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"Eccomi, sono io Alessio Iodice"

Alessio sbattè violentemente le mani sul bancone in legno davanti all'entrata della stazione di polizia, cercando di regolarizzare il respiro completamente aritmico.
Quando arrivò la telefonata non aspettò nemmeno che questa di concludesse per precipitarsi fuori dalla porta e salire in macchina - forse aveva saltato anche alcuni Stop e passato con il rosso, non se n'era reso conto - aspettandosi il peggio.

"Ah sì, lei è qui per Gennaro Raia. Beh ecco vede l'abbiamo chiamata perché sequestrandogli oggetti personali abbiamo visto che lei è l'ultima persona che ha contattato" a parlare fu una signora sulla cinquantina, camicetta bianca e gonna scura con degli occhiali sottili che le ricadevano sulla punta del naso.

"Sequestrato? Ma... Perché? Può dirmi cosa è successo?" gli chiese spaventato e alquanto irritato Alessio.

"Lei che rapporti ha con Raia?" gli chiese la donna prima di rispondere effettivamente alle sue domande.

"Sono il suo fid- il suo migliore amico" si corresse Alessio, perdendo un battito alle sue stesse parole.

"Allora mi dispiace ma per ora possiamo fornire informazioni solo ai familiari" la signora chiuse con un tonfo un fascicolo di color marrone chiaro, distogliendo lo sguardo dal ragazzo rosso in viso e imperlato di sudore.

La donna fece per alzarsi, ma

"La prego. Gennaro non ha nessuno. Le sorelle non ci sono. Ha - ha solo me qui"

La pregò Alessio seguendola verso una grande porta in legno.

"Vorrà dire che aspetteremo le sorelle qui. Mi dispiace" ribattè la donna con uno sguardo mortificato spalancando la grande porta che mostrava un lungo corridoio ai lati del quale erano presenti due guardie.

Alessio rimase a guardare le spalle della donna allontanarsi fino a quando, furioso e impaziente di sapere un minimo particolare sulla situazione del biondo, si mise a correre spalancando nuovamente la porta.

"La prego voglio sapere dov'è Gennaro. Per favore fatemi entrare." Urlò il moro mentre veniva braccato dalle guardie. La donna si girò di scatto, guardandolo compassionevole, e si avvicinò a passi lenti mentre il ragazzo era a pochissimo da dare un pugno in faccia alla guardia che lo prese per la vita.

Dopo pochi passi la donna si ritrovò a pochi centimetri dal viso di Alessio, un piccolo ghigno le attraversò il volto, quando subito dopo si alzò gli occhiali e guardò le due guardie.

"Lasciatelo andare. Lui viene con me" ordinò per poi fare cenno ad Alessio di seguirla.

"La ringrazio davvero" cantilenò Alessio mentre camminavano lungo il corridoio freddo.

"Zitto e cerca di fare meno rumore possibile" lo fermò la donna stringendogli l'avambraccio mentre lo conduceva davanti ad una stanza il quale interno era visibile da uno specchio unidirezionale - gli sembrava di chiamasse così - al lato della porta. La stanza era spoglia, fredda e cupa con le pareti completamente in metallo e insonorizzate - quasi sicuramente -; al centro della stanza vi era un grande tavolo rettangolare con solo due sedie posizionate al lato - di cui solo una vuota.
Gennaro si mangiucchiava le dita e si passava una mano ripetutamente fra i capelli in attesa di un interrogatorio.

"Abbiamo trovato lui insieme ad altri ragazzi a Via San Carlo, alcuni sono scappati e delle volanti stanno ancora continuando l'inseguimento. Lui è stato uno dei pochi ad essere stato preso. Abbiamo ispezionato l'auto di un suo amico, Feola, che è stato preso insieme a lui e..." la donna iniziò a parlare con lo sguardo rivolto verso il ragazzo biondo al di là del vetro. Alessio lo ascoltò con attenzione con un senso di rabbia salirgli nel petto.

I (don't) need you... || GennexDove le storie prendono vita. Scoprilo ora