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Gennaro aveva provato a seguirlo. Aveva provato a raggiungerlo per dirgli che tutto si poteva sistemare, ma non lo fece, perché in fondo sapeva che questo non sarebbe accaduto. Ormai c'era dentro fino al collo, quello della droga era un corridoio dritto e buio senza via d'uscita. Ma lui non era dipendente da essa, non era un cocainomane ed era questo che la gente fraintendeva. Sì, si faceva qualche canna ogni tanto, qualche striscia ma mai niente era paragonabile alla quantità di roba che riusciva a vendere.
Da quando era entrato in quel giro di spaccio dovette ammettere che gli affari andavano molto bene, ma non era di certo una cosa di cui andarne particolarmente fiero; non era come una carriera appagante e soddisfacente in un lavoro 'normale', in un'azienda 'normale', proprio non lo era ma di questi tempi era già difficile trovare un minimo impiego quindi, in un certo senso, non aveva niente di cui lamentarsi, giusto?

Alex in quel momento era furioso, la rabbia scorreva nelle vene insieme ai globuli rossi e si poteva percepire a chilometri di distanza la delusione.
Non era la prima volta che provava queste due emozioni e si è sempre sentito dire che queste fossero pure e genuine e che meritassero di essere vissute così come andavano vissute l'amore e la gioia.
Ma come potevano queste due emozioni, allora, logorarti dentro distruggendo tutte le certezze che anche in poco tempo hai imparato a costruire?
E ci fu tanto da distruggere perché è vero che Alex e Genn avevano trovato la pace quella mattina stessa ma era come se tutto il resto intorno a loro andasse come un treno in corsa mentre stesso i due, nella loro bolla d'amore che avevano creato, si estraniavano completamente da tutto e tutti- e a dir la verità Alessio per questo si sentì ridicolo e debole, perché forse questo riusciva a percepirlo solo lui.

Alex in quel momento però poteva permettersi tutta la rabbia di questo mondo. Poteva essere furioso con il suo compagno- perché nonostante tutto lo considerava ancora tale, ma non voleva dargli la soddisfazione di essere subito perdonato.
Aveva tutto il diritto di non rispondere nè alle innumerevoli telefonate, nè ai milioni di messaggi del biondo, non voleva.
Gennaro doveva capire che stesse solo facendo una cazzata, che si stesse cacciando in un casino troppo grande per lui e non trovava modo diverso per farglielo capire.
Non sapeva quanto tempo avrebbe preso le distanze da Genn, probabilmente, dato quello che prova per il biondino, non avrebbe resistito a lungo, e fu per questo che informò Nando di non voler ricevere assolutamente nessuna visita.

Ma Gennaro doveva vederlo.
Doveva parlargli almeno un'altra volta.
Quella 'distanza' lo stava distruggendo.
Erano ormai due settimana che provava invano a riavvicinarsi al moro: tra telefonate, messaggi, corse a casa sua in cui o aprivano i familiari dicendo che non era in casa- palesemente poco credibili- o i suoi pugni all'ingresso di quel l'appartamento si trasformavano in semplici rumori fastidiosi che andavano persi nel silenzio di quel condominio deserto, perché quella porta non si aprì mai, neanche dopo ore.

Ormai però Genn era stanco. Stanco di questo comportamento infantile del moro. Non poteva averlo escluso dalla sua vita senza voler sentire una minima spiegazione, quindi sì, lo considerava infantile. E forse in questo caso non aveva proprio torto.
Così quella mattina si alzò dal letto con l'intenzione di chiarire tutto con Alex e non si sarebbe fermato davanti a niente, a costo di entrare direttamente in camera sua dalla finestra- cosa un po' difficile dato che si trovava al terzo piano.
Si diresse correndo verso casa Iodice non facendo neanche caso alla strada o chiedendo scusa alle persone che aveva travolto goffamente lungo il tragitto.
In quattro anni aveva imparato le abitudini di Alessio a memoria e con esse anche quelle della sua famiglia; quindi si sentì sollevato vedendo che parcheggiate non c'erano né la macchina del fratello maggiore Nando, nè quella di suo padre, Bruno. Almeno l'ostacolo 'familiari' era risolto e superato.
Forzò la porta con una facilità inaudita e una bravura nata da anni di pratica- chissà per quale motivo- e si diresse a passo felpato verso la camera di Alex in fondo al corridoio.
Fu felice di vedere, aprendo la porta della stanza che quest'ultimo non stesse dormendo ma stesse ascoltando e canticchiando 'Take it back' con il volume al massimo negli auricolari tanto da non sentire l'entrata del biondo, lasciandogli qualche secondo per ammirare il profilo delineato e squadrato del ragazzo dai capelli corvini, prima che questo si accorgesse della sua presenza.

"Cosa ci fai qui? C-come sei entrato?" Domanda superflua dato che Alessio era a conoscenza delle abilità del biondo nello scassinare le porte.
"Ho forzato la porta. Senti dobbiamo parlare" disse Gennaro alternando lo sguardo dagli occhi del moro ai lacci delle sue scarpe, mordendosi il labbro per il nervosismo e facendo qualche passo verso di lui.
Alex indietreggiò per annullare quel tentativo.
"Non ti avvicinare" disse alzando la mano come a difendersi dietro al suo palmo.
"Dio Alex, non sono un mostro perché mi tratti così?"
"Ah no? E allora spiegami come dovrei trattarti, come dovrei definirti adesso?" doveva urlarle quelle parole ma invece furono a malapena sussurrate quasi impercettibili se il biondo non fosse così concentrato su di esse.
"Alex non è tutto come immagini... So quello che hai sentito ma ti giuro non è del tutto come sembra"
"Non è come sembra, davvero Genn?" il moro scoppiò in una risata ai limiti dell'isterismo per poi aggiungere
"Invece credo sia proprio come sembra ma se vuoi ora te lo spiego subito caro il mio Genn.
Quando io non ci sono stato ti è sembrato giusto compiere cazzate come iniziare a frequentare gente come quel Leo che ti hanno portato in uno schifo del genere e per cosa poi? Per dei cazzo di soldi. Sporche e luride banconote per comprarti un'auto nuova, vestiti firmati e merdate varie. È uno schifo Genn, è davvero uno schifo"
E stavolta queste parole le urlò forti e chiare.

"No Alex tu non sai proprio niente"
"GENN NO, NON PROVARE A GIUSTIFICARTI COSÌ EH"
"Non mi sto affatto giustificando è solo che..."
"CHE COSA GENN, COSA? MI STAI DICENDO CHE È GIUSTO QUELLO CHE STAI FACENDO, CHE DOVREI DARTI UN CAZZO DI PREMIO. Scommetto che i tuoi abbiamo detto la stessa cosa giusto?"

Eccolo lì, quello era il tasto che proprio non doveva essere toccato perché con quello il biondo sarebbe sicuro scoppiato e non sapeva se questo fosse un bene o un male. Alex questo purtroppo non lo capì, ma riuscì a trarre le sue conclusioni dal silenzio del ragazzo di fronte a lui.
"DIO GENN NON GLIEL'HAI DETTO. DAVVERO SEI COSÌ STUPIDO DA NON DIRGLI UNA COSA DEL GENERE? COME PUOI GENN TI RENDI CONTO?"
"Alex, ti prego b-basta" disse Genn con il fiato ormai spezzato dai singhiozzi e dalle lacrime.
"NO GENN, FORSE TU NON TI RENDI CONTO. MI SPIEGHI PERCHÉ NON HAI DETTO NIENTE ALLA TUA FAMIGLIA?"

Okay Genn, conta fino a dieci e cerca di calmarti. Forse così non esploderai.

1... 2... 3... 4...

"ALLORA?"

5... 6... 7...

"RISPONDIMI"

"PERCHÉ SONO MORTI ALEX. SONO MORTI CAZZO"

Troppo tardi...

I (don't) need you... || GennexDove le storie prendono vita. Scoprilo ora