(1 febbraio, notte fonda, mentre batto sulla tastiera...)
Sono appena andata a guardare i prezzi delle aste di Chagall sul web. Delle Porte del cimitero si diceva che fa parte di una 'collezione privata'.
Uno Chagall qualunque con dei fiori dentro il vaso, niente di paragonabile, è stato venduto recentemente per 610.000 dollari.
Oh, mio Dio.La scrivania
Il resto della scrivania era un casino... non era proprio da Victor. Tutti i cassetti erano stati aperti e c'erano carte sparpagliate dappertutto: un paio di vecchi passaporti, vari documenti e licenze e un mazzo di banconote di altri paesi: Francia, Spagna, Marocco, Algeria, Vietnam e Cambogia.
C'erano anche delle lettere scritte a mano...probabilmente da una nonna. (Chi scrive ancora le lettere, a parte le nonne?).
Ero sempre più curiosa.Da sotto le lettere spuntava un'agendina nera che Victor portava spesso con sé.
L'ho sfogliata sentendomi in colpa, alla ricerca del mio nome, e invece ho trovato quello dell'ignobile Carla...la settimana scorsa si sono visti tre volte, compreso un appuntamento a pranzo poche ore prima che Victor mi portasse al Musée Mécanique e poi mi servisse un po' della sua Cioccolata Calda Stranamente Forte.
Ho sentito un groppo alla gola. Così imparavo a fare la spia. Ho distolto lo sguardo dalla scrivania per un istante e l'ho puntato sui luminosi blu e grigi delle Porte del cimitero. La via di passaggio tra il mio mondo e il luogo dove è andato mio padre.
"Al diavolo Victor" ho detto a una Carla immaginaria. "È un lurido bugiardo che nasconde qualcosa di grosso e brutto. Goditelo pure, sotella".
Ho sfogliato l'agenda fino alla data di oggi.
31 gennaio
***17-18 Nuova Poltrona***La nota era cerchiata di rosso e circondata da tanti asterischi. Era evidentemente una faccenda importante, anche se mi sembrava un po' troppo per un mobile.
La sua ultima annotazione a penna rossa era un appuntamento per la sera seguente
1° febbraio
19- Otto AntenatiI cassetti della scrivania erano tutti aperti. Uno aveva il fondo rotto e una specie di borsellino ci stava scivolando dentro. L'ho preso.
Era una vecchia custodia di pelle, consumata e morbida, grande più o meno come un libro tascabile: il genere di portafogli dove si mettono i soldi quando si viaggia, o il passaporto, per tenerlo nascosto sotto la camicia o infilato nei pantaloni.
Ho aperto il borsellino e l'ho scosso.
Credo che mi aspettassi un kit da fuga per narcotrafficanti: una carta d'identità falsa, una manciata di banconote da centro dollari, un passaporto colombiano e il numero di conto in una banca svizzera.
Quello che ho trovato era invece un tesoro più bizzarro e personale. Vecchie lettere e un albergo genealogico. Un invito a un matrimonio in francese. Una serie di vecchi ritagli di giornale.
Una fotografia di famiglia: una bella brunetta che tiene in braccio una bimba di circa due anni, vestita con un elegante abitino tutto in tulle e sandali bianchi.
Il suo papà era in piedi, con un braccio attorno alla schiena della mamma. Guardava e sorrideva.
Il papà era Victor.Ho fissato la fotografia sconvolta, avvicinandomi un po'. Non c'era dubbio. A meno che non avesse un fratello gemello, l'uomo della fotografia era Victor.
La giovane moglie era occidentale, lineamenti fini, bocca sorridente e nasino minuto. La bimba aveva i capelli neri e gli occhi a mandorla di suo padre.
Victor aveva già una figlia?
Forse Victor era il cognato di quella giovane donna, mi sono detta. O un cugino. Forse era una famiglia molto unita e quel braccio attorno a lei non voleva dire che erano amanti.
Non ci ho creduto nemmeno per un secondo. Quella era una famiglia di cui Victor non aveva mai parlato. Una moglie bella e giovane. Una bambina graziosa.
La fotografia era stata evidentemente scattata in uno di quegli studi dove ti fanno indossare dei vestiti d'epoca e virano al seppia le stampe per farle sembrare antiche.
Victor aveva il suo bomber di pelle, lo stesso di quando mi aveva portata in aereo.
Sua moglie era vestita in stile anni Quaranta, con i capelli ben acconciati e cotonati, un abito elegante in tessuto stampato, con gonna a ruota e giromanica all'americana.
I genitori sembravano felici e innamorati, ma il volto della bambina era serio, come se sapesse sul proprio futuro qualcosa che i suoi non potevano immaginare.
Ho voltato la fotografia. Giselle e Bianca, Kampong Som.
Ho deciso che Giselle era la moglie e Bianca la bambina con lo sguardo serio e il vestito di tulle bianco.
Ho voltato di nuovo la foto, per guardare Victor. Lui mi guardava e sorrideva. Non sapevo niente di lui.
Aveva già tutta una vita alle spalle, più oscura di quanto avessi mai potuto immaginare. Ho sentito con forza devastante quanto fossi giovane.
In confronto a quell'uomo con una figlia di due anni e una moglie, io ero soltanto una ragazzina.
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Il Diario di Cathy- 1° libro
RomanceDi Stewart/Weisman Se non sei Emma non leggere questo diario! Emma, so che può sembrare una cosa assurda. Tu e la mamma vi starete chiedendo dove sono finita e quando tornerò. È per questo che vi ho lasciato le prove in una busta, nel caso succeda q...