7° CAPITOLO

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31 gennaio, sera
( In cui un Orsetto con Poco Cervello va a Casa di Victor e Scopre una Cosa Molto Curiosa)

Io non sono un tipo geloso. È solo che non mi piace essere presa in giro.

Tutto ciò che avevo intenzione di fare era presentarmi alla sua porta e chiedergli cosa diavolo stava succedendo. Non è che volessi un'altro appuntamento. Non me lo sarei ripreso nemmeno se fosse venuto da me STRISCIANDO SULLE GINOCCHIA.

Dopo la scuola ho preso il Bay Area Rapid Transit per andare in città e poi un autobus per Haight-Ashbury. Il mio mitico costume da ArtGirl era un buon travestimento per confondermi con la massa di piercing e tatuaggi di Haight.

Avevo addosso la mia tenuta da Guarda Cosa Ti Stai Perdendo: giubbotto di pelle attillato, jeans a vita bassa e anfibi che facevano Stomp Stomp Stomp sulla collina che portava alla casa dello zio di Victor.

Victor mi ci aveva portato una volta, quando era dovuto passare a prendere delle chiavi, ma aveva detto che non poteva ricevere visitatori, così non sono mai entrata.

Victor non lo aveva detto direttamente, ma avevo avuto la sensazione che suo zio fosse un tipo all'antica e non approvava che Victor frequentasse ragazze occidentali non miliardarie.

Ho immaginato che lo zio fosse un altro astronauta, come il papà di Emma: un cinese di Hong Kong con la residenza negli Stati Uniti che però passa la maggior parte del proprio tempo in Asia.

Non lo avevo mai incontrato, ma evidentemente era pieno di soldi. C'era l'aereo, naturalmente, e questa casa pazzesca, una casa Vittoriana Sulla Collina a due piani e mezzo, proprio accanto al Golden Gate Park. Deve valere qualcosa tipo cinque milioni di dollari.

Avevo i muscoli delle cosce in fiamme quando sono arrivata in cima all'isolato. La proprietà era nascosta dietro un muro alto e una siepe di bambú.

C'era una sola apertura, ad arco. Mi sono sporta oltre l'arco per un secondo, fermandomi per ritrovare il coraggio e il fiato.

Mi è caduto l'occhio sulla cassetta delle lettere.

Naturalmente sarebbe stato sbagliato spiare la posta di Victor. Certo.

Ma cosa poteva esserci di male a portarla (senza aprirla, chiaro) su per il sentiero e fino alla porta d'ingresso?  Sarebbe stato soltanto un gesto gentile, giusto?

Ho infilato una mano con noncuranza dentro la cassetta della posta, come se lo facessi tutti i giorni. Chiunque mi stesse guardando l'avrebbe trovato perfettamente naturale, se non avesse sentito il mio battito cardiaco che martellava come un treno. Stupido cuore.

Un so cosa mi aspettassi (un biglietto di San Valentino da parte dell'odiosa Carla Del Laboratorio, magari?) ma nessuna busta portava l'indirizzo scritto a mano, solo le solite lettere stampate al computer per Victor Chan: un'offerta per sconti per degli occhiali, due proposte di carte di credito e un avviso del fisco, insieme ai conti del fruttivendolo e una rivista intitolata Scienze News. Niente di eccitante.

"Aspetta un momento. Un avviso del fisco? ".

Ho ficcato tutto di nuovo nella cassetta, ho tirato fuori il cellulare dalla borsa e ho chiamato Emma.

"Oggi non sei venuta a scuola" si è lamentata lei. "Avremmo dovuto lavorare alla tesina di biologia. Lo so che dici che la scuola non ti interessa più ma, cavoli, Cathy... cerca di tenere botta per altri sei mesi e potrai prendere almeno il diploma i base. E poi ci vanno di mezzo anche i miei, di voti".

"Figurati, non vorrei mai che la tua media fosse meno che perfetta" le ho detto impaziente. "Senti, ti ricordi che Victor ha questo zio ricco?".

"Quello dell'aereo?".

"E anche della casa... Victor gliela teneva d'occhio mentre lui era via".

"Ok".

"Pensi che il fisco manderebbe un avviso per le tasse immobiliari a un ospite o al proprietario?".

"Be', al proprietario, ovviamente".

"È quello che pensavo anch'io. Grazie, Em".

"Cathy, aspetta" ha detto Emma sospettosa. "Perché me lo stai chiedendo? Dove sei?".

"Devo andare" le ho risposto. "Ci si becca dopo".

"Non sei a casa sua, vero? Non stai spiando nella sua posta?".

"Il mio avvocato mi consiglia di appellarmi al quinto emendamento. Senti, lui ci ha mentito. Questa è casa di Victor ".

"Cathy! Magari è intestata a lui per questioni legali. Lo zio è quasi sempre in Asia. Le bollette del mio appartamento le paga papà, però molte arrivano a mio nome".

"Anche le cartelle esattoriali?". Silenzio. "Io non l'ho mai visto questo famoso zio, Em. E se non esistesse?  E se fosse davvero tutto di Victor... la casa, l'aereo, tutto quanto?".

Emma ha sbuffato. "E come farebbe un ragazzo di ventitré anni ad avere tutti quei soldi?".

"Già" ho commentato. "È quello che mi stavo chiedendo anch'io".

"Oh" ha detto Emma. E poi, più lentamente: "Oh ".

"Potrebbe averli ereditati" ho detto.

"Un brevetto" ha proseguito Emma. "Software. Biotecnologie. In fondo siamo nella Silicon Valley. Oppure potrebbe essere una rockstar o qualcosa del genere".

"Certo. Come no".

"Però non è quello che stavi pensando tu, vero?".

"No" ho ammesso.

Victor non mi aveva mai parlato di computer... né del fatto di essere una rockstar, se è per questo. Stando alle sue parole, lui era un tecnico di laboratorio qualsiasi della Intrepid Biotech: 15 dollari all'ora per analizzare il DNA dei moscerini e roba del genere.

"Stai pensando alla droga" ha detto Emma.

"Si".

Riuscivo praticamente a sentire il cervello di Emma che girava a mille.

"Oppure stai pensando che è giovane, è ricco, lavora in un laboratorio e fa un sacco di straordinari " ha detto. "Quindi magari non spaccia droga... magari la produce. Ecstasy. Roipnol. Oppure roba all'avanguardia. In laboratorio ha scoperto qualcosa per caso, tipo qualche strano sballo  da Ormone dello Sviluppo Umano o un Elisir di Lunga Vita di Estratto di Tessuti Fetali. È questo che stai pensando".

"Adesso si".

"Gesù" ha commentato Emma.

"Già" ho detto io. Ho alzato lo sguardo sulla siepe di bambú che separava la proprietà di Victor dal resto del mondo. "Se fa davvero il lavoro che racconta di fare, non guadagnerebbe abbastanza nemmeno per un monolocale a San Francisco, figurati una casa del genere".

"Cathy, vai via da quella casa" mi ha ordinato Emma. "Prendi l'autobus e torna subito a casa".

"Come? Non ti sento. Non c'è campo".

"Cathy! ".

"Ops...sta cadendo la linea" ho detto tutta pimpante.

"Non entrare e non incend..."

"Ciao!". Ho chiuso il cellulare, ho rimesso la cartella esattoriale nella cassetta delle lettere e ho attraversato subito il cancello, prima di farmela addosso.

Il Diario di Cathy-  1° libroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora