Capitolo 22

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Eccomi qui, è trascorso un giorno  da quel messaggio e sto aspettando  che Genn passi a prendermi. 
Tira un forte vento e l'aria è gelida, così tiro su il cappuccio per cercare di coprirmi il più possibile. 
Non riesco a fermare la testa dal vagare sul mare di possibilità di cose che Genn vuole dirmi, in un battito di ciglia passo dalla migliore delle ipotesi alla peggiore. Ma non importa ciò che Genn mi dirà, la mia decisione l'ho già presa: possiamo essere solo amici, sono troppo succube dei suoi stati d'animo, troppo dipendente dai suoi piccoli gesti e non posso accettare che tutto questo succeda. Non sono mai stata assoggettata a qualcuno, ho sempre seguito la mia volontà, e mi fa paura come Genn riesca a prendere il controllo su di me con un semplice sguardo. Questo ragazzo misterioso e inquietato finirebbe per distruggermi.
La sua auto nera si accosta al marciapiede, così mi incammino e salgo velocemente in macchina.
"Ciao Genn"
"Ciao Cami" si volta a guardarmi, per poi avvicinare lentamente una mano alla mia bocca e scostare una ciocca di capelli che vi si era appoggiata sopra a causa del vento. Un sorriso imbarazzato compare sul mio volto, "Grazie" sussurro prima che lui accenda la macchina. 
Il viaggio è silenzioso ed è chiaro che l'atmosfera sia piena di tensione, non sono nemmeno interessata di sapere dove mi sta portando, vorrei solo sentire quello che ha da dire, per fare un po' di chiarezza su tutta la situazione, una volta per tutte.
Il viaggio è lungo, la radio continua ad andare a volume basso e rende meno ansioso questo viaggio colmo di silenzio.
Dopo circa 40 minuti Genn si ferma e scende, senza accennare una parola. Così mi affretto a fare lo stesso e mi guardo in giro, non so dove siamo ma il paesaggio sembra quasi lunare.
Un ampio prato si estende intorno ad una stradina di sassi che si snoda fino a scomparire dietro degli alberi, probabilmente con un tempo migliore questo posto deve essere allegro e rilassante, ma con la nebbia che sta calando ha un'apparenza spettrale.
"Dove siamo?" chiedo a Genn che sta camminando davanti a me
"Tra poco lo capirai"
Dopo 5 minuti arriviamo a ridosso di una spiaggia. I sassi bianchi risaltano in contrasto col grigiore dell'aria e si può vedere l'acqua scura del lago estendersi a perdita d'occhio.
Il nero del lago mette quasi paura, l'atmosfera è così cupa che comincio anche a temere quello che il ragazzo dagli occhi blu ha da dirmi. 
Genn si siede sui sassi, facendomi segno di imitarlo. Mi siedo accanto a lui, rivolta verso il lago.
"Non ho pensato ad un discorso strutturato, quindi non so bene da dove cominciare a spiegare le cose" incomincia lui
"Non voglio un discorso preimpostato, voglio soltanto capire tutto quello che non mi hai mai detto, Genn" 
"Puoi farmi delle domande. Ho sempre visto quanto tu fossi tentata di chiedermi molte cose, ma ho sempre voluto schivare le tue domande" si passa nervosamente un sasso da una mano all'altra "Chiedimi quello che vuoi Cam"
Le sue parole mi colgono di sorpresa, ma cerco di passare velocemente in rassegna le domande che ho sempre voluto porgli. "Cosa ti ha portato a essere così?"
"Così come?" chiede 
"Così, come sei tu" lo sa cosa intendo, sa esattamente che mi riferisco al suo strano modo di stare al mondo e di relazionarsi con esso. Questa conflittualità intrinseca in lui deve avere una causa, un'origine.

Si volta a guardarmi, abbozzando un sorriso che mi fa capire che ha molto chiaro quello che intendo. 

"E' una storia abbastanza lunga" mi dice
"Abbiamo tutto il tempo" ricambio il piccolo sorriso.

Un sospiro esce dalle sue labbra prima che cominci a parlare "Da quando ero piccolo, i miei genitori non hanno mai dedicato grande attenzione a me e mio fratello, ci hanno sempre lasciati in balia di noi stessi perché per loro era più importante avere un grande conto in banca piuttosto che dedicare del tempo a noi. Viaggiavano sempre, essendo e capo di un'azienda che aveva contatti in tutto il mondo, e così io e mio fratello siamo stati inizialmente posti sotto il controllo di una balia, ma appena Francesco è diventato abbastanza grande, ha deciso che ce la potevamo cavare benissimo senza di lei, e lui ha cominciato ad assumere un ruolo quasi paterno nei miei confronti" si ferma, mantenendo lo sguardo sul lago.
"Mi spiace che i tuoi genitori non ci siano stati per te, per voi" cerco di dire, ma lui scuote la testa "Non ho finito" la sua voce è debole.
Riprende "Quando ero alle medie e Fra era al liceo, passava a prendermi in motorino dopo scuola e mi portava a casa. Tutti i giorni era così, poi viveva la sua vita, ma se avevo bisogno di qualcosa lui c'era sempre, e anche se non avevo bisogno di nulla sapevo che lui sarebbe sempre stato lì pronto ad aiutarmi. Quando i nostri genitori tornavano a casa, lui mi difendeva davanti a loro per qualsiasi cosa avessi fatto, non importava quanto fosse grande, e io glie ne ero grato, infinitamente. Col finire delle medie, cominciai a frequentare le prime compagnie di amici, a uscire con qualche ragazza carina della mia scuola e trovai sempre meno tempo da trascorrere con  mio fratello. I nostri momenti insieme si limitavano a delle brevi passeggiate che mi portava a fare qui, sul lago, o in altri posti lontani dalla città. Un giorno, ero al primo anno di liceo, lo stavo aspettando davanti a scuola, dovevamo andare col suo motorino in campagna, a fumare qualche sigaretta e dire cazzate da fratelli, ma lui era in ritardo. Lo aspettai per mezz'ora prima di chiamarlo, temevo si fosse dimenticato di venire. Il cellulare squillò a vuoto, così decisi di tornare a casa a piedi, probabilmente lo avrei trovato a dormire sul divano. Ero quasi arrivato a casa quando vidi un assembramento di persone in mezzo alla strada. C'erano i carabinieri e un'automedica, nessun'ambulanza quindi nulla di grave. Per pura curiosità mi avvicinai alla folla, c'era qualche pezzo di carrozzeria sull'asfalto, doveva essere stato un tamponamento, nulla di ché. Ma il sangue mi gelò nelle vene quando vidi la vespa rossa di Francesco, totalmente ammaccata e ribaltata a bordo della strada. Cercai mio fratello con lo sguardo tra le persone che si muovevano in quel buco in mezzo alla folla, ma l'unica cosa di Francesco che riuscii a vedere era il casco rosso e bianco, sull'asfalto. Non ricordo molto bene quello che venne dopo, cominciai a sbraitare credo, finché non mi venne detto che lui era stato portato in ospedale da un'ambulanza. Ma non c'era più nulla da fare. Non l'avrei mai più rivisto".
I suoi occhi sono lucidi e il suo racconto mi ha lasciato senza fiato. Sono sconvolta, soprattutto al pensiero di ciò che Genn deve aver passato dopo la scomparsa della persona più cara che avesse.
"Non è ancora finita, perché a Fra hanno trovato addosso dell'erba e quindi la gente ha cominciato a parlare. Dicevano che fosse un tossico e sicuramente prendeva anche altro,  che la sua morte fosse stata causata dal fatto che avesse fumato prima di mettersi a guidare. Ma io lo so che non è così, perché stava venendo da me e non mi avrebbe mai portato in motorino sotto effetto di qualcosa. E poi lui non era un cazzo di tossico, fumava, come lo facciamo io, te e milioni di altre persone. Ma la gente è cattiva ed ha cominciato a parlare. Dicevano le peggiori cose su di lui, così dopo aver combattuto per lasciare intatto il ricordo di mio fratello, visto che ho fallito, ho cominciato a fregarmene di cosa le persone pensassero di lui, di me e di tutta questa storia, e sono arrivato a essere quello che tutti dicevano, un dannato ragazzo che spaccia e che assume quello che gli pare, che non sa avere rapporti con le persone e che intrattiene relazioni con le ragazze solo per scoparsele. E mi è sempre andato bene. Guadagnavo abbastanza per riuscire a prendere, insieme ad Alex, il loft e così a 17 anni sono andato lì. Anche se in realtà a volte torno ancora a casa mia, dove mi hai riaccompagnato tu stessa dopo che ho dormito da te per la prima volta. Coi miei genitori il rapporto è solo deteriorato dopo la morte di mio fratello. Negli ultimi tempi però, grazie ad Alex e alla musica, ho rimesso un po' la testa a posto, infatti non prendo più nessuna droga se non qualche canna ogni tanto, ma poche".

Non mi aspettavo che Genn si aprisse così tanto con me, e sono totalmente affranta per quello che mi ha raccontato. Le sue mani tremano leggermente al ricordo di quello che ha passato, e il sasso che per tutto il tempo si è spostato tra le dita, viene lanciato con violenza sulla superficie dell'acqua. 
La sua confessione mi ha talmente scosso che non so cosa dire, mi sembra che sarebbe tutto troppo superficiale e stupido. 

Mi alzo per andare ad inginocchiarmi davanti a Genn, per la prima volta i suoi occhi si alzano su di me e vedo quanto sono rossi e cupi. Ci posso vedere dentro un oceano di sofferenza, e quel velo di apatia che ha sempre nello sguardo, per una volta mi sembra che sia sparito.
"Mi dispiace Genn" gli dico prima di abbracciarlo. 
Lui scoglie le gambe incrociate, per stringermi in un abbraccio più stretto. 
Sento il suo respiro pesante e le sue emozioni confluire attraverso la pelle. 
"Non ti meriti tutto questo dolore" gli accarezzo i capelli mentre rimaniamo in questa posizione per un tempo che mi sembra infinito. Stretta in questo abbraccio, l'unica cosa che riesco a pensare è quanto deve aver combattuto questo ragazzo nella sua vita. Ha lottato così strenuamente contro tutti che alla fine è arrivato a lottare perfino contro se stesso.

Scioglie l'abbraccio. "Non so perché ti ho raccontato tutto questo. Quando ti ho detto che volevo parlarti, pensavo avremmo parlato solo di me e te, Genn e Cam, non della mia vita"

"Io, non lo so, credo che questo sia l'effetto che ci facciamo. Abbattiamo le barriere l'uno dell'altra" sospiro, lasciando che un sorriso incerto prenda spazio sul mio viso, mentre i suoi occhi blu mi trafiggono.


How deep is your love? // Genn ButchDove le storie prendono vita. Scoprilo ora