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Gennaro è sempre stato un ragazzo a cui non piaceva mostrarsi debole davanti agli altri, lo aveva appreso per esperienza sulla propria pelle. Cercava sempre di essere forte in qualsiasi situazione; ma c'è una gran differenza dall'essere forte all'essere menefreghisti e in quel momento, davanti al moro, con le lacrime che gli scendevano copiose sulle guance non poteva tenere ancora nascosto il suo lato 'sensibile' ma dopotutto, cosa c'era di male?
Non gli poteva che fare bene sfogarsi con qualcuno e, nonostante si fossero allontanati nelle ultime due settimane, Alex era perfetto. Aveva sempre ascoltato e aiutato il biondo in qualsiasi problema lui gli avesse rivelato- cosa rara per Genn- e Gennaro poteva dire di aver trovato finalmente qualcuno che lo capisse.

"PERCHÉ SONO MORTI ALEX. SONO MORTI CAZZO"

Quelle parole gli uscirono come un fiume in piena. Non aveva mai ammesso così chiaramente la morte dei suoi genitori e davanti alle urla del moro non seppe controllarsi.

Gli faceva così male pensare ai suoi cari come un ricordo lontano che non potrà mai più tornare ma allo stesso tempo si sentì liberato da un peso enorme.

Il tempo di dire quella frase che le sue gambe cedettero e cadde in ginocchio davanti agli occhi del moro, il quale si avvicinò abbracciandolo e stringendolo come se lui stesso potesse proteggere Gennaro dal male che stava provando.
Ma nessuno poteva salvarlo da quel dolore, al massimo poteva alleviarlo, ma quell'incidente era arrivato come un fulmine a ciel sereno, e quello fu solo l'inizio di una potente tempesta che si scatenò nel mondo del biondo, una tempesta che molto probabilmente non avrebbe mai avuto una fine.

***

Faceva freddo quella mattina e di certo Genn non aveva proprio voglia di alzarsi per arrivare al lavoro in tempo. Dopotutto non è che fare il cameriere in uno squallido pub di Somma gli importasse parecchio, ma doveva guadagnare dei soldi per potersi comprare un appartamento fuori quella piccola cittadina. Magari un bell'appartamento nella periferia di Londra- non perché a Londra ci si fosse appena trasferito Alex, non era per quello.
"Genn ti accompagnamo noi a lovoro se vuoi, dobbiamo andare poi a casa di Valentina per il pranzo io e tuo padre, siamo già in macchina" disse Rosa premurosa al telefono, non avrebbe mai lasciato che il suo 'piccolino' prendesse freddo.
"Non ti preoccupare ma' vado a piedi" a Gennaro piaceva camminare, con le cuffie nelle orecchie ascoltando la musica al volume massimo. Era come se il mondo si spegnesse piano piano con l'alzarsi del suono e il susseguirsi di note e questo lo aiutava a pensare, cosa di cui non poteva fare a meno soprattutto nell'ultimo periodo, quando per la testa gli passavano migliaia e migliaia di pensieri che man mano riusciva a scartare a seconda dell'importanza.
È inutile dire che al primo posto c'era sempre lui. Alessio.
Era appena partito per Londra (senza di lui) e non si era neanche degnato di fare una telefonata. Forse era giusto così, forse l'avrebbe dimenticato prima o poi. Forse.

Quei pensieri tormentarono la mente del biondo fino alla fine del suo turno e con l'arrivo di una telefonata da un numero sconosciuto.

"Si è trattato di un'emorragia interna. Ci dispiace tanto."
Era in quella schifosissima sala d'attesa dell'ospedale che Gennaro ricevette la notizia più importante, brutta e tragica della sua vita.
I suoi genitori erano morti, non c'erano più e non sarebbero tornati. Questo per colpa di un automobilista che li travolse in pieno sull'autostrada.
"Abbiamo fatto tutto il possibile ma era troppo tardi"
-Stronzate. Solo stronzate.
Non avete assolutamente fatto tutto il possibile, perché se l'aveste fatto sul serio ora io potrei ancora vederli e parlarci- voleva dirle queste parole, oh sì che lo voleva. Le voleva urlare, sputare in faccia a quel dottore che lo guardava, nonostante tutto, con pura e semplice indifferenza, come se i suoi genitori fossero solo dei nomi con cui riempire dei fottutissimo moduli e che "abbiamo fatto il possibile" fosse solo una frase che ormai quei signori in camice bianco avevano imparato a memoria, tante le volte in cui erano quasi costretti a ripeterla, come se dirla potesse alleviare il dolore sapendo che quella gente non fosse morta senza aver fatto nulla.
Forse Genn aveva ragione a pensare tutte queste cose, ma ormai arrabbiarsi con il signore davanti a lui- Dtt. Marino diceva la targhetta sul camice- non avrebbe fatto tornare i genitori in vita, avrebbe solo attirato l'attenzione- cosa che fece comunque dato che un ragazzo ascoltò tutta la conversazione tra i due.
Gennaro si limitò a un "Grazie comunque dottore"- tra le lacrime e i singhiozzi- anche se di ringraziamenti se ne meritava ben pochi.
Avrebbe dovuto andarsene da quell'ospedale ma qualcosa lo fermò in quelle quattro mura e lo portò fino alla camera dove fino ad un'ora prima erano ricoverati i suoi genitori.
I letti erano vuoti, già messi perfettamente in ordine, pronti per aspettare altri pazienti in fin di vita.
Seduto su una sedia color porpora che stonava con il bianco pallido dei muri ospedalieri, Genn si chiese cosa avesse fatto di male per meritare una situazione del genere. Quasi si incolpò per tutto. Se avesse accettato il passaggio forse Rosa e Pasquale non avrebbero preso l'autostrada e non si sarebbero imbattuti in un pirata della strada. Forse non sarebbe cambiato niente, o forse sì.
Fatto sta che non aveva senso incolparsi per una cosa del genere perché ormai non si poteva tornare indietro, ma Genn era così abituato a darsi colpe per tutto che quella volta era quasi impossibile non farlo.

I funerali non gli erano mai piaciuti.
Tutti quei parenti, e non, che gli si avvicinavano facendogli le condoglianze quando nè lui nè gli altri si ricordavano quale fosse il nome della persona davanti a loro.
Imma e Amelia erano sedute accanto a Gennaro e non smettevano di piangere- comprensibile, ovviamente- ma Genn doveva dimostrarsi forte, DOVEVA, anche perché aveva già pianto fin troppo.

Dopo il funerale Gennaro decise di andare al cimitero, giusto per dare un ultimo saluto a quelli che fino ad allora erano state le figure più importanti nella sua vita.
Non si accorse di essere seguito, almeno fino a quando davanti a quella tomba non si sentì toccare la spalla.
Era lo stesso ragazzo dell'ospedale e stranamente non lo conosceva neanche di vista- considerando che in quella piccola cittadina, quale era Somma Vesuviana si conoscevano quasi tutti.
In realtà non lo stava proprio seguendo.
Quel ragazzo si trovava in quel cimitero per lo stesso motivo del biondo, a quanto pare ci andava continuamente, dalla morte del padre.
Ma quando vide Gennaro piangere qualcosa lo spinse ad avvicinarsi.

"Hei scusa, forse non dovrei intromettermi ma è tutto ok?"
Voleva sembrare il più apprensivo possibile ma dal biondo ricevette solo uno sguardo stranito che solo con gli occhi riusciva a dire "tu che dici?" e questo il ragazzo sconosciuto sembrò capirlo al volo.
"Lo so che è difficile, ci sono passato anch'io. Vedi quella tomba? È di mio padre. È morto quasi due anni fa e io vengo ogni settimana a fargli visita. Era la persona più importante e presente per me e ora voglio esserlo io per lui. Non che io abbia superato la sua morte, ma ho imparato a convivere con questo dolore. Lo farai anche tu, ne sono sicuro." il ragazzo non sapeva perché stesse raccontando tutto questo ad una persona sconosciuta, ma c'era qualcosa che lo spingeva a fidarsi del biondo, e sapeva non se ne sarebbe pentito.

"Beh, forse hai ragione e imparerò a convivere con questo dolore. Per ora non mi è ancora possibile ma... grazie e... Mi dispiace anche per tuo padre"

"Senti, io non ti conosco ma mi sei simpatico, lo so che forse posso sembrare inopportuno ma vorrei conoscerti. Magari ci vediamo qualche volta" detto questo il moro iniziò ad allontanarsi aspettando comunque una risposta da parte dell'altro.

"Mh sì ok... Comunque io sono Genn, tu?"

"Io sono Leo" disse uscendo dal cancello di metallo.

***

"Va tutto bene"
Dio, se l'era sentito dire troppe volte, Genn, da troppe persone che non avevano capito che in realtà niente stava andando per il verso giusto. Era tutto sbagliato, maledettamente e fottutamente sbagliato.
Molto probabilmente, invece, le persone intorno a lui questo l'avevano capito perfettamente ma quella era solo una frase di circostanza.

Ma quelle stesse parole, quelle tre parole pronunciate da Alessio non erano dette a caso per cercare di alleviare il dolore; erano parole piene di speranza, speranza perché voleva davvero provare a far stare bene il biondo.
Da allora tutto quello per cui si era allontanato da Genn nelle ultime settimane sembro dissolversi nell'aria di quella stessa stanza mentre nella sua mente nacque un nuovo desiderio: far tornare Gennaro a sorridere.
E forse ci sarebbe riuscito davvero.

I (don't) need you... || GennexDove le storie prendono vita. Scoprilo ora