capitolo III

362 12 0
                                    

È mattina, mi sveglia la luce del sole che riflette sulle pareti della stanza.

Sono nel mio letto, con la giacca di Ken sulle spalle e sono ancora stordita. Mi alzo traballando, e vedo un bigliettino sul comodino. "Prendi questa. Sono andato via appena è tornata tua sorella, ti sei addormentata sul mio petto. Ehm e comunque è stata una bella serata. Ken." Mi scappa un ridicolo sorrisino e prendo l'aspirina che ha lasciato. Stella sta dormendo nel suo letto con John, ma fortunatamente sono vestiti. Mi getto nella doccia e l'acqua bollente rilassa piacevolmente i miei muscoli, ma ripensando a ieri sera avverto una strana sensazione che ribolle per tutta la spina dorsale.

Mi asciugo cercando di non svegliare i due piccioncini, ma a quanto pare, sono in cucina a fare colazione. Sono felice che mia sorella, più precisamente, la mia sorellastra, abbia una persona che si prenda cura di lei. Siamo diverse, abbiamo continui battibecchi, ma la voglio bene.

"Buongiorno." Brontola John con la bocca invasa dai cereali. Avverto uno strano odore di uovo bruciato e vedo Stella alle prese con la cucina.

"Buongiorno." Rispondo, rivolgendomi a entrambi. Sembra davvero disperata e mi scappa una risata, mi avvicino per aiutarla e alla fine riusciamo a preparare i pancake.

Mi è sempre piaciuto cucinare, ma mia madre era una frana, lo è tutt'ora. Quello che so fare l'ho imparato dalla televisione o dai corsi di cucina che ho frequentato al liceo. Stella sembra entusiasta del risultato e mi salta praticamente addosso.

<<Allora com'è andata ieri?>>Domanda con uno sguardo malizioso

<<Non farti strane idee.>> Sbuffo

<<Avete fatto la spesa vedo. Una vera e propria scorta.>>Sorrido come una scema ripensando a ieri, senza accorgermene neanche.

<<Già...>>Sussurro

<<Non dovevi chiedergli di restare Stella.>>

<<Ma io non l'ho fatto.>> I miei occhi si illuminano per un motivo sconosciuto. È restato per me? Avverto una strana sensazione nello stomaco e vorrei scacciarla.

John la guarda perplesso.

<<Oh...ehm...non dire che te l'ho detto.>> Stringe i denti.

Fortunatamente i corsi all'università inizieranno tra qualche giorno e posso rilassarmi un altro po'.

John la saluta e se ne va.

<<Kate oggi ho il turno al locale di pomeriggio, potremmo approfittare di questo tempo libero per dedicarci un po' a noi.>>

<<Cosa vorresti fare?>> Domando perplessa

<<Beh...c'è un centro benessere a pochi chilometri da qui, potremmo andarci. Sai, non ti farebbe male risanare il tuo aspetto.>> Ehm... Si sorella okay, non mi trucco, indosso vestiti il doppio della mia taglia, ma la mia pelle è curata. Inizia a ridere e credo mi abbia letto nel pensiero.

Allora adesso esco, ho un impegno, ci vediamo più tardi. Ci salutiamo e mi getto spensieratamente sul divano. Mi ritorna in mente Ken che mi porta in braccio per le scale, il suo petto profumato, il suo respiro pesante e...non so cosa mi prende. Non dovrebbe piacermi. Neanche a lui piaccio. Non è il mio tipo e io non sono il suo, ce lo siamo detti chiaramente. Cerco di risistemare la casa, ormai ci sono macchie di maionese ed olio dappertutto, i pop-corn sono ancora per terra, ci vorrà un miracolo. È molto strano che Stella rimani indifferente difronte a tutto questo disordine.

Dopo poche ore il disordine è finalmente scomparso. Apro il romanzo che avevo iniziato e noto una frase evidenziata che non ricordo di aver sottolineato. È vero, ho una mania per le citazioni, ma me lo ricorderei.

"Fa male pensare solo a se stessi, non t'accorgi delle cose belle." Cerco di cogliere il senso, ma fallisco. Il mio pensiero ricade su Ken, non credo abbia letto questo romanzo, ha esplicitamente detto che sono solo "stronzate". Ho uno strano diffetto: mi applico troppo per tutto. Ho sempre bisogno di sapere e di trovare razionalità in tutto. Per distrarmi decido di chiamare Louis, un mio amico con il quale sono rimasta in contatto. Non trovo il telefono e inizio a dare di matto mettendo a soqquadro tutta la casa. Devo averlo dimenticato in macchina.

Apro la portiera e con molto sollievo lo trovo. Mentre mi giro per rientrare in casa qualcosa o qualcuno mi urta la spalla.

<<oh....scusa ero distratta.>> mi giustifico prima ancora di capire chi sia. Alzo lo sguardo e vedo Ken. Santo Cielo. È così maledettamente sexy! Cerco di bloccare i pensieri non innocenti che farfugliano nel mio subconscio, ma non ci riesco. Indossa dei pantaloni neri, una maglia bianca aderente che lascia trasparire i tatuaggi e il sudore scorre sui suoi muscoli. Spero che in questo momento non stia sbavando.

<<Sono andato a correre, nel caso ti stessi chiedendo perché sia così sudato.>>

<<oh.. Ehm.. Si certo...>> agito le mani in maniera isterica, mi fa un occhiolino e punta lo sguardo sul mio cellulare.

<<Stavi chiamando qualcuno?>>domanda accigliandosi.

<<io?...sì. Ehm, un mio amico Louis.>>

<<solo amico?>> stringe la mascella cercando di mostrare disinteresse rivolgendo lo sguardo altrove.

<<Sì. AMICO.>> scandisco alla lettera. Di certo, un tipo che va a letto con tutte non credo che sappia il significato di questa parola.

<<Ciao Katherine.>> mi liquida e ricomincia a correre. Ma che?

<<Ah e a proposito ho la tua giacca.>> gli grido contro

<<Dagliela al tuo amico.>> sbuffa e corre più veloce.

Mi ha praticamente lasciata appesa come un salame.

Chiamo Louis e spero di potermi distrarre anche minimamente dall'immagine perfetta del suo corpo sudato. Non appena al terzo squillo risponde. Sembra entusiasta di aver ricevuto una mia chiamata, ha una voce così pimpante.

Parliamo per qualche minuto di come vanno le cose, dell'università, gli amici... se solo gli dicessi cosa ho fatto ieri sera non mi riconoscerebbe! Lui ha scelto un'università che si trova a Londra e mi ha fatto promettere con insistenza che lo sarei andata a trovare. Chiudiamo la chiamata e rientro in casa.


AgainDove le storie prendono vita. Scoprilo ora