Hi, my name is Matt!

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1 ottobre 2005.

Il rientro a scuola era stato dei più traumatici della storia.

Ero ancora in modalità zombie e mi trascinavo per i corridoi della scuola con una lentezza inquietante.

Dietro di me, Bill e Tom, mi seguivano allo stesso modo, con tanto di bava alla bocca.

Il giorno prima l'avevamo passato insieme fino al tardi a parlare, vedere film, fare foto sotto obbligo di Bill ed io ero stanca da morire.

Il risveglio accanto a Tom era stato stupendo, ma al tempo stesso doloroso.

Risi tra me, mentre combattevo con il mio armadietto che non ne voleva sapere di aprirsi, ripensando all'urlo scioccato di Bill, quando la mattina prima ci aveva trovati a letto abbracciati.

Presi a manate l'armadietto, che in sua risposta, se ne restava chiuso.

-Perché stai picchiando il mio armadietto?- sbottò una voce tra le risate alle mie spalle.

Mi girai di colpo verso l'evidente proprietario, sorridendo imbarazzata.

-Scusami, stamattina non ci sto con la testa. Credevo fosse il mio!- sputai a raffica in imbarazzo.

Lui continuò a fissarmi sorridente, ed io invece, lo guardai con una faccia da pesce lesso. Era il classico ragazzo emo, frangia nera sugli occhi, piercing ovunque e vestiti rigorosamente neri.

Bel tipo, comunque.

-Mi chiamo Matt- disse improvvisamente, allungando una mano verso di me ed io mi precipitai a stringerla subito.

-Helena, piacere- risposi sorridente.

Rimasi imbambolata a guardare il suo sorriso, quando lo sbattere forte dell'armadietto alle mie spalle, mi fece saltare sul posto.

Mi voltai trovando il rasta a gettare in malo modo, i suoi libri nello zaino.

-Ma sei scemo?- urlai al rasta accovacciato a terra.

-Mi è sfuggito di mano. Dobbiamo entrare, forza!- ordinò trascinandomi per il braccio lontana dal bel ragazzo, che salutai velocemente con un cenno di mano.

-Ma che cazzo ti è preso?- sbottai irritata mentre prendevo posto al banco.

-Quel tipo lo conosco, lascialo stare- sputò acido guardando davanti a sé.

-In che senso? Che ha fatto?- chiesi curiosa ed agitata.

-Lascialo stare, punto.- sbottò voltandosi verso di me, i suoi occhi erano rossi di rabbia, non li avevo mai visti così.

-Tom smettila! Decido io quello che devo o non devo fare!- urlai aprendo il mio blocco da disegno furiosa, ma non ebbi il tempo di arrivare alla pagina giusta, che brutalmente me lo strappò dalle mani, sbattendolo con forza davanti a lui.

Io per tutto il tempo, lo fissai ad occhi sbarrati, non capendo il suo gesto esagerato.

Aprì bocca per parlare, ma forse per la mia espressione, la richiuse lanciandomi il blocco spiegazzato davanti a me, scusandosi in un sussurro.

Nemmeno la stavo a sentire la professoressa Keller che spiegava qualcosa riguardante gli atomi, me ne stavo assorta nei miei pensieri. Non capivo cosa avesse fatto quel ragazzo di sbagliato, e non capivo la reazione esagerata di Tom.
Lui sembrava imitarmi, se ne stava con la testa poggiata alla mano, mentre disegnava cerchi su un pezzo di carta.

Nemmeno il pranzo avevo voglia di fare, quindi optai di uscire nel cortile liquidando i miei amici con un: "non mi sento bene, resto in classe". Avevo bisogno di starmene per conto mio, così mi sedetti sui gradini della scala antincendio con una sigaretta tra le dita, il mio diario e tanta voglia di pensare.

Sognarti non mi basta -Tom Kaulitz-Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora