Felicità.
Parola forte, diciamoci la verità.
Forse molte persone ancora non si rendono conto che questa emozione non è scaturita semplicemente da un bel voto a scuola, da una giornata di lavoro andata particolarmente bene o semplicemente dalla presenza di qualche raggio di sole- o qualche centimetro di neve- in inverno.No, la felicità non è questo. È molto di più.
Se considerare questa constatazione una cosa negativa o semplicemente darmi torto, spetta solo a voi.C'è da dire che Gennaro e Alessio avevano capito il vero significato del termine felicità.
I due ragazzi, dopotutto, non avevano mai avuto motivo di usufruire in maniera superficiale di questa emozione, così complicata, contorta, difficile da raggiungere davvero.Felicità è la consapevolezza di avere qualcuno o qualcosa che anche nella sua semplicità è il motivo per cui ti alzi ogni mattina; per cui tu vivi davvero e non "tiri avanti" semplicemente per sopravvivere.
Tutti hanno bisogno di questo qualcuno- o qualcosa- perché tutti meritano di essere felici e non c'è chi più o chi meno- naturalmente, siete liberi di dissentire.Gennaro quella mattina si era svegliato con la consapevolezza di aver appreso qualcosa in più: consapevolezza di essere innamorato, di essere- appunto- felice.
Non poteva esserne sicuro, no, non poteva, ma di certo risvegliarsi tra le braccia di Alex, ancora con le palpebre calate e le labbra leggermente schiuse, non era come tutte quelle mattine in cui l'unica persona a fargli compagnia era la sua stessa immagine riflessa nello specchio.
Svegliarsi con un casto bacio su quelle labbra così sottili e perfette non era come alzarsi dal letto sapendo che nessuno ti avrebbe preparato neanche un minimo di colazione.
E a pensarci bene, prima di allora non era mai stato davvero felice, ma ora..."Buongiorno" Alessio risvegliò Genn dallo stato di trance in cui si trovava, perso nei suoi pensieri.
E Gennaro in quel momento sfoderò uno dei più bei sorrisi mai visti prima d'ora- a parer del moro, certo- lasciandogli tanti piccoli baci a stampo, sulla tempia, sulla guancia e sulle labbra.Erano passate due settimane da quando avevano avuto quella "discussione", che in realtà, non si poteva definire neanche tale- si potrebbe definire più come una 'confessione' da parte del biondo ma dettagli- e non ne avevano più parlato.
Il moro sapeva il rapporto che aveva Genn con i suoi e magari, non parlandone spesso sarebbe stato d'aiuto. Non che volesse fargli dimenticare l'immagine dei suoi genitori, quello mai, ma magari lui avrebbe potuto aiutarlo ad andare avanti, a non rimuginarci sopra facendosi solo del male.Tre giorni dopo aver saputo della loro morte Alex andò al cimitero per salutarli- a insaputa di Gennaro- perché Rosa e Pasquale erano davvero i genitori che lui non aveva mai avuto.
"Oggi devi lavorare?" Alex aveva trovato lavoro in un piccolo negozio di elettronica; non era niente di che ma almeno gli permetteva di pagare le bollette e farsi una vita da solo- cosa che avrebbe dovuto iniziare a fare anche Gennaro, trovare un lavoro- ma un lavoro vero- considerando anche che si era letteralmente trasferito a casa di Alessio, e non voleva proprio essere un peso.
"Sì e sono già in ritardo. Fantastico" rispose Alex con sarcasmo prima di vestirsi in fretta, mangiare al volo una merendina e uscire di casa- non prima di aver dato un ultimo bacio al biondo e aver urlato sull'uscio della porta un "torno stasera".
Gennaro in tutto questo era rimasto appoggiato con la schiena alla testiera del letto, con un sorriso da ebete stampato sul volto, seguendo tutti i movimenti del minore.

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I (don't) need you... || Gennex
Fiksyen Peminat"Come here help me to live I hear no voice around me And they don't hear me I'm the gost And what we've done now is lost" -Last Part, Urban Strangers