The Pain Of Love.

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5 ottobre 2005.

Nonostante avessi il ragazzo perfetto, sentivo che mi mancava qualcosa, o meglio qualcuno.

Le giornate scorrevano lente e noiose, ed io avevo bisogno della precedente compagnia. Da quando mi ero fidanzata con Matt, Tom non mi parlava e nemmeno mi guardava più.

C'era un graffito che avevamo deciso di fare, ma era rimasto lì sul foglio ad attendere che qualcuno lo proiettasse su un muro.

Soffrivo.

Soffrivo come non avevo mai sofferto.

Per quanto io provassi dei sentimenti per Tom, mi si distruggeva il cuore averlo perso come amico.

Per quattro giorni, tentai di parlargli, ma sembrava parlassi col muro. La cosa che mi distruggeva più di tutte, era il fatto che a lui scivolasse tutto addosso. Io soffrivo come un cane, e lui non mi degnava nemmeno di un saluto. Eravamo due estranei ormai, stavamo attenti anche a non sfiorarci minimamente con la stoffa delle maglie in classe.

Odiavo quelle situazioni dove ti ritrovi a crogiolarti nella disperazione più assoluta, quando cerchi di aprirti, e trovi solo un muro impossibile da abbattere.

Tom era così in quel momento.

Un muro alto fin sopra il cielo e duro come il marmo. Inutili le consolazioni di Bill, era evidente che io e Tom eravamo destinati a non sopportarci e basta.

Eppure io non lo detestavo, nonostante tutte le cattive parole che mi aveva detto quel giorno del 2 ottobre.

Anche in quel momento lo amavo ancora.

Era inutile girarci intorno e aggrapparsi ad una realtà fasulla dove si crede al ragazzo dei sogni, bello da mozzare il fiato e vissero tutti felici e contenti.

Tom era uno stronzo, ed io ero semplicemente una delle sue prede. Una preda che non era riuscito a prendere - che si era fatto togliere dalla mani - e quindi, ora che aveva l'odore di un altro, gli faceva vomitare.


2 ottobre 2005.

-Quindi adesso stai con quello?- sbraitò Tom, battendo una mano sul banco, appena aver fatto il suo ingresso in aula.

Alzai lo sguardo dal graffito quasi pronto per essere verniciato da noi, ed una lacrima minacciò di uscire quando notai che per il colpo della sua mano, mi era partita la matita tracciando una linea spessa sul mio sudato lavoro.

Forse lui si paralizzò per quello, quando notò il danno della situazione e la mia espressione triste e amareggiata.

-Merda!- si portò le mani al viso. -Si può recuperare?- chiese.

-No.- mormorai priva di voce.

-Fammi vedere- disse prendendolo in mano.

Glielo strappai quasi di mano, iniziando a farlo in mille pezzetti dal nervoso e l'odio che provavo in quel momento.

-Perché l'hai fatto?- urlò cercando di bloccare le mie mani che continuavano a prendersela con quel semplice foglio.

-Perché era una grandissima cazzata, quella raffigurata! La nostra amicizia è una grandissima cazzata!- urlai tra le lacrime lanciandogli addosso tutti quei pezzetti di carta.

Mi alzai scalciando con forza la sedia ed uscii da quella classe senza una meta precisa, dovevo uscire da lì o avrei strappato la sua, di faccia. Ma nonostante correvo o tentavo in ogni modo di fuggire da lui, era come la mia ombra.

Sognarti non mi basta -Tom Kaulitz-Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora