Quando lo sentii sbattere la porta di casa mi precipitai verso l'armadio per cercare qualcosa da mettermi. Il problema era: cosa mettere!?
Calma Eleonora, devi solo uscire con lui, che sarà mai. Be', mi stava portando in un ristorante di lusso, cosa sarà mai mi chiedevo. Mi uscì una risata nervosa. Ero pazza. Lui mi rendeva pazza. Lui mi sconvolgeva l'esistenza e non stavo facendo niente per impedirlo e anche se avrei voluto negarlo fino alla morte sapevo che quello che lui faceva, Sam lo psicopatico, mi piaceva. Mi piaceva perché mi faceva sentire come non mai. Non più la ragazza che veniva notata per la sua scialbezza, per il suo essere fuori moda o per la sua goffaggine, no, lui mi notava per altro. Lui mi prestava attenzioni, attenzioni che nessuno aveva mai avuto nei miei confronti e questo mi piaceva, mi piaceva in un modo che ancora non sapevo spiegarmi. In realtà non sapevo spiegarmi cosa lui mi facesse, mi provocasse. Lui era il mio ignoto. E adesso ero super agitata e non sapevo come considerare questo pranzo fra noi due. Un appuntamento? No, sapeva troppo di americano. La nostra vera prima uscita? Sì, così suonava bene ma lui non mi voleva, non mi vorrà mai, era inutile che mi facessi delle illusioni. Lui non mi amerà mai. Mi accasciai in ginocchio sul pavimento. Sentivo un peso sul petto, come se mi mancasse l'aria. Non respiravo. Che cosa mi stava succedendo? Avevo solo voglia di piangere e non sapevo neanche il perché ma dovevo riprendermi, lui sarebbe tornato a momenti e se mi avesse trovata ancora in divisa mi avrebbe uccisa. Meglio non farlo arrabbiare. Rabbrividii al solo pensiero. Mi alzai dal pavimento per prendere un vestito dall'armadio che pensavo gli potesse piacere, almeno credevo. Con malavoglia andai nel bagno di mia madre per prepararmi. Avevo scelto un vestito blu notte che mi fasciava il corpo mostrando le mie forme e curve, aveva delle spalline larghe -ringraziai ogni divinità esistente per il fatto che la scollatura non fosse troppo eccessiva- nonostante ciò era carino, non su di me però. Non sistemai né i capelli e nemmeno il trucco, visto che oggi Sam mi aveva portata da una professionista. Era ancora in surreale guardarmi, non sembravo più io anche se sapevo che quella ragazza riflessa nello specchio ero io. Sbuffai e uscii dal bagno. Non volevo più guardarmi. Scesi in soggiorno per aspettarlo ma mentre scendevo le scale sentii suonare il campanello. Corsi ad aprire e ciò che vidi mi lasciò senza fiato. Lui era da mozzare il fiato, più del solito, s'intende. Come sempre era vestito di nero, era elegante ma al tempo stesso trasgressivo, con la sua camicia nera con le maniche arrotolate a far intravedere i suoi avambracci perfetti. Come suo solito teneva la giacca dietro le spalle per darsi un aria di superiorità, e questo, anche se odiavo ammetterlo, mi faceva impazzire. Si era anche pettinato in modo diverso, non portava più il ciuffo acconciato in modo ribelle ma perfetto, erano in ordine e tenuti ben fermi all'indietro, gli stavano bene. Anche con degli stracci sarebbe stato bene e bellissimo.
Si schiarì la voce destandomi dai miei pensieri poco seri. <<Hai ancora intenzione di guardarmi come un ebete e restare lì impalata o vuoi andare a pranzo? Non so te, ma io ho fame>>, si lamentò. Come al solito avevo fatto una gran figuraccia e sarei pronta a scommetterci, che in questo momento ero diventata rossa dall'imbarazzo. <<Andiamo>>. Si voltò per dirigersi verso la sua auto, notai che oggi era un'altra, era un'Audi nera con i finestrini oscurati. Mi chiusi la porta alle spalle per raggiungerlo. Come al solito mi tenne lo sportello aperto con galanteria. Quando si accomodò acconto a me si avvicinò al mio orecchio per sussurrarmi: <<Questo vestito ti sta benissimo, sei da mozzare il fiato, approvo la scelta>>. Le sue parole e il suo respiro caldo e al dolce aroma di cioccolata mi provocò brividi in tutto il corpo, avevo la pelle d'oca. Che mi stava facendo?
Mi voltai per ringraziarlo... mai fatto errore più grande. Eravamo a un passo da un bacio, in nostri nasi si sfioravano, i nostri respiri caldi si infrangevano fra loro e i nostri occhi si incontrarono. Credetti di morire in quel momento, non in modo atroce e spaventoso, no, quel contatto con lui aveva fatto perdere dei battiti al mio cuore per poi pompare il sangue nelle vene in modo frenetico, per un attimo credetti anche di svenire. Lui come risposta non staccò lo sguardo dai miei occhi, era così intenso, amavo quando mi guardava così, mi perdevo in lui. Purtroppo chiuse gli occhi e sospirò facendo dissolvere quel strano ma magnifico momento fra noi.
Si voltò rivolgendo lo sguardo fuori dal finestrino. <<Ti va bene un ristorante vegetariano?>>, mi chiese con uno strano tono di voce che non riuscii a decifrare.
<<Va benissimo>>. Quasi mi stupii della mia voce, era uscita in uno strano sussurro un po' roco.
Che mi prende? Ricomponiti Eleonora.
Quando arrivammo, tanto per cambiare, mi sentii fuori luogo, quel posto era fin troppo lussuoso ed elegante per me. Chissà quanto costerà un piatto, sicuramente il piatto sarà più grande della portata e me ne andrò via con più fame di prima. Amavo i piatti stra pieni e mangiare.
Ci accomodammo in un tavolo appartato che Sam aveva prenotato in precedenza e con galanteria mi costò la sedia per farmi accomodare. Oggi era davvero gentile, meglio tenere i sensi ben allerta, uno psicopatico può attaccare quando meno te lo aspetti.
<<Ho già ordinato in precedenza cosa mangiare>>, mi comunicò quando si sedette. Cosa? Come si permetteva a ordinare per me. E poi, da quando si ordinava prima? <<vedrai, ti piacerà>>. La sua espressione era seria ma sapevo che aspettava una mia contromossa, così non feci niente per dispetto.
<<Vieni qui spesso?>>, gli chiesi per cambiare argomento e non stare al suo subdolo giochetto.
<<Qui è dove ho mangiato meglio, certo, la mia cuoca personale cucina meglio ma è meglio non dire questo allo chef>>. Era una sottospecie di battuta la sua? <<Tu sei vegetariana?>>, mi chiese.
<<Mia madre è vegana, e anche se sono carnivora lei mi costringe a mangiare sano e tante verdure>>. Per un certo momento credetti di vederlo sorridere, forse era colpa delle luci del ristorante che mi giocavano un brutto scherzo. <<E tu?>>, gli chiesi.
<<Seguo una dieta particolare, priva di grassi e con molto Omega3>>. Era per questo che aveva una cuoca personale? E poi perché seguiva questa dieta? Che c'entrasse il suo cuore? Anche se non me lo diceva avevo capito che il suo cuore aveva qualcosa che non andava, dopotutto ero figlia di una cardiologa e avevo letto qualche suo libro di medicina.
<<Dunque tua madre è vegana, non vuole che indossi profumi, che porti ragazzi a casa, che altro ancora?>>, mi chiese curioso mentre il cameriere ci portava i nostri piatti. Sembrava un omogeneizzato verde con qualcosa di aliene messo su. Ne presi una cucchiaiata sperando di non morire sul posto e come ciliegina sulla torta, cadere stecchita con la faccia spiaccicata sul piatto, che bella fine. Presi coraggio e assaggiai. Con mia sorpresa era buono. Mai giudicare qualcosa dall'apparenza. Avrei dovuto farlo anche con lui? <<Allora?>>. Per un momento credetti di morire di infarto, ero così assorta dai miei pensieri da essermi dimenticata della sua domanda.
<<Ehm... lei ha il suo modo di fare e le sue regole>>, mi mossi a disagio sulla sedia.
<<E a te piace?>>, mi chiese mentre gustava ciò che aveva nel piatto, qualcos'altro di identificabile come il mio.
<<Lei è mia madre>>, risposi non sapendo cosa dire.
<<Quindi ti fai sottomettere>>. Non era una domanda la sua ma un'affermazione.
<<Non è così>>.
<<Ah no? Allora spiegami>>.
Non seppi che rispondere, in fondo sapevo che in un certo senso avesse ragione. Negli anni avevo fatto sempre ciò che gli altri mi dicevano di fare e imponevano, io mi adeguavo e basta. <<Dovresti importi, dire la tua e farti valere, la vita è la tua non la loro, e se sbagli, perché sì, sbaglierai, da quegli errori imparerai qualcosa, solo così potrai crescere e maturare per diventare una donna indipendente>>. Non credevo che quelle parole fossero uscite da lui ma così fu.
<<Hai ragione>>. Sì, aveva perfettamente ragione, però avevo imparato ad adeguarmi e perdere certe abitudini era difficile.
<<Come sempre>>, commentò. Com'era irritante quando faceva così. Mi guardò per qualche istante prima di riposare lo sguardo sul suo piatto. <<Qualche volta dovresti dirle di no, che non ti va bene, lo hai mai fatto?>>. Non l'avevo mai fatto, non che ne avessi avuto l'occasione, visto che avevo vissuto con mio padre.
<<No, non che la vedessi molto mia madre prima di trasferirmi da lei>>, puntualizzai.
<<Che tipo è tuo padre?>>.
Non mi piaceva parlare male degli altri ma con lui c'era solo da parlar male, purtroppo, nonostante fosse mio padre.
<<Non c'è molto da dire...>>. Osservai il mio piatto che oramai era vuoto e avevo ancora più fame di prima.
<<Questa risposta dice tutto>>.
<<Tutto cosa?>>, gli chiesi osservandolo con attenzione.
<<Che non hai un bel rapporto con lui>>, sospirò, <<anche lui non è un tipo presente, non è così?>>. Come faceva? Era come se mi leggesse dentro. Sogghignò. <<A quanto pare ho indovinato>>.
Il cameriere tornò per portar via i nostri piatti vuoti.
<<Come fai?>>.
<<Ti leggo nel pensiero>>. Com'era odioso quando si prendeva gioco di me. Il cameriere tornò un attimo dopo con altri due piatti con delle pietanze più strane e aliene delle precedenti. Presi una forchetta e assaggiai. Anche questa volta era buono, ma decisamente poco. <<Essere intelligente mi rende molto intuitivo>>, mi disse destandomi dal mio piatto, <<in un certo senso riesco a leggere il linguaggio del corpo, ho letto anche dei libri al riguardo, sai per noia>>. Solo lui poteva leggere per noia dei libri sul linguaggio del corpo.
<<Capisco...>>.
<<Parlami un po' di lui>>.
<<Be', a lui importa solo della sua arte>>. Sentii gli occhi pizzicare mentre pronunciavo quelle parole.
<<Arte?>>.
<<Sì, lui è un artista famoso>>.
<<Adesso capisco>>, disse fra sé. Cos'era che aveva capito? <<Quindi tu vivevi con lui>>.
<<Sì, dopo il divorzio il giudice mi affidò a lui visto che economicamente se la passava bene e mia madre era ancora una studentessa>>, gli spiegai non sapendo del perché gli stessi raccontando tutto questo, in genere ero un tipo riservato, anche se nessuno si era mai interessato a me e alla mia vita, lui si però.
<<Perché ti sei trasferita da tua madre?>>.
Quante domande. <<Non mi andava di vivere con lui e la sua oc... nuova moglie>>.
<<Volevi dire oca per caso?>>.
Volevo sprofondare nel pavimento e scomparire, che imbarazzo. <<A quanto pare sì. Deduco che non ti sia troppo simpatica>>.
Non mi andava di parlare di lei, soprattutto del comportamento che aveva nei miei confronti. <<Possiamo parlare d'altro e smetterla di parlare di me?>>, gli dissi irritata.
<<Di che ti va di parlare?>>.
Cogli l'attimo Eleonora. <<Di te>>.
Assunse una strana espressione, sembrava che soffrisse. <<Non c'è niente da dire su di me, ti ho già detto tutto quello che c'era da sapere>>. Sapevo che stava mentendo.
<<Vuoi sempre che ti dica tutto però tu non lo fai con me>>.
<<Che intendi dire?>>.
<<So che hai un problema al cuore>>.
<<Non dire sciocchezze Elle, sta benissimo il mio cuore>>.
<<Smettila di chiamarmi così, non mi piace questo soprannome>>, sbottai non sapendo neanche il perché.
<<A me piace>>. La sua espressione era neutra.
<<Chissà a quante ragazze avrai dato un soprannome...>>.
<<Tu sei l'unica>>. Puntò i suoi occhi nei miei. <<Per me esisti solo tu, in un modo che ancora non mi so spiegare>>.
Il mio cuore perse un battito. <<Sam, dimmi la verità, il tuo cuore non sta bene, non è così?>>. Mi allungai per poggiare la mia mano sulla sua che era chiusa a pugno che ritrasse. Frustrata mi alzai per andare da lui e sedermi sulle sue gambe.
<<Non dicevi che era una cosa da fidanzati?>>.
<<Non diamo un etichetta a ogni cosa>>, gli sorrisi. Poggiai il palmo della mia mano destra sulla sua guancia, lui in risposta chiuse gli occhi sospirando.
<<Non posso dirtelo>>, mi disse riferendosi alla domanda che gli avevo posto prima di sedermi sulle sue gambe.
<<Perché no?>>.
<<Perché cambierebbe tutto fra noi, il tuo modo di comportarti con me e io non voglio, non lo sopporterei>>, sospirò, <<è così frustrante quando ti guardano con quell'aria preoccupata e ti dicono di non fare questo o quell'altro, come se già non lo sapessi>>. Aprì gli occhi per guardarmi, le sue pupille erano dilatate e le sue iridi erano di un blu scuro come la notte. <<Quando si è piccoli è ancora peggio>>.
<<Perché?>>, chiesi scioccamente.
<<Quando si è piccoli si ha voglia di giocare e correre e nessuno te lo impedisce... io non potevo correre>>.
<<E allora fa' un passeggiata>>. Sorrise alla mia risposta.
<<Con te?>>.
<<Se vuoi perderti, perché no>>.
<<Magari potremmo fare una passeggiata al chiaro di luna>>, mi disse mentre giocherellava con la spallina del mio vestito.
<<A me sta bene>>.
<<Elle?>>.
<<Dimmi>>.
<<Sei mia?>>. Mi guardò con intensità e fui persa.
<<Solo tua>>, sussurrai.
Sorrise e anch'io con lui.
<<Sam?>>.
<<Cosa c'è?>>.
<<Senza che lo chef lo venga a sapere, preferirei che la prossima volta mi portassi in un altro posto, sai, dove fanno piatti abbondanti>>.
Scoppiò a ridere. <<Una tavola calda andrebbe bene?>>.
<<Più che bene>>.
Tornai al mio posto e finimmo il pranzo con tranquillità.
Quando mi riaccompagnò a casa avevo una gran fame, avrei saccheggiato sicuramente la dispensa. Prima di aprire la porta di casa mi voltai per salutarlo. Ci guardammo negli occhi per qualche istante come facevamo di solito, stava diventando un'abitudine, una nostra cosa.
<<Magari stasera ti porto un hamburger, senza che tua madre lo venga a sapere>>, mi fece l'occhiolino.
Risi. <<Perché no, accetto volentieri>>.
<<Allora a stasera>>. Mi prese la mano sinistra per portarsela alle labbra e baciarla. <<Non vedo l'ora>>. Mi lasciò la mano lasciando in me un senso di vuoto per andare verso la sua auto e andar via. Già mi mancava.
Quando entrai in casa salii al piano di sopra per andarmi a cambiare, il vestito era scomodo e con queste scarpe mi facevano male i piedi, stranamente Sam non mi aveva procurato scarpe con dei tacchi vertiginosi, evidentemente sapeva che erano un attentato alla mia vita.
Mentre mi cambiavo sentii la porta d'ingresso aprirsi, che fosse Sam con un'altra copia della chiavi di casa?
<<Tesoro sono a casa>>. Mamma?! Che ci faceva a casa a quest'ora?
Mi vestii il più in fretta possibile per andare da lei ansimando. Ero fuori allenamento. <<Mamma>>, esclamai, <<non dovresti essere al lavoro?>>.
<<Non ti avevo detto che oggi tornavo prima?>>, mi chiese distrattamente mentre sistemava la spesa.
<<No>>.
<<Oh be', adesso lo sai>>, si voltò per guardarmi e rimase a bocca aperta. Che avessi dimenticato di indossare i pantaloni del pigiama? Mi diedi una rapida occhiata ma era tutto apposto.
<<Che c'è?>>, le chiesi confusa.
<<Sei... sei... wow Eleonora, sei fantastica!>>. Cosa?
<<Cosa?>>, chiesi ancora più confusa.
<<Ma guardati>>.
Alzai un sopracciglio confusa. <<Indosso il pigiama, cosa c'è di strano?>>.
Alzò gli occhi al cielo. <<Sto parlando dei tuoi capelli e del trucco, certo, non approvo che ti trucchi ma questo ti sta bene e ha un effetto naturale, mi piace>>.
<<Ah...>>. Mi ero completamente dimenticata del mio cambio di look.
<<Hai anche tolto gli occhiali, sei andata dall'oculista?>>.
<<Sì>>.
<<Stai bene, però non ti far avvicinare dai ragazzi>>, mi raccomandò ignara dell'esistenza di Sam.
<<Sta' tranquilla mamma>>.
<<Mi aiuti a sistemare la spesa?>>.
<<Ehm... veramente stavo studiando>>, mentii, in realtà dovevo correre in camera alla ricerca del mio telefono per avvisare Sam.
<<Oh certo, lo studio prima di tutto>>, mi sorrise, <<Ho comprato delle cose davvero buone, stasera ti cucinerò qualcosa di speciale>>.
<<Non vedo l'ora mamma>>. In realtà era una pessima cuoca ma non osavo dirglielo, un giorno di questi mi avrebbe avvelenato con uno dei suoi esperimenti culinari, n'ero certa.
Corsi in camera mia alla ricerca del mio telefono, per qualche strana ragione era sotto al letto.
Scrissi in fretta un messaggio a Sam.
Cambio dei piani. Mia madre si è dimenticata di dirmi che oggi tornava prima.
A che ora va a letto di solito?
Che risposta era?
Alle dieci.
Invia il messaggio senza capire il perché della sua domanda.
È una gallina?
La sua domanda mi fece ridere.
No, lavora solo tanto.
Per le undici sarò lì da te, non ti addormentare.
Era fuori di testa.
Ti porto l'hamburger.
Lo aspetto allora.
Sono geloso dell'hamburger, dichiarati colpevole.
Anche se aveva uno strano senso dell'umorismo mi faceva ridere.
Chiedo venia.
A stasera, conterò i secondi.
Anche se era poco o niente, il suo ultimo messaggio lo trovai dolce. Avrebbe contato i secondi che ci separavano. Non vedevo l'ora che fossero le undici.
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Tu Sei La Mia Vita
RomanceSam, un ragazzo transessuale alla quale restano pochi mesi di vita. Tutto questo non lo sa nessuno, solo il suo medico di fiducia e suo padre. Egli proviene da una famiglia molto ricca, fondatrice di una scuola prestigiosa e ambita da tutti. Un gio...