Passato: Cinque

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Da quel giorno in poi, ci incontrammo segretamente nel bosco ogni sabato, dopo aver visitato suo zio, e ci sedevamo insieme, nascosti nell'erba alta. Il principe mi portava pezzi di seta per i vestiti delle mie bambole, mentre io creavo delle trecce con l'erba in vari cestini, e ci raccontavamo cose sulla nostra vita.

I nostri due mondi erano così disperati, anche se io vivevo in un piccolo cottage appena fuori dalla sua grande finestra arcuata. Vivevamo a pochi metri di distanza, ma le nostre vite non avevano nessuna somiglianza. Avremmo potuto dire qualsiasi cosa e l'altro avrebbe creduto che:

Mio padre mi allenava a lottare contro i draghi. Dovevo sconfiggere quello in cima alla montagna prima che potessi indossare la corona.

Dovevamo pulire i pavimenti della birreria con delle spazzole create con i nostri capelli.

I cuochi del castello ci davano da mangiare unicorno arrosto e bacche d'oro.

Io e gli altri tre membri della mia famiglia, condividevamo un letto in una stanza piena di ratti.

Ma non dicevamo quelle storie; dicevamo la verità.

Suo padre non era crudele, era solo freddo.

La mia famiglia fabbricava birra per i servi del castello. Riuscivo a malapena a sopportare l'odore della miscela, ma quel profumo sarebbe stata la mia vita. Per sempre.

Le ragazze che raggiungevano la camera di suo padre erano giovani. Troppo giovani. Non pensava che ne avrebbe mai volute così tante.

Odiavo le mie scelte, odiavo le dimensioni del mio mondo. Odiavo il fatto che forse mi avrebbero frustata se mi avessero beccata a parlare con lui. Odiavo gli uomini che venivano nella birreria, con le loro mani vaganti e le loro lingue oscene.

La sua confessione più vergognosa: non voleva diventare re.

La mia più grande blasfemia: volevo diventare regina.

E insieme, eravamo al sicuro.

Parlavamo finché avessimo la possibilità di osare farlo - finché il sole gettava le ombre oltre la vecchia quercia - e poi lui si alzava e io facevo un inchino.

"Tornerò la prossima settimana," diceva sempre.

Non avevo mai detto lo stesso perché non volevo promettergli niente che non potessi mantenere.

Per un anno, fu mio ogni sabato. E poi, una mattina, dopo dieci settimane che avevamo compiuto tredici anni, ci incontrammo nel bosco e allungò la mano per farmi vedere un braccialetto di fiori intrecciati.

"Me lo ha insegnato mio zio. Mi ha detto di darlo a te."

Sbattei le palpebre. "Sa di me?"

"Sì." Me lo diede, senza toccare la mia pelle. "Cathryn?"

"Sì, vostro Onore?"

"Cathryn," ripeté. Rimase in silenzio per lunghi minuti e poi si girò, allontanandosi. Non disse che ci sarebbe stato la settimana dopo, e non passammo mai più il sabato insieme.

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Non so voi, ma io amo il modo in cui scrive questa ragazza.

Alcune di voi mi hanno detto che vi piacevano le domande che facevo su dust bones, quindi le farò anche qui, ma ho in mente qualcosa di diverso. Non vi farò le solite domande sulla vostra vita quotidiana, ma mi piacerebbe sentire la vostra opinione su cose varie.

Domanda:

Cosa cercate in un vero amico?

Io ne ho sempre desiderato uno che mi spinga a fare le scelte giuste, che mi resti vicino nei momenti più difficili invece di ignorarmi e che mi mostri onestà. Niente bugie, niente prese per il sederino e nessun tradimento.

A domani!

No Fury [Italian translation]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora