La vita non è uno scherzo
La vita non è uno scherzo. Prendila sul serio
ma sul serio a tal punto
che messo contro un muro, ad esempio, le mani legate, o dentro un laboratorio col camice bianco e grandi occhiali, tu muoia affinché vivano gli uomini
gli uomini di cui non conoscerai la faccia,
e morrai sapendo
che nulla è più bello, più vero della vita.
Prendila sul serio
ma sul serio a tal punto
che a settant'anni, ad esempio, pianterai degli ulivi non perché restino ai tuoi figli ma perché non crederai alla morte pur temendola,
e la vita peserà di più sulla bilancia.
- NAZĪM HIKMETNiall's POV
Sentii come una stretta al cuore.
Sentii mancarmi la terra da sotto i piedi.
Rimasi paralizzato, come se il mio cervello avesse smesso di comandare i miei muscoli...
Anche se per un solo istante, le mie preghiere furono esaudite."Giusi! Hei..."
Fissai le nostre mani intrecciate.
Anche se per un solo istante, mi fece capire che era per metà cosciente e che mi stava ascoltando.
Anche se per un solo istante, mi strinse la mano.
Non si era svegliata, è vero, ma mi aveva dato prova della sua presenza.
Forse avrei dovuto chiamare subito il dottore e dirgli della fievole stretta di mano, ma non volevo assolutamente separarmi da lei.
Invece di correre a chiamarlo, restai lì a guardarla per un bel po', sperando in un altro suo segno.
Ma era chiedere troppo.
Le accarezzai il dorso per poi posare le mie labbra sulla sua pelle liscia e morbida come la seta.
"Sono qui...ti aspetto!."Quando il dottore la venne a visitare, gli dissi del meraviglioso segno a cui avevo assistito qualche ora prima.
Ma per il dottore non era altro che un piccolo segno ad indicare che il cervello dava ancora dei segnali ai muscoli, un movimento riflesso e niente più.
Sì, affermò che c'erano dei segnali di recupero, ma erano così effimeri che non poteva ancora stimare un tempo preciso in cui avremmo assistito al suo risveglio.
In tutta risposta, mi limitai ad annuire, ma restavo comunque della mia idea.
Quello era un segno!
Segno che sottolineava la sua volontà a restare con noi.
Segno che sottolineava il suo ascolto alle nostre parole.
Che mi stava ascoltando mentre le parlavo.Riferii la cosa anche alle gemelle e ai ragazzi. Inutile dire che le gemelle corsero nella stanza piene di gioia e speranza di poter rivedere la loro piccola sorellina svegliarsi da un momento all'altro.
Credevo nel suo recupero, ma le parole del dottore erano un tarlo nella mia testa."La sua stretta non significa che domani si sveglierà e tutto sarà finito..."
"È solo un segno del buon funzionamento del suo cervello..."
"La ragazza ha subíto un trauma cranico che l'ha indotta in un coma profondo..."
"I tempi di recupero non possono essere ancora stimati, ma dovrete aspettare ancora un bel po'..."
Avevo le sue parole che mi ronzavano in testa.
Avevo bisogno di uscire da quell'ospedale.
Così andai a bere una birra con i ragazzi in un bar nel centro di Londra, abbastanza lontano da quel posto e da quei medici freddi più del marmo."Sarebbe fantastico se domani andassimo in ospedale e la trovassimo sveglia, no raga?" disse Harry seduto al tavolo del bar , accanto a me.