20 settembre 2010.
Tre anni e mezzo, erano passati.
Erano volati tra i pianti e i richiami della piccola Heth, bisognosa di attenzioni. Non mi era dispiaciuto affatto alzarmi la notte e provare tutta quella stanchezza, lo avevo fatto col cuore.
Inutile dire che i ragazzi erano stati di grande aiuto, che ognuno di loro si era fatto in quattro per aiutarmi. Ben mi aveva convinta, se non costretta, a chiamare Tom per dirgli della nascita di sua figlia una settimana dopo il parto.
Avevo camminato un'ora per la sala di registrazione incerta sul da farsi, ma sapevo che se non lo avessi fatto io, lo avrebbe fatto lui.
Un senso di malinconia mi invase, quando ripensai a quella telefonata amara.
Fissavo quel numero già composto, come fosse il numero del diavolo.
Puoi farcela, mi ripetevo da un'ora in mente, ma il pollice non ne voleva sapere di premere quel tasto.
Alla fine, dopo un'altra buona mezzora, ci riuscii e non mi stupii del fatto che al secondo squillo, rispose.
-Hell, oddio piccola non immagini che bello vedere la tua chiamata- lo sentii piangere e un senso di dolore si impossessò del mio cuore.
-Ti ho chiamato solo per dirti che tua figlia è nata- fredda e distaccata come un pezzo di ghiaccio.
Lo sentii singhiozzare e piangere con forza ed io non potei far altro che seguirlo a ruota.
-Com'è?- chiese tra i singhiozzi ed io dovetti prendere fiato, per non svenire.
-È la tua fotocopia- risposi cercando di sembrare il più tranquilla possibile.
Non volevo che mi sentisse vulnerabile e il fatto che risentissi la sua voce dopo tutto quel tempo, non mi era di grande aiuto.
-Vorrei vederla, posso?- chiese con voce strozzata, il dolore che percepivo era tanto.
-Ho bisogno di tempo, spero che capirai-
Avevo chiuso quella telefonata così.
Gli avevo chiesto del tempo e alla fine ero fuggita di nuovo, facendo passare tre anni e mezzo.Aveva provato in ogni modo di avvicinarsi a me, di contattarmi, ma io ero stata categorica.
"Non una mossa falsa Kaulitz,o te ne penti", gli avevo scritto per messaggio.Solo che lui improvvisamente era sparito, lasciandomi confusa e sempre più arrabbiata. Aveva i suoi tour, certo, come biasimarlo. Era nel clou della sua carriera, ovunque andasse era Tom Kaulitz, il chitarrista dei Tokio Hotel. Non aveva più tempo e voglia di cercare sua figlia.
Una parte della colpa la diedi a me stessa, Heth non meritava di essere separata da suo padre e questo iniziai a capirlo quando chiamò papà, Danny.
Il moro era quello più legato alla bambina, la metteva a letto, le raccontava le favole, le faceva il bagnetto, la portava all'asilo. Tutte cose che fa un padre.
Inutile era stato spiegare ad Heth che Danny non fosse suo padre, aveva già un caratterino che non ammetteva repliche.
Un po' me, un po' Tom.
L'unica cosa che mi riempiva il cuore di gioia, era che almeno i capelli, li aveva presi da me.
I lineamenti del viso erano di Tom, come gli occhi, il naso e la bocca.
Aveva chiesto più volte chi fosse suo padre ed era stato Danny a mostrargli una sua foto.
Io mi ero rifiutata di assistere alla scena, non per evitare la reazione di mia figlia, ma per non vedere lui.
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Sognarti non mi basta -Tom Kaulitz-
Fanfiction-Guarda cosa cazzo sei diventata!- Aveva urlato tirandomi per i capelli, ponendo il mio viso a pochi centimetri dallo specchio. Mi limitai come sempre a singhiozzare e a pregarlo di smetterla, cosa che a lui fa imbestialire ancora di più. Quando poi...