-ahia. Dylan,leva quel gomito dalle mie costole.- sbraitó Melanie -Ops, scusami.- disse lui. -Siete tutti interi? Non vi vedo, é buio pesto.-dissi. Correndo all'interno del passaggio segreto per sfuggire alle guardie del museo avevamo fatto un bel capitombolo sulle scale che ancora non avevo capito dove portassero. Prima di aspettare una loro risposta mi alzai da terra un po' ammaccata e estrassi dalla tasca il cellulare
-Accendo la torcia.- -buona idea.- rispose Dylan. -credo di aver perso gli occhiali.- aggiunse Melanie preoccupata, ma Dylan subito disse -No,sono ancora sul tuo naso.-
La luce della torcia illuminava un lungo corridoio di scale fatte in pietra lavica che sembrava interminabile. - Che facciamo, proseguiamo?- chiese Dylan. -Sarebbe meglio tornare indietro.- disse Melanie preoccupata
-il resto della classe ci starà aspettando e si domanderanno dove saremo finiti.- -Dai Mel, ma se quelli non si accorgono neanche un po' della nostra esistenza, perché dovrebbero chiedersi dove siamo finiti?- feci notare - e poi ormai siamo qui,quindi tanto vale dare un occhiata.-
- No! Non voglio restare un minuto di più qui dentro.- obiettò lei. Melanie si preoccupava esageratamente per tutto e se poi insieme alla preoccupazione c'erano la paura e il panico allora andava in tilt. Io e Dylan invece, cercavamo sempre di mantenere la calma in ogni situazione. Riflettendoci, ho sempre avuto molte cose in comune più con Dylan che con Melanie, tanto che da quest'ultima venivo sempre definita "maschiaccia",ma questo non mi ha mai preoccupata. Perché indossare camice attillate e gonne a balze se con un jeans e una maglietta puoi avere tutta la comodità del mondo?
-Non fare così Mel, a me sembra fico!- disse Dylan con l'intento di tranquillizzarla ma non ci riuscì perché lei rispose - Ti ricordi quei ragazzi che volevano vedere quanto era "fico" avventurarsi in quella casa abbandonata?- pronunciò la parola "fico" con una brutta imitazione di Dylan che rispose -Al dire il vero... NO.- Melanie sospirò e disse -É proprio questo il punto. Finiranno per dimenticarsi di noi è chissà se poi i miei genitori riusciranno a piangere sul mio corpo senza vita, sempre che riescano a trovarlo qui sotto.- Stava iniziando a scocciarmi,insomma non mi stavo lamentando nemmeno io per mio padre che in quel momento era convinto che stessi facendo un innocua visita guidata in un castello al centro della città, quindi le puntai la torcia in direzione del viso e le appoggiai una mano sulla spalla dicendo -Ascolta Melanie. So che sei spaventata, e che vuoi tornare a casa, ma anche tu hai visto quello che é successo prima...- feci una pausa di qualche secondo-Ho bisogno di capire cos'é successo. anche io e Dylan, proprio come te non ci stiamo capendo niente e abbiamo paura ma dobbiamo cercare di stare tranquilli. Ho davvero bisogno di sapere come porre fine a queste stranezze, e per farlo ho bisogno di voi. Ti prego.- Melanie esitò un momento
-Okay. Ma ti giuro che se non usciamo di qui ti concio peggio di quel leprecauno a Temple Bar.- ridemmo e poi le diedi un forte abbraccio. -Ehi anche io!- protestò Dylan, e quindi il nostro, divenne il solito abbraccio di gruppo. Fummo interrotti dall'alano che abbaiava a più non posso. - Che c'è bello?- gli dissi. - Secondo me vuole che lo seguiamo.- fece notare Dylan. -Dylan é solo un cane!- disse Melanie. Adesso il cane abbaiava ancora più forte tanto che i suoi urli echeggiavano da una parete all'altra. Quando si accorse che aveva attirato la nostra attenzione iniziò a camminare voltandosi come per assicurarsi che avevamo capito che dovevamo seguirlo. -Già, é solo un cane e vuole che lo seguiamo.- dissi divertita. -Fantastico! La nostra salvezza dipende da un cane.- Mormorò Melanie. Quindi ci avviamo seguendo i passi del cane; dopo qualche minuto Dylan parlò
- Secondo me dovresti dargli un nome.- non capivo di che cosa stesse parlando quindi dissi -Che cosa?- -Sì, beh, voglio dire. Non puoi chiamare quel cane...cane. Credo che se fossi un cane non mi piacerebbe essere chiamato cane.-
- E allora come dovrei chiamarlo?-
- Che ne dite di Bob?- intervenne Melanie. -No,neanche per sogno. Un nome più originale.- -Black!- esclamò Dylan. Alzai gli occhi al cielo - Ho detto originale.- adesso il corridoio di scale era finito e ci trovavamo su un pavimento di pietre tozze e smisurate.L'aria era diventata più fredda e mi vennero i brividi. Il corridoio continuava in diverse strade,sbarrate ognuna da una porta a due battenti.Su ogni porta era inciso un disegno con dentro incastonato un diamante(o almeno credo che fossero diamanti). Quindi pensai che quel posto fosse un labirinto sottoterra dal quale non saremo mai più riusciti ad uscire. -Fantastico!E adesso dove andiamo?- mormorò Melanie. Né Dylan e né io avevamo voglia di risponderla, quindi ci limitammo a guardare il cane che senza esitare imboccò un entrata sulla sinistra. Il diamante che spuntava dal disegno sulla porta dell'entrata si illuminò,e subito dopo la porta emise uno scatto e si aprì molto lentamente, come a rallentatore. -Okay,sta diventando parecchio inquietante. - dissi fissando ancora la porta che ormai si era aperta del tutto. -No, inquietante lo abbiamo passato già da un pezzo,questo é...spaventoso.- rispose Dylan al quale davo tutta la mia comprensione. Ci fissammo tutti e tre; Melanie stava tremando e Dylan aveva stampato sul volto che adesso era sbiancato, un espressione che non avevo mai visto. Non li avevo mai visti così e mi chiedevo che aspetto dovessi avere io,anche se ero sicura di non volerlo sapere. Entrammo dopo il grande alano nero che sembrava sicuro di quello che stava facendo e in quel momento lo speravo con tutta me stessa. C'era un altro corridoio freddo e vuoto, ma più corto che terminava con una porta, una normalissima porta. Siccome il cane era un cane e Dylan e Melanie sembravano troppo sconvolti per aprire una porta, (o per fare qualsiasi altra cosa)allungai una mano verso la maniglia. Dovetti forzare un po' la maniglia per permettere che la porta si aprisse dandoci la possibilità di attraversarla. La stanza in cui ci trovavamo era molto peggio della stanza mia e di Dylan messe insieme, e credetemi, non poteva esistere niente di peggio. C'erano scatoloni ovunque e vestaglie sparse in giro dappertutto. «Cosa diavolo ci fa uno scantinato sotto un castello?»disse Dylan continuando a perlustrare con gli occhi il posto. - Non so, magari per lo stesso motivo per cui le persone scompaiono dietro un angolo, per lo stesso motivo per cui c'è un passaggio segreto in un quadro e per lo stesso stupido motivo per cui noi abbiamo seguito un cane!- rispose Melanie quasi isterica. I due stavano continuando a discutere, quando all'improvviso sentii dei passi accompagnati da alcune voci. -sssh!- ammonii ai miei amici -c'è qualcuno,nascondiamoci li dietro.- indicai degli scatoloni accatastati in un angolo della stanza, ci accovacciammo lì dietro giusto in tempo prima che la porta che non avevo notato prima perché era nascosta da file di scatoloni, si aprì rivelando la presenza di due persone. -Sei proprio sicura di quello che hai visto?- disse una voce maschile. Aveva un timbro di voce molto piacevole, come quello di Dylan, solo con qualcosa di diverso. -Sì. Sì, e mille volte sì. Te lo giuro.- Rispose una voce di ragazza. Sembrava molto turbata e anche molto familiare. - Ok Stephanie,se ne sei così sicura allora dovremmo avvisare il Gran Maestro e il Consiglio dei 5 - le disse l'altro. Lanciai un occhiata interrogativa ai miei amici che come me erano intenti ad ascoltare quella conversazione. Vidi Melanie con una mano davanti alla bocca e capii che doveva starnutire perché c'era troppa polvere. Le feci cenno di resistere. Anche il cane sembrava allarmato. - Il fatto é che non so se voglio dirglielo. Quella ragazza sembrava così sconvolta e io mi sono inventata quella stupida scusa del teatro...- sembrava sul punto di mettersi a piangere -...aveva un animale di protezione! Era un alano! L'ultima volta che ne abbiamo visto uno...- la ragazza spense in un filo di voce le ultime parole della frase. Un momento. Cos'aveva detto? Ragazza sconvolta? Teatro?Alano?. Nella mia testa si accese una lampadina. Che stupida che ero stata! Ecco perché la voce mi suonava così familiare, perché quella era la ragazza che avevamo incontrato meno di un ora prima nel castello con uno zaino pieno di armi di "plastica". Anche i miei amici sembravano aver capito che era lei.
-Sì, lo so Stephie.- da dietro gli scatoloni immaginai che il ragazzo la stesse abbracciando o le stava appoggiando una mano sulla spalla in segno di conforto. Dylan intanto cercava di non far starnutire Melanie Che aveva ancora una mano sulla bocca per reprimere lo starnuto,anche se era difficile visto che un cane che pesava almeno 20 chili lo spingeva sempre di più contro la parete. Passò qualche secondo che sembrò un eternità prima che il ragazzo disse -okay,adesso dobbiamo prendere quegli scatoloni di cui parlava il capo...devono essere qui da qualche parte.- la ragazza sembrò essere tornata in se - Ha detto che non sono molto grandi e inoltre C'é scritto il suo nome sopra quindi...- ebbi la netta impressione che gli scatoloni di cui stavano parlando erano quelli dietro cui ci eravamo nascosti. Sentii dei passi venire verso di noi. Trattenni il fiato. -eccoli qui!- esclamò la ragazza che da quello che avevo capito si chiamasse Stephanie. Trattenni un sospiro di sollievo quando capii che aveva afferrato degli scatoloni davanti a quelli dove ci nascondevamo. -Aspetta,ti do una mano.- intervenne il ragazzo.
- Sarebbe ora!- scherzò la ragazza. I due afferrarono alcuni scatoloni e andarono ovunque fossero diretti. Solo dopo esserci assicurati che se ne fossero andati, Melanie si liberò da un grande starnuto che mi fece quasi sobbalzare. -Salute!- le disse Dylan -non credevo che una dama così garbata fosse capace di fare starnuti molto simili a quelli di un pachiderma.-
-Oh, piantala!- rispose lei dandogli un pizzicotto. Prima che potessi dire loro di smetterla si udirono di nuovo delle voci la porta si aprì rivelando le stesse figure di prima. -Ne abbiamo dimenticata una.- disse Stephanie. -Vuoi che la prendo io?- chiese il ragazzo con gentilezza. -No, faccio da sola.-
Guardai Melanie che sembrava dover starnutire di nuovo. -Non ce la faccio a trattenerlo.- sussurrò lei. -No. Non ora.- bisbigliai. Ma lei non mi guardò neppure. Ad un tratto interruppe tutti con un grande starnuto. Volle scusarsi ma capì che quello non era il momento adatto perché Stephanie disse -Chi é là!- e il ragazzo che si trovava con lei non esitò neanche un istante per venire a controllare. Ci alzammo in piedi contemporaneamente da dietro gli scatoloni. Il ragazzo era davanti a noi
troppo impalato a spostare lo sguardo dal cane a noi e poi di nuovo sul cane. -Ehi amico- iniziò Dylan -ci dispiace se vi abbiamo infastidito, ma state tranquilli, adesso togliamo il disturbo.- mi lanciò uno sguardo che afferrai al volo. La porta da dove eravamo entrati non c'era più e non avevo abbastanza tempo per capire il perché. Quindi l'unica via di fuga era la porta da dove quei due ragazzi erano usciti, e per nostra sfortuna, entrati per degli stupidi scatoloni.Afferrai Melanie per un braccio e mi affrettai a correre verso la porta senza controllare che Dylan mi seguisse, visto che mi aveva quasi sorpassata come un razzo. Ad un certo punto la ragazza scrollò la testa e urlò -Guardie! Ci sono degli intrusi!- fantastico,eravamo sfuggiti a delle guardie per poi ritrovarci di nuovo a correre per seminarne altre. In un altra situazione sarebbe stato divertente. Mi voltai. I due ragazzi erano alle calcagna e inoltre...il cane non c'era più! Il corridoio che in quel momento stavamo usando per fare una maratona era largo e il soffitto era parecchio alto. Sulle pareti c'erano diversi quadri e la carta da parati con motivi a fiori doveva essere molto vecchia. Sembrava di essere in un museo! Poi vedemmo una rampa di scale e capimmo che era l'unica via di fuga. Mi voltai di nuovo, li avevamo seminati! O meglio questo era quello che credevo almeno fino a quando non arrivammo alla fine delle scale e trovammo ad aspettarci degli omoni con una strana divisa. Eravamo pronti a tornare indietro ma dalle scale stavano salendo altre guardie seguite da quel ragazzo e da Stephanie "l'antipatica ragazza con le armi da teatro". Erano tutti e due sudati. Il ragazzo scostò i biondi capelli bagnati ,dalla fronte e con il fiatone disse -Sono loro gli intrusi-
-Ma che genio.- mormorò Dylan sarcastico. Melanie invece era troppo spaventate per reagire mentre le guardie ci afferravano.
-Lasciami! Brutta copia cicciona delle guardie di Buckingam Palce!- urlai dimenandomi e scalciando mentre una delle guardie mi stringeva forte i polsi e li metteva dietro la schiena. Incrociai lo sguardo di quella ragazza antipatica come per chiedere aiuto,e mi fece un sorrisetto come per dire "hai perso".Ho sempre cercato di conoscere a fondo una persona prima di giudicarla, ma quella ragazza...Dio,quanto la odiavo!Poi spostai lo sguardo sul ragazzo,e lo guardai disperatamente negli occhi verdi-azzurri sperando che provasse un briciolo di pena per noi e fermasse quelle persone che a mio parere ci stavano stringendo un po' troppo forte. Ma il ragazzo pareva aver costruito attorno a sé una difesa impenetrabile. Io non osai abbassare lo sguardo;almeno per quello non volevo arrendermi. Qualcosa sembrò cambiare nel suo sguardo, come se dentro di lui si fosse mosso un pezzo che non riusciva più a tornare al suo posto. Però poi distolsi lo sguardo,e capii che c'era la possibilità che me lo fossi solo immaginata. Perché una persona che aveva chiamato le guardie per farti catturare,avrebbe dovuto aiutarci? Dylan si dimenava e imprecava contro la guardia che lo stava trattenendo, poi capì che era meglio lasciar perdere; Melanie invece stava dicendo parecchie cose molto offensive al tizio che le stringeva i polsi e io continuavo a tirare calci a più non posso fino a quando la guardia non si scocciò e mi prese in braccio posandomi a testa in giù sulla sua spalla mentre mi reggeva solo mantenendomi le gambe. -Adesso vediamo se farai tanto la spiritosa,ragazzina.- disse la guardia che non intendeva alleggerire la presa. Mentre mi portava non so dove, vidi quella ragazza antipatica allontanarsi a braccetto con il ragazzo biondo, fieri di aver catturato degli "intrusi" e continuai a guardarli fino a quanto la lontananza me lo consentiva
*
Era tutto buio, immagini senza senso mi vorticavano in mente: una torre nel bel mezzo del nulla; uno specchio che si disintegrava in mille schegge di diamanti e un pugnale dall'elsa d'oro macchiato di sangue rosso scuro che ad un tratto divenne del colore dell'elsa. -Alli! Svegliati!-
Spalancai gli occhi di scatto. Stavo respirando affannosamente ; goccioline di sudore scendevano dalla radice dei capelli per poi arrivare al mento e unirsi in un'unica goccia. Guardai il luogo dove mi trovavo: il pavimento era fatto di sampietrini, dello stesso materiale erano fatte anche le pareti; non c'erano finestre,eccetto una porta in ferro battuto con una piccola finestrella a sbarre. Da quello che avevo potuto dedurre, capii che mi trovavo in una specie di prigione, anche se la stanza era un po' troppo larga ,per essere una prigione, la temperatura agghiacciante era giusta. Sentii una fitta di dolore improvvisa ai polsi. Istintivamente li guardai e vidi che erano legati da una sola manetta che li stringeva entrambi. La manetta a sua volta era attaccata a una catena di metallo che fuoriusciva dalla parete, e per
mia solita sfortuna vidi che la catena non toccava a terra e io mi ritrovavo appesa come un salame; con le braccia che puntavano al soffitto e i piedi che toccavano terra solo con le punte. Cercai di liberarmi strattonando la catena, ma questo riuscì soltanto a provocarmi più dolore, ma non mi importava, quindi ignorai il dolore e continuai a dimenarmi e a cercare di liberarmi.
- Dio Alli! Basta, per favore!- disse una voce alla mia destra. Mi girai e vidi Melanie con un espressione di preoccupazione sul volto. -Se non la smetti subito,finirai per staccarti le mani!-
-Sì amica, Melanie ha ragione. Anche se adesso non puoi utilizzarle, credo che ti servirebbero comunque se riuscissimo ad uscire di qui.- disse Dylan alla mia sinistra sospirando. Era incatenato anche lui, solo che la sua catena toccava terra e un unica maniglia gli stringeva una caviglia. Guardai Melanie che solo ora mi accorsi che era seduta a terra con le game incrociate e con i gomiti appoggiati su di esse, e una sola catena,anch'essa come le altre attaccata al muro, le stringeva un polso. - Sì a te é andata peggio-, mi disse come se avesse interpretato il mio sguardo. - Che posto è questo?non ricordo quando ci hanno portati qui.- risposi. Con una grande irritazione scoprii che avevo la gola secca e riuscivo a malapena a parlare. -Scommetto che ti hanno appesa così per fartela pagare.- disse Dylan sorridendo.
- Perché cos'ho fatto?- risposi curiosa.
Sta volta fu Melanie a parlare -Diciamo solo che hai dato parecchi calci a una guardia e gli hai fatto un occhio nero e quella si è arrabbiata talmente tanto che ti ha fatto svenire premendo il nervo sul collo.- poi riprese -ovviamente io e Dylan abbiamo protestato, ma quando ci hanno minacciato di morte non abbiamo osato dire più niente.-
Avevo davvero fatto tutto questo?
Be', se era così allora non lo ricordavo.
- Dobbiamo trovare un modo per uscire di qui.-
dissi guardandomi i polsi -se solo riuscissi a liberarmi da questi cosi.-
- pensi che noi non ci abbiamo provato?- mi rispose Dylan
- i cellulari!- lo dissi quasi urlando
- ditemi che c'è campo qui sotto.-
- E secondo te non ci avremmo già provato se non ce li avessero tolti?- sbottò Melanie.
- è praticamente impossibile uscire di qui.-
Mi stavo spremendo le meningi a furia di pensare a un modo per uscire da quell'orribile situazione quando vidi una cosa luccicare dalla tasca di Dylan.
- Cos'hai in tasca.- gli chiesi con sguardo interrogativo.
Dylan cacciò dalla tasca un piccolo coltellino, non era più grande di una mano, ma forse avremmo potuto sradicare le catene dal muro.
- Cosa? Questo coso di plastica?- disse girandoselo tra le dita - L'ho preso da quella tizia del teatro quando le era caduta la borsa, ho pensato che questo coltellino di plastica sarebbe potuto starci bene con la mia collezione di super eroi Marvel.-
- non è di plastica!- gli feci eco io.
- Sì che lo è.- replicò lui.
- Ok,allora prova lo stesso ad usarla.- continuai - prova a fare un buco nel muro o a tagliare le catene.-
Ora Dylan mi stava guardando come se fossi diventata pazza.
- Senti Alli, non so se non lo hai capito, ma questa è solo plastica!-
- Dylan...-
- Guarda! - con questa esclamazione avvicinò la lama del coltellino al palmo della mano e prima che io potessi urlargli di non farlo si stava già provocando un taglio.
Chiusi gli occhi per non guardare la ferita.
- Visto?!- Dylan mi stava mostrando il palmo della mano intatto, non c'era nemmeno un graffietto. Continuavo a guardare la lama che luccicava argentea tra le mani del mio amico e a quel punto dissi - Ce la fai a lanciare quel coltello fino alle mie mani?-
- Non credo che serva a molto e comunque sei troppo lontana e con i polsi legati così sarà difficile afferrare qualsiasi cosa.- precisò Dylan.
- Hai un'idea migliore?- borbottai -E poi ho i polsi legati, non le mani. Con un po' di fortuna credo di potercela fare.-
Dylan si stava preparando a lanciare il coltello quando mi venne in mente una cosa e lo bloccai.
- e adesso cosa c'è ?- mi disse seccato.
- Credo che sarebbe meglio se lo lanciasse Melanie, è più vicina di te.-
Sapevo che Melanie aveva una pessima mira, ma i metri che mi separavano da lei erano pochi rispetto a quelli che mi separavano da Dylan e forse ce la poteva fare.
-Io?- chiese stupita Melanie. -Lo sai che sono una frana in queste cose.-
La zittii con uno sguardo e dissi a Dylan di far scivolare il coltello sul pavimento fino a farlo arrivare a Melanie. E così fece. Dylan lanciò il coltello con un po' troppa forza e Melanie riuscì a prenderlo per un pelo.
-Ok.- dissi -pensi di riuscire a farlo arrivare sulle mie mani?-
-No.- rispose lei - ma ci provo.-
Ero tesissima, anche perché io quel coltello non lo avevo mai visto di plastica, e l'idea di essere infilzata come uno spiedino non mi piaceva molto.
- Lancialo dal basso.- ordinai a Melanie cercando di mantenere un tono il meno preoccupato possibile.
Fece un respiro profondo e dopo tre secondi che sembrarono un'eternità, lanciò il coltello che fece tre giri su Se stesso prima che riuscissi ad afferrarlo con le dita di una mano. Lo avevo preso. Guardai Melanie che era stupita quanto me per il suo lancio perfetto -Wow Melanie, sei stata grande!- esclamò tutto contento Dylan. Melanie lo ringraziò e gli fece un occhiolino.
Girai il coltello (che sembrava più un pugnale) tra le mani in modo che la punta fosse rivolta contro il muro, piegai le ginocchia e poggiai i piedi sulla parete pronta a darmi lo slancio. Mi preparai psicologicamente al dolore che avrei sentito e senza esitare mi diedi uno slancio con tutta la forza che avevo. La catena si alzò e io mi preparai a piantare il coltello nel muro. Sentii i palmi delle mani scottare ma non lasciai la presa del coltello,poi iniziai a sentire un bruciore per tutto il corpo e dovetti stringere i denti per resistere. Emisi un sospiro di sollievo quando quella sensazione svanì e alzando lo sguardo vidi che il coltellino era riuscito a penetrare nelle rocce della parete.
Spostai lo sguardo sui miei amici che sembravano sconvolti. I miei occhi si posarono prima su Melanie e poi su Dylan che disse -Non...non è di plastica, ma...ma come è possibile?- Poi mi guardò con un'espressione confusa - E come hai fatto?-
- Te l'ho detto, non è mai stato di plastica!- risposi - e poi come ho fatto a fare cosa?- aggiunsi.
Dylan abbassò lo sguardo e quindi fissai Melanie che disse - Tu hai... C'era una luce...e poi... Non è più di plastica!-
Il suo discorso non era molto sensato e inoltre ero troppo stanca per capire quello che aveva detto, quindi staccai il coltellino dal muro
- Qualche altro colpo...- piantai di nuovo il coltellino vicino alla catena -...e credo di poter riuscire a sradicare questa catena dal muro.-
- Cerca di non sradicarti anche una mano.- puntualizzò Melanie.
- tranquilla.- la rassicurai.
Diedi altri tre colpi nel muro vicino alla catena che scese giù di qualche centimetro. Un altro colpo ed era fatta. Ma prima che potessi infilzare il muro un'ultima volta la porta di ferro battuto si aprì e per la sorpresa mi scivolò il coltello da mano.
Entrarono due guardie corpulente con le loro divise verde oliva e una di loro aveva un occhio nero; la riconobbi. Era la guardia che mi aveva portato in braccio fino al posto dove mi trovavo.
Avanzò a passo pesante verso di noi per poi dire -Spero che siete stati bene.- poi mi guardò con un sorrisetto - In particolar modo tu, ragazzina.- pronunciò l'ultima parola con una punta di disgusto.
- Che cosa volete da noi?- dissi. -Perché ci avete portati qui?.-
- Bella domanda.- rispose divertito
- diciamo solo che è il nostro lavoro.-
Poi spostò lo sguardo sul pavimento e vidi che stava guardando il coltellino e poi subito andò ad esaminare la mia catena quasi schiodata dal muro ma che ancora riusciva a reggermi.
- Mi dispiace dirvelo.-, si intromise Dylan - ma evidentemente non sapete farlo.-
Ora l'uomo corpulento si diresse verso di lui con uno sguardo aggressivo. -Senti ragazzino, non sei per niente divertente.- così dicendo gli diede un calcio facendogli perdere l'equilibrio. Dylan cercò di reagire sferrando un pugno, ma l'uomo si era allontanato troppo e la catena che stringeva la caviglia di Dylan non era abbastanza lunga da permettergli di raggiungerlo.
Melanie era rannicchiata per terra e si stringeva le ginocchia. Guardai l'altra guardia che sembrava godere dello spettacolo. No. Non potevo sopportare tutto questo neanche per un altro secondo. Non volevo solo stare a guardare mentre due idioti si divertivano a prenderci in giro.
- Ehi! Brutto essere schifoso!- gridai con tutto il fiato che avevo in corpo
- È facile prendersela con chi non può reagire... Sei solo un CODARDO e mi fai schifo.- mi pentii subito di averlo detto, perché la guardia con gli occhi pieni di rabbia si avvicinò a me, raccolse il coltello da terra e me lo puntò sulla gola - Sai, credo che faresti meglio a tenere quella lingua al suo posto, se non vuoi che te la tagli.- deglutii. Il cuore batteva in petto come mille martelli impazziti e la testa sembrava volesse scoppiare. Se avessi avuto le mani libere, gli avrei fatto nero anche l'altro occhio.
Fece un sorriso maligno che mi fece accapponare la pelle e poi sollevò il coltello per sferrare un colpo deciso. Chiusi gli occhi per non vedere il momento della mia morte, ma quando li aprii vidi che aveva conficcato il coltello nella parete e dopo neanche un secondo, con l'altra mano libera, diede un pugno nel punto da cui fuoriusciva la catena. Il colpo era stato talmente forte che la catena si staccò dal muro e io caddi a terra sulle ginocchia che adesso non riuscivo a muovere.
Mi facevano male tutte le ossa ma riuscii ad alzarmi e ad appoggiarmi contro al muro, non volevo dargliela vinta. Qualcuno si schiarì la voce. Non era nessuno dei miei amici e nemmeno una della guardie, visto che si girarono anche loro per controllare chi fosse.
Sull'uscio della porta, diritto come un soldato e con le mani dietro la schiena c'era quel ragazzo biondo. Non aveva più i vestiti sudaticci dell'ultima volta ma indossava un paio di jeans consumati e una maglia blu scolorita. Proprio in quel momento pensai a quanto tempo era passato da quando eravamo arrivati in questo posto. Sono passate solo ore, oppure siamo già nel giorno seguente? La scuola si è accorta della nostra assenza? E soprattuto pensavo a mio padre e a quanto doveva essere preoccupato.
I miei pensieri furono interrotti dalla voce ferma e sicura del ragazzo -Il consiglio ora è completo, il signor Morrison ha avuto un contrattempo, ma alla fine è arrivato.-
- Bene.- disse infine la guardia dall'occhio nero - Chissà che fine farai, mocciosa.- mi stava guardando con sguardo di sfida e rideva di me come se fossi stata una barzelletta in persona e io non potevo sopportarlo. Senza pensarci due volte, gli diedi un calcio nello stinco facendolo quasi urlare per il dolore. Stava quasi per reagire quando l'altra guardia lo bloccò
- basta Rob, Credo che già abbiamo fatto abbastanza e inoltre sai che prima della sentenza noi non possiamo reagire.- si fermò qualche secondo e poi aggiunse - Guarda com'è ridotta, meglio che sia cosciente, così potrà guardare meglio la sorte che le spetta.- Rob annuì e poi disse - Okay, sleghiamoli e portiamoli davanti al consiglio prima che mi addormenti.- poi si rivolse al ragazzo - e tu, ragazzo...-
- Chris, non ragazzo.- lo corresse lui
- Sì, come ti pare. È meglio che ci aiuti. Io prendo la ragazza occhialuta sta volta.- detto questo con una chiave aprì le manette di Melanie e iniziò a trascinarla fuori, poi l'altra guardia fece lo stesso con Dylan e indicò a Chris di portare fuori me dopo avergli passato un mazzo di chiavi.
-Dove ci stanno portando?- chiesi al ragazzo una volta rimasti soli nella cella. Lui non mi rispose. Era troppo impegnato ad aprire la manetta che mi teneva legati i polsi.
- Devo avvisare mio padre che sto bene.- continuai
Stavo per chiedergli perché mi stava ignorando quando sentii un dolore attraversare i polsi. Li guardai: erano segnati da delle lineette rosse, ognuna terminava con un livido violaceo e sul polso destro c'era del sangue incrostato. Cercai cautamente di muovere i polsi e le mani ma avvertii una fitta lancinante che mi fece cambiare idea. Mi chiesi se non fossero rotti. Melanie non aveva tutti i torti, avevo davvero rischiato di staccarmi le mani e solo adesso ci facevo caso.
- Stupida.- disse il ragazzo all'improvviso
- come, scusa?- chiesi stupita.
- Credevi davvero di riuscire a liberarti così facilmente?-
- Certo che no! Comunque valeva la pena tentare.- gli lanciai una rapida occhiata e vidi che stava fissando i miei polsi e aggiunsi -e inoltre non me ne sarei stata con le mani in mano aspettando che delle stupide guardie travestite da cetriolo mi venissero a prendere.-
Ma lui sembrò non aver sentito neanche una parola. Si limitò a dire
-andiamo- e a spingermi fuori la porta mantenendomi per le braccia.
Non potevo stare semplicemente zitta e aspettare, avevo bisogno di sapere e subito - senti, tu devi aiutarci, noi non abbiamo fatto niente. Non so neanche che posto sia questo. Tu. Ci. Devi. Aiutare.-
- Lo so. Disse con voce ferma.
- Come scusa?- non capivo
-So che non avete fatto nulla. Non lo ripeto un'altra volta.- disse con un tono di voce un po'seccato.
- Tecnicamente lo hai già fatto.- dissi mentre continuavamo a camminare.
Non rispose. -Okay. Devi farci uscire di qui. Per quanto mi riguarda potete anche uccidermi, ma i miei amici, devi aiutarli. È colpa mia se sono qui con me.- Forse stavo iniziando a supplicare un po' troppo e me ne rendevo conto ma almeno non stavo mentendo. Era soltanto colpa mia se Dylan e Melanie erano venuti con me. Io li avevo trascinati in quel posto e io avrei fatto in modo che uscissero vivi di li, con o senza di me. Loro non meritavano tutto questo.
Quindi mi voltai. I miei occhi erano fissi in quelli di Chris che non lasciavano trapassare un briciolo di emozione e viceversa. -Perfavore.- sussurrai.
Qualcosa in lui cambiò. I suoi occhi grigio-azzurri adesso riflettevano qualcosa di diverso, non era più quel tipo fermo e indifferente, sembrava preoccupato e anche turbato.
Non stavamo più camminando. Mi aveva lasciato le braccia delicatamente, in un modo che non mi sarei mai aspettata e poi abbassò lo sguardo. Che cosa significava? Che dovevo scappare? Dovevo lasciare i miei unici amici per salvare me stessa? E anche se avevo la possibilità di scappare, dove sarei dovuta andare per uscire di lì?
Ma sapevo che non lo avrei mai fatto. Non mi importava cosa mi doveva aspettare, ma sarei rimasta, qualunque cosa sarebbe successa.
- Senti...- Iniziò lui
- Ehi Chris! Muoviti!- urlò una guardia cetriolo da lontano. Chris tornò in sé,mi girò velocemente e mi afferrò le braccia tenendomele salde dietro la schiena. -...non posso farci niente.- concluse con freddezza. E così ci avviammo verso il mio destino ,in silenzio, come se tutto quello che stava per succedere era in qualche modo già stato segnato.
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"The Knights of the Night" -il Cuore di Luce-
Fantasy"-Tutto quello che ti posso dire ragazza è che prima di conoscere la storia degli altri, devi conoscere la tua.- Già mi aveva detto una cosa simile il giorno prima, ma vi assicuro che non mi colpì come nel modo in cui lo aveva detto questa volta." ...