho potuto notare>>, constatò il dottore, che avesse ragione?
<<Che cosa devo fare?>>.
<<Tu cosa vuoi fare?>>.
Io? Cosa volevo fare? <<Stare con lei...>>, dissi in un sussurro.
<<Allora sta' con lei>>.
<<Devo stare con lei?>>. E come?
<<Sì, inventati qualcosa>>.
<<Inventarmi qualcosa...>>. Sì, potevo farlo. Mi alzai e andai via da quella casa senza salutare.
Dovevo fare qualcosa per lei, ma cosa?
Durante la notte mi venne una straordinaria idea, così mi alzai molto presto per organizzare il tutto. Chiesi alla mia cuoca personale, che si occupava della mia alimentazione, di preparare della frutta e dei tramezzini. Durante la notte avevo pensato di organizzare una specie di picnic nella mia stanza segreta. Avrebbe gradito? E poi, avrebbe acconsentito?
Prima di entrare in classe, avevo chiesto a qualcuno di portare nella stanza segreta ciò che aveva preparato la mia cuoca, cosicché Elle, avesse trovato tutto pronto.
Da dove mi era spuntato fuori quel soprannome?
Mi accomodai nel mio posto e l'aspettai con ansia. Quando entrò in classe, rimase stupita nel vedermi lì che l'aspettavo. Si diresse nel suo posto impettita. Mi piaceva quando faceva così, era buffa e adorabile.
<<Allora, ti chiami Eleonora, eh?>>, le chiesi.
<<Sì>>. Era seccata da me e non mi guardava.
<<Mm... è troppo lungo come nome, da adesso ti chiamerò Elle... sì, mi piace>>. Era la prima ragazza alla quale davo un soprannome, che strano. Continuava a ignorarmi ed era assorta nei suoi pensieri. Avrei dato di tutto per ascoltarli.
<<A che pensi?>>, le chiesi in un sussurrò mentre il professore d'arte spiegava la sua lezione. Continuò a ignorarmi, ma non mi diedi per vinto. <<Allora?>>. Visto che continuava a ignorarmi, decisi di punzecchiarla con la matita. Era divertente e vedevo che era irritata da me ma faceva finta di niente. Continuai per un po' a darle fastidio, ma non mi diede retta, così decisi di fare un pisolino. Ero così stanco.
Sentii un rumore alla mia destra che mi fece destare dal torpore. Non avevo dormito tanto bene, aspettavo la sua carezza che non era arrivata. Sentivo un vuoto dentro di me, non capivo il perché. Quando aprii gli occhi la vidi che riponeva le sue cose nella sua cartella. Quanto avevo dormito? Stava per andarsene via, prima che mi potesse sfuggire, l'afferrai per un braccio. Un'altra volta sentii quella strana scarica elettrica.
<<Cosa c'è?>>, mi chiese seccata.
<<Dove vai?>>.
Alzò gli occhi al cielo. <<Vado alla mensa, è ora di pranzo, se non te ne fossi accorto>>. Nella sua voce c'era una punta acida che ignorai.
Mi misi seduto come si deve e guardai l'ora nell'orologio da polso che mi aveva regalato mio nonno. <<Sì, è ora di pranzo>>, constatai. La guardai per un po', cercando il coraggio di invitarla a pranzare con me. <<Pranziamo insieme>>, le dissi con voce decisa e ferma ma in realtà ero nervoso.
<<Cosa?>>. Era stupita, del resto anch'io lo ero, non era da me fare una cosa del genere.
<<Pranziamo insieme, ho fatto preparare qualcosa anche per te, spero che ti piaccia tutto>>. Feci una pausa aspettandomi una sua brusca reazione che non arrivò, quindi proseguii, <<Vieni, andiamo in un bel posto>>. Mi alzai dalla sedia dirigendomi verso l'uscita, quando fui arrivato davanti alla porta, mi accorsi che era rimasta lì dov'era e come al solito aveva la bocca aperta. <<Allora, vieni o no?>>. Chiuse la bocca e fece come le fu detto. Ci voleva una gran pazienza con quella ragazza.
La condussi nel mio posto segreto, dove mi rifugiavo nei momenti di noia o per altro. Entrammo in una piccola stanza con due librerie ai lati e una posta di fronte a noi, mi diressi in quest'ultima. Spostai la libreria di lato per rivelare la mia stanza segreta.
<<Allora ci sono davvero dei passaggi segreti>>, esclamò Elle ad alta voce.
Cosa? Mi voltai verso di lei stupito da ciò che aveva appena detto. Era buffa come sempre. <<Vieni>>. Ero divertito da lei.
Entrammo nella stanza segreta. Ero nervoso e il mio cuore faceva i capricci, la dottoressa Grace non avrebbe gradito se lo avesse saputo.
La stanza era come sempre, circolare, con il gran tappeto, i miei comodi cuscini, dove facevo i miei soliti pisolini. La mia libreria era dove l'avevo lasciata l'ultima volta, con i miei adorati libri che mi facevano fuggire dal mio mondo che tanto detestavo. La frutta fresca tagliata alla perfezione, i tramezzini e il succo erano stati messi con cura su un vassoio posto sul tappeto come avevo richiesto, era tutto perfetto, speravo che gradisse tutto, ma soprattutto, il mio gesto.
Quando la guardai, notai che c'era qualcosa che non andava in lei. <<Cosa c'è?>>, le chiesi.
<<Niente>>, mi disse in un bisbiglio. Sapevo che non era così ma decisi di ignorare la cosa, almeno per il momento.
<<Siediti>>, le ordinai indicandole di accomodarsi su un cuscino.
Ubbidiente fece come le fu detto. Mi accomodai di fronte a lei per guardarla. Mi piaceva guardarla.
Restò in silenzio, che fosse intimidita da me? <<Mangia>>, le ordinai per l'ennesima volta.
<<Chi mi dice che non ci hai messo qualcosa di strano?>>.
Era esasperante. <<Imboccami, così capirai che non ho messo niente nel cibo. Non ti avveleno, tranquilla, non è nel mio stile>>. Titubante prese un pezzo di ananas, si avvicinò con timore a me imboccandomi. Che cosa imbarazzante. Sperai tanto di non esser diventato tutto rosso. Notai che anche lei era imbarazzata. <<Visto, non è avvelenato il cibo>>.
Prese un tramezzino che gustò con piacere. Bene. Ne presi uno anch'io che divorai in un attimo, ero affamato e sollevato allo stesso tempo.
Continuava a ignorarmi, guardava ovunque tranne che me, era così frustrante. Volevo che mi guardasse, mi piacevano i suoi occhi grigi.
<<Allora, a cosa devo tutto questo?>>, mi chiese all'improvviso.
<<Tu sei mia>>, le dissi quelle parole come a confermarle sulla pietra, <<Perciò ti devo nutrire come si deve, e poi, non mi piace condividere le mie cose con gli altri, così ti ho portata qui>>.
<<Io sarei tua?>>, mi chiese in un sussurro.
<<Sì>>. Ogni parte di me lo voleva, ma lei?
<<Perché?>>.
Mi spuntò un mezzo sorriso, guardai per terra per un istante in cerca delle parole giuste. <<Ho sempre ottenuto ciò che voglio e desidero, nessuno me lo ha mai negato>>. E questo era vero, ma non avevo mai desiderato niente così ardentemente come lei in quel momento. <<Adesso voglio te>>.
<<Mi confondi>>.
<<È il mio scopo>>.
Batté le palpebre, era confusa e frastornata o stava svenendo dalla fame? <<Mangia>>. Non volevo che svenisse.
<<Non ho fame>>.
Bambina monella. <<Non hai quasi toccato cibo però, sei a dieta per caso? Vedi che non ne hai bisogno>>. Dalla sua espressione il mio commento non fu gradito, tipico. <<Ok, come non detto, almeno sdraiati e mettiti a dormire>>. Mi guardò storto per poi ignorarmi per l'ennesima volta. <<Sei una seccatura>>. Ero irritato da lei, più che altro dal suo comportamento.
Mi sdraiai mettendomi a dormire su un cuscino. Ero stufo del suo comportamento infantile.
Aspettai con ansia il suo tocco delicato che non arrivò per l'ennesima volta, lo desideravo tanto, che cosa aspettava? Decisi di aprire gli occhi e vedere cosa stesse facendo. Aveva in mano uno dei miei libri, lo guardava con occhi sognanti.
Quando si accorse che la stavo fissando, le chiesi: <<Ti piace leggere?>>.
Fu stupita dalla mia domanda. <<Sì, la lettura è tutto per me>>.
Le indicai di avvicinarsi a me, volevo saperne di più, tutto di lei mi incuriosiva. Con titubanza eseguì il mio l'ordine.
<<Perché leggi?>>, le chiesi.
<<I libri sono i miei unici amici, quando mi sento sola e triste leggo e tutto passa, quando leggo è come se facessi parte della storia>>.
Era come me, che avessimo qualcosa in comune? Il punto era, se dovevo condividere questa cosa con lei.
<<Io leggo per scappare dalla mia realtà, dal mio mondo>>.
<<Perché scappi?>>.
Se sapessi, proveresti solo pietà per me e io non voglio. <<È complicato...>>.
<<Spiegami allora>>.
Com'era insistente. <<Non devi sapere i miei fatti, nessuno li deve sapere>>. Irritato mi misi a sedere per guardare l'ora, ed era tardi. <<Dovresti andare, l'ora è quasi finita>>.
<<Sì, andiamo a lezione>>.
<<No, solo tu, io devo fare una cosa>>. Dovevo raccontare tutto al dottor Clark. Non si decideva ad andarsene, era seccante quando non mi ubbidiva. <<Ho detto va'!>>. Andò via lasciandomi solo e con un senso di vuoto nel petto che mi opprimeva.
Entrai in modo brusco nel studio del dottor Clark andando a sedermi in modo poco delicato sul divano. <<Ho organizzato una specie di picnic nella mia stanza segreta>>.
<<Anche per me è un piacere vederti, Sam>>.Lo guardai in cagnesco, quel gesto lo face impallidire. <<Cos'è successo in quella stanza?>>.
Presi un gran respiro e iniziai il mio racconto. <<Le ho detto che è mia>>.
<<Ed è questo quello che vuoi, Sam?>>.
<<Sì, dev'essere solo mia>>.
<<Perché?>>. La domanda mi spiazzo, non avevo pensato a questo. Perché volevo che fosse solo mia?
<<Perché la desidero>>.
<<Perché la desideri?>>. Un'altra domanda spiazzante.
<<Non lo so...>>. La mia voce era un sussurro.
<<Capisco... che altro è successo in quella stanza che ti ha sconvolto così tanto?>>.
<<Tante cose>>. Feci una pausa ripensando a quei momenti, poi proseguii, <<Ho fatto preparare qualcosa da mangiare per entrambi, non fidandosi di me mi sono fatto imboccare da lei, è stato... imbarazzante>>.
<<Che altro?>>.
<<Non si fida molto di me, credo che abbia una brutta considerazione di me, probabilmente. Non fa che ignorarmi di proposito, è seccante quando lo fa, ma stranamente mi piace>>.
<<Altro?>>, mi chiese curioso come al solito.
<<Sì. Mi sono messo a dormire aspettando il suo tocco, oggi non l'ha fatto, lo desideravo così tanto...>>. Sospirai per la frustrazione.
<<Sam?>>, richiamò la mia attenzione.
<<Sì?>>. Sembrava seccato.
<<Perché non chiedi e basta? Di solito quando si vuole qualcosa si fa così, e poi, tu ottieni sempre quello che vuoi, dico bene?>>. Aveva ragione, ma con lei era diverso, tutto lo era.
<<Sì, però...>>.
<<Però cosa?>>.
Lo guardai per qualche attimo in cerca di una risposta. <<Con lei è diverso...>>. La mia voce era un'altra volta un sussurro.
<<Perché, cos'ha lei di diverso?>>.
Tutto. Lei non era come gli altri, di certo era migliore. <<È speciale>>.
<<Hai paura, Sam?>>.
Che domanda era!? Io non avevo paura di niente, benché meno della morte o di una qualunque ragazza. No! Lei non era una ragazza qualsiasi, era diversa dalle altre, unica. Che avesse ragione il dottor Clark?
<<Non lo so...>>. Era frustrante.
<<Sam, va' da lei e chiedi>>.
<<Tutto qui?>>. Mi guardò annuendo.
Mi alzai per tornare in classe, come al solito non salutai.
Quando entrai in classe constatai che c'era quell'idiota di insegnante di storia. Che seccatura. Ignorandolo mi diressi verso il mio posto ma mi bloccai di colpo. Lei non c'era, non era al suo posto. Dov'era!?
<<Dov'è la nuova alunna?>>.
<<Oggi non c'è a quanto pare>>, mi informò quell'idiota di storia. Mi voltai verso quell'idiota di insegnante di storia e lo guardai in modo truce. Neanche si era accorto che una delle sue alunne era sparita. Uscii dalla classe come una furia.
Poco probabilmente si era persa. Che idiota che ero stato! In fondo sapevo che aveva uno scarso senso dell'orientamento e quest'immensa scuola non le facilitava le cose. La cercai in lungo e in largo, finché non la trovai. Che sollievo. Era rannicchiata per terra con il capo poggiato sulle ginocchia, probabilmente stava piangendo. No! Una strana sensazione sconosciuta mi attanagliò la gola come a volermi soffocare. Corsi da lei. <<Hey, ti ho trovata!>>. Alzò il capo dalle ginocchia per guardarmi. Non riuscii a decifrare la sua espressione ma era evidente che avesse pianto. Era tutta colpa mia. Avvicinandomi a lei mi inginocchiai e le porsi il mio fazzoletto che estrassi dalla tasca dei pantaloni. <<Mi ero dimenticato il tuo scarso senso dell'orientamento, non trovandoti in classe sono corso a cercarti>>. Sono un emerito idiota.
<<Tranquillo, tanto ci sono abituata a essere invisibile>>, mi disse mentre si asciugava le lacrime con il mio fazzoletto. Non riuscii a capire il senso delle sue parole, decisi di non chiedere.
Mi alzai e le porsi la mano. <<Andiamo>>. Titubante accettò la mia mano e si fece condurre da me verso la nostra aula, anche questa volta quel contatto mi diede una scarica elettrica.
Entrammo in classe come se nulla fosse, in genere facevo sempre così. Era nervosa e la causa di tutto ciò ero io. Mi dava una strana sensazione renderla nervosa, ma ancora dovevo definire questa cosa che sentivo. In genere sapevo tutto ed ero controllato ma questa ragazza mi confondeva, con lei era come camminare al buio.
Quando mi accomodai, il professore continuò la sua spiegazione. Era noioso come al solito, con la sua parlata strascicata e il suo fare da lumaca, mai conosciuto insegnante così, e ne avevo fatti scappare parecchi. Era giunto il fatidico momento di dire al professore di storia del mio nuovo tutor, era lui che se ne occupava.
<<Professore!>>, richiamai la sua attenzione. Si interruppe dal suo ciarlare e mi guardò, credo con terrore.
<<Sì?>>. Inghiottì un groppo di saliva.
<<Voglio...>>, feci una pausa per intimorirlo ancor di più e ci riuscii, poi proseguii, <<un tutor>>.
Si rilassò visibilmente. <<C-certo, scriverò la richiesta per un tutor per lei>>.
<<No, non voglio un esterno, voglio uno studente>>.
<<M-ma certo... ha delle preferenze?>>. Si asciugò il sudore dalla fronte con un fazzoletto.
<<Sì, la nuova arrivata>>. Sentii un mormorio generale, l'insegnante mi guardò basito ed Elle... come al solito, restò a bocca aperta. Proseguii il mio discorso, <<Ho constatato, io stesso, che la nuova arrivata è ben preparata, così, ho deciso che sarà la mia nuova tutor, credo che mio padre ne sarà contento>>.La carta di mio padre funzionava sempre e quando ne avevo bisogno l'utilizzavo.
Il professore era rimasto a bocca aperta. <<Certo, come desidera>>, disse, ritrovando la parola e il contegno.
<<Bene. Adesso...>>. Il professore sgranò gli occhi ed Elle trattene il respiro. <<voglio che qualcuno venga qui e avvicini il mio banco con quello della mia tutor>>, ordinai. Tutti si alzarono per spostare il mio banco. Che leccapiedi, in quel momento mi irritarono come non mai.
Quando i nostri banchi furono vicini, mi appoggiai a esso e l'osservai. Era nervosa e faceva di tutto per non guardarmi, era carina però. Volevo che mi toccasse ma in quel momento non potevo, gli occhi di tutti erano puntati su di noi, magari più tardi.
Le lezioni proseguirono noiosamente come al solito, soltanto che adesso non ero andato via come al solito, no, dovevo restare e resistere per lei. Non volevo allontanarmi da lei, era qualcosa di nuovo e inspiegabile per me. Quando la guardavo mi sentivo strano, il mio cuore faceva i capricci ma era sotto controllo, anche il mio stomaco faceva i capricci. Non capivo cosa mi stesse succedendo, ma soprattutto, che cosa mi stava facendo questa ragazza così misteriosa?
Finalmente le lezioni finirono. Senza degnarmi di uno sguardo, Elle ripose le sue cose ordinatamente per poi alzarsi e andarsene via. Mi alzai e la seguii. Sapevo che si era accorta della mia presenza, la sua camminata era rigida.
<<Per quanto tempo continuerai a ignorarmi?>>, le chiesi richiamando la sua attenzione, ma continuò a ignorarmi. La seguii fino alla fermata dell'autobus. Andava a casa in autobus? Nessuno degli studenti lo faceva, erano tutti ricchi e tornavano a casa con i loro autisti nelle loro costosissime auto, anch'io lo facevo. Ora che ci pensavo... la sua casa non era un granché, non era da persona molto ricca, come si poteva permettere la retta scolastica? Che papà le avesse dato una borsa di studio? Era possibile, ma da noi non si dava in genere, magari era una ragazza molto intelligente, probabilmente era così. Comunque sia, non mi piaceva che prendesse l'autobus tutta da sola, era indifesa e poteva incontrare qualcuno di losco che le poteva far del male. Presi il mio telefono per mandare un messaggio al mio autista per scrivergli di venire a prendermi dicendogli dov'ero, tanto avevo già previsto di accompagnarla a casa. <<Quindi prendi l'autobus tutti i giorni?>>, le chiesi. Niente, continuava a ignorarmi, ne avevo abbastanza del suo comportamento infantile. La presi per un braccio per attirarla a me, i nostri corpi erano come fusi insieme, riuscivo a percepire il calore del suo corpo che si scaldava sempre più e i battiti del suo cuore, erano accelerati. Puntai i miei occhi nei suoi, per un attimo mi ci persi, con fatica tentai di ritrovare la mia lucidità. <<Ci tieni così tanto a farmi innervosire?>>. Continuava a non parlarmi. <<Tu sei mia, mi appartieni... non devi ignorarmi, hai capito?>>. La mia voce era un sibilo. Alla mia domanda annuì semplicemente, era come frastornata, che stesse poco bene? <<Stai bene?>>. Cercai di mantenere un tono pacato ma ero preoccupato per lei, era una novità per me.
<<Sì...>>. La sua voce era poco meno che un sussurro. Ora si che ero davvero preoccupato.
Prima che riuscissi ad aprire bocca e dire qualcosa, sentii il clacson che mi annunciava l'arrivo del mio autista. Che tempismo.
<<Ti accompagno a casa>>, le dissi. Cercò di ribattere ma la fulminai con lo sguardo.
Il mio autista ci aspettava tenendoci lo sportello dell'auto aperto. La feci entrare per prima e io dopo di lei.
Era nervosa. <<Ti accompagno a casa>>, le ripetei.
<<Va bene>>, mi disse rassegnata.
<<Tornerò nel pomeriggio>>, le annunciai. Mi guardò allarmata. <<Sei il mio nuovo tutor, dobbiamo studiare insieme>>.
<<Già, vero...>>. C'era qualcosa che non andava in lei.
<<Qualcosa non va?>>. Non mi rispose. Mi esasperava questa ragazza. <<Chiedi pure, non mi arrabbierò, basta che parli con me, non mi piace essere ignorato>>.
<<Perché proprio io?>>. Che strana domanda, non capivo cosa volesse intendere. <<Non capisco>>.
Sospirò. <<Perché ce l'hai con me?>>.
<<È questo quello che pensi, che ce l'ho con te?>>.
<<Non so, dimmelo tu>>. Era preoccupata, finalmente capivo cos'avesse.
<<Non ce l'ho con te>>. Si rilassò. <<Mi serve un tutor, tutto qui, e tu mi sembri più intelligente della maggior parte degli studenti, sennò di tutti, compresi gli insegnanti>>.
<<È questo quello che pensi di me?>>.
<<Sì>>, le dissi guardando fuori dal finestrino, eravamo quasi arrivati a casa sua. Quando ci fermammo mi guardò stupita ma non disse nulla, sapevo cosa volesse chiedermi. Ebbene sì, mi ricordo dove abiti.
<<Ci vediamo fra due ore>>.
Mi guardò per qualche attimo, mi beai di quel sguardo, poi mi disse: <<A dopo>>. Uscì dall'auto e senza voltarsi si diresse verso la sua abitazione. Già mi mancava.
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Tu Sei La Mia Vita
RomanceSam, un ragazzo transessuale alla quale restano pochi mesi di vita. Tutto questo non lo sa nessuno, solo il suo medico di fiducia e suo padre. Egli proviene da una famiglia molto ricca, fondatrice di una scuola prestigiosa e ambita da tutti. Un gio...