18° CAPITOLO

63 0 3
                                    

3 febbraio, mattina
(Ora delle Ultime Parole Famose)

Naturalmente però non c'era niente di male ad andare a Chinatown a fare un po' di ricerche su quel ciondolo di giada rubato.

3 febbraio, sera
(Ora dell'Uccello di Carta)
Tornata da Chinatown. Ancora viva. E fuori di testa.
Più vado avanti più questa storia diventa strana.

Vi racconto.

Tornata a casa da scuola, ignorato le domande di mamma sui compiti, trovato un vecchio schizzo di Victor con addosso il suo ciondolo. Ne ho disegnata una versione più grande sul mio album da far vedere in giro mentre facevo domande.

Mamma è andata a lavorare in macchina, per cui ho dovuto spostarmi ancora in treno. Fuori era freddo e grigio, il sole invernale uno sbafo pallido che affondava in un cielo stanco.

Quando ci siamo fermati alla stazione di Richmond degli agenti della polizia ferroviaria stavano facendo sloggiare un gruppetto di accattoni, cacciandoli fuori nella gelida sera blu.

Se ne sono andati alla deriva verso le pensiline degli autobus.
Soliti sospetti:
● veterano disoccupato in cerca di lavoro
● vecchio ciccione cinese che fa fiori di carta e li vende per qualche moneta
● tizia dark con piumino senza maniche tre taglie troppo piccolo. Faccia allungata, occhiaie nere. Mi sono chiesta quali droghe si comprasse con i soldi della carità e se le avesse fatte Victor.

                       ●      ●       ●

Erano le 18:03 quando sono scesa dall'autobus in Jackson Street. Era già buio. C'erano degli ubriaconi stravaccati sul marciapiede popolato di pedoni. La folla li calpestava senza neanche abbassare lo sguardo.

Commesse a fine turno, sbarbatelli con vestiti fighetti impegnati in chiacchiere al cellulare. Vecchiette piccole e piegate in due dalle borse della spesa stracolme. Tutti cinesi tranne me e gli ubriaconi.

In Grant Street ho trovato una gioielleria promettente che si chiamava Jade Empire.

ArtG: <mostrando il disegno di un ciondolo> Mi scusi, sa...
Commesso: <con aria corrucciata> Tu qui compra?
ArtG: Non credo, almeno non oggi.
Commesso: 😟
ArtG: Mi chiedevo...
Commesso: No. Prova al Treasure Palace.
ArtG: 😟
Al Treasure Palace nessuno parlava inglese.

TRENTA MINUTI DOPO mi sentivo davvero una ragazzetta stupida dei quartieri alti. Questa gente non capiva che un vero americano dovrebbe parlare una vera lingua americana proveniente da una qualche zona americana tipo, chessó, l'Inghilterra?

Ma in qualche modo è saltato fuori che la vera America era ancora più grande e strana di quella che si vede su MTV.

Sono andata alla deriva giù per la strada (scoraggiata + affamata), ma avevo solo 5 dollari e la metà mi serviva per l'autobus + il treno per tornare a casa.

Mi sono abbassata sotto la porta della Sun Lok Bakery e sono entrata. Nessuno ha ammesso di parlare inglese. Ho indicato quello che speravo fosse un panino al maiale arrosto. Non lo era.

Sono tornata fuori nella notte gelida masticando tristezza. Le porte dei negozi erano aperte e lasciavano uscire in strada odori diversi: pasta di pane calda e salsa barbecue dal Sun Lok; polvere e carta da quattro soldi  dall'Hundred Dragon, il negozio di libri usati alla porta accanto; merluzzi, trote e calamari luccicanti su un letto di ghiaccio dalla pescheria Wu; vestiti usati, prendisole da quattro soldi e pantaloni di poliestere fatti  a Hong Kong puzzolenti di naftalina e cedro alla porta seguente.

Ho svoltato in Ross Alley e sono arrivata fino alla Golden Gate Fortune Cookie Factory, una fabbrica di biscotti della fortuna. La porta che dava sul vicolo era aperta. Ne usciva un vapore che si arricciava nell'aria della notte. Per terra impronte bianche di farina entravano nel vicolo, passi fantasma si dissolvevano nella notte.

Hai finito le parti pubblicate.

⏰ Ultimo aggiornamento: Jun 24, 2018 ⏰

Aggiungi questa storia alla tua Biblioteca per ricevere una notifica quando verrà pubblicata la prossima parte!

Il Diario di Cathy-  1° libroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora