Epilogue.

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The Emptiness.


25 ottobre 2015.

Non mi sono mai soffermata a pensare realmente alla mia vita. Molti mi invidiano, altri mi giudicano. Non mi sono mai fissata allo specchio pensando a chi sono diventata oggi, o a cosa mi hanno portata a diventare. Ho sempre vissuto alla giornata e se andava male, come mi diceva spesso Bill: "domani è un altro giorno e sarà sicuramente migliore". Di certo non inizierò oggi a provare a diventare una persona migliore, non è la prima volta che mi ritrovo sdraiata su questo letto con una flebo nel braccio. Non è la prima volta che i medici mi informano con le loro stupide frasi professionali che dovrei smetterla di drogarmi, come non è la prima volta che mi dicono di stare attenta a queste "cadute" che potrebbero essermi fatali. Gli occhi spenti di Bill e quelli delusi di Tom, mi guardano da dietro il vetro. Sono una brutta persona, vero? E' facile giudicare, come fanno tutti i giornali, senza sapere la mia storia.

Sin da bambina ho avuto problemi di integrazione, odiavo le persone che compativano me o mia madre. Sono cresciuta senza una figura paterna vicino e molti hanno dato la causa del mio essere così strana a questo. Mia madre è stata la mia roccia, abbandonata in mia attesa da un mostro che se ne è lavato le mani. Mi ha tenuta con sé nonostante non navigasse nell'oro, non ha deciso di uccidermi prima che io prendessi forma dentro di lei. Sicuramente oggi non sarebbe fiera di quello che sono diventata. Ovunque si trovi in questo momento, mi guarderà sicuramente con disprezzo.

Un giorno sarò il tuo orgoglio mamma, te lo prometto.

Ma non oggi.

Oggi mi sento morta.

Mi rigiro il mio diario ormai vissuto tra le mani e mi scappa un sorriso ripensando al giorno che ho deciso di iniziarlo. A quei tempi avevo solo quindici anni e del mondo non conoscevo niente, di certo non mi sarei aspettata che queste pagine sarebbero state riempite da tutto questo orrore.

Alzo lo sguardo verso la porta che viene aperta; lasciando entrare Bill per primo che mi sorride amaro, con il suo solito sguardo spento. Tom rimane immobile alla porta guardando un punto indefinito del pavimento, so quanto gli fa male vedermi su questo letto. Nel frattempo un medico mi sfila la cannula dal mio ormai livido e torturato braccio, informandomi che posso tornare a casa.

Casa.

Il luogo che ogni persona ama, il luogo in cui ogni persona si sente al sicuro.

Non per me.

Oppressa tra quelle mura, cercando ogni giorno di trovare la luce in quella stanza troppo buia. Stringo sul ventre il mio diario mentre fuori dal finestrino la città scorre veloce, troppo veloce per i miei occhi stanchi di vedere ancora una realtà che non mi appartiene.

Buon compleanno Helena.


Sognarti non mi basta -Tom Kaulitz-Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora