Seconda prova Scrittura-@Mary_1385

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Titolo: Perché?
Autrice: Mary_1385

"Perché è finita così? Come sono giunto a quel punto? Queste erano le domande che mi ponevo mentre sentivo scorrere lungo le mie braccia piccoli e rapidi torrenti in piena formati dal mio stesso sangue. Faceva freddo, ricordo, tanto freddo. Steso sul pavimento dell'ultimo bagno a destra me ne stavo in silenzio a guardare il soffitto bianco, così candido da sembrare fatto di nuvole morbide e vellutate. Forse erano allucinazioni, forse ero giunto al limite, ma fatto sta che sul candore di quel soffitto, come fosse uno dei proiettori multimediali che avevamo a scuola, vidi scorrere delle immagini. Un film? Mi chiesi all'apice della pazzia. Un film sulla mia vita era quello, tutta la mia vita trasmessa davanti ai miei occhi come fosse il migliore spettacolo mai creato. Le immagini erano nitide più che mai, reali, ma allo stesso tempo così lontane e confuse. Erano ricordi, quelli, i miei ricordi. Ma perché stavo rivivendo l'orrore della mia vita? Era davvero tutto finito? Com'ero arrivato a quel punto? Mi persi completamente in quelle immagini tanto che dimenticai perfino di badare al fastidioso e doloroso dolore ai polsi squarciati. Mi formicolavano le braccia, come se un centinaio di insettini dalle zampette minuscole ci stessero ballando su, il sangue riempiva il pavimento, avvolgendomi in una calda e stranamente confortante stretta, scorrendo lento ed inesorabile in ogni direzione accanto a me. Vidi, nel bel mezzo del film trasmesso direttamente dai meandri della mia disperata mente, un ragazzo. Non era particolarmente bello, ma neppure esageratamente brutto, non era neppure alto, ma non era un nanetto da giardino come tanti che giravano tra i corridoi scolastici, e non era neppure grasso o robusto, anzi, era talmente magro da sparire tra i vestiti, non spiccava in lui la minima traccia di un addominale o di un bicipite. Sembrava aver paura, il ragazzo, paura di un qualcosa ai miei occhi invisibile, inafferrabile, ma allo stesso tempo mi sembrava di essere consapevole della causa del suo sguardo perso e malinconico. Sentivo la tristezza che emanava attaccarsi a me e divorarmi come fossero piccoli piranha dai dentini aguzzi che mi staccavano lentamente la carne, la pelle e l'anima ormai perduta, mentre una strana sensazione di paura iniziava a succhiarmi quel poco sangue che mi restava. C'era qualcosa in quel ragazzo capace di toccarmi fin nei punti più profondi del cuore. Qualcosa in quei suoi occhi verde smeraldo mi attraeva come una sirena attrae i marinai verso una misteriosa e sconosciuta morte. Sembrava uccidermi la sua tristezza, avevo paura di incrociare il suo sguardo, troppo triste da poter essere retto, troppo afflitto. I suoi occhi vigili e lucidi brillavano di una luce fioca e debole, così particolare da confondermi le idee, così bella da costringermi a non distogliere lo sguardo. Lo riconobbi da quella luce, unica e splendente, lo riconobbi perché, anche nella morte, quella luce verde come la speranza era sempre dentro di me, a darmi forza e vita. Eppure, poco prima, ero riuscito a riporla in un angolo del mio cuore, rinchiusa dal dolore, mentre impugnavo il taglierino tra le mani. Pensavo che morire fosse più semplice per uno come me, ma dovetti ricredermi. La visione del mio amato rendeva la morte una tortura invece che una liberazione. Volevo finirla, dovevo finirla, perché di dolore nella mia vita ne avevo visto abbastanza, ma ero troppo impegnato nel perdermi nei suoi occhi per permettermi di morire. C'erano sempre dei ragazzi accanto a noi quando stavamo assieme, di quelli alti e grossi, muscolosi e cattivi, che ci stavano attaccati come delle mosche ad una lampadina, e godevano a farci del male, godevano nel vederci soffrire. Uno di loro rideva mentre l'altro mi teneva per le braccia. Io urlavo, ma nessuno sembrava sentirmi. Un altro prendeva il mio amore per i capelli e lo buttava a terra, mentre un altro mi teneva fermo il viso e mi ordinava di guardare. Le scene che seguivano mi facevano gelare il sangue nelle vene aperte. Gli occhi mi si ricolmavano di lacrime, mentre la consapevolezza di essere inutile mi struggeva il cuore come una morsa. I muscoli si allentavano, mi lasciavo andare, mentre dentro di me sentivo il mio stomaco contorcersi come carta usata e sporca. "Froci", un colpo al cuore, "Luridi", un altro, "Depravati", bastavano poche parole per piegarmi. Il cuore batteva lento e pacato, come se si fosse stancato di lavorare, mentre il cervello lavorava più che mai. Tutte le mie speranze appassivano come fiori in inverno, il freddo pungente delle loro parole, dei loro gesti, mi ferivano più delle loro percosse. La vista si offuscava a causa delle lacrime, la testa era bassa, rivolta ai loro piedi, perché non avevo il coraggio di guardarli direttamente in faccia. Accanto a me, poco lontano, giaceva un corpo delicato e bello, dal viso addormentato pieno di lividi e sangue, dall'espressione così calma da apparire innaturale. Un urlo squarciò la mia gola, sopprimendo i loro insulti. Il mio cuore perse un battito, appassì, morì inesorabilmente per pochi attimi, poi riprese tristemente a pompare sangue dentro di me, mantenendomi in vita contro la mia volontà. L'intero mondo mi cadde addosso in un momento, schiacciandomi sotto il peso del mio dolore e della mia paura. Fissavo quel corpo senza vita con le mani tremanti. Il cervello andò in tilt, il cuore chiedeva pietà e batteva a stento. Non poteva essere vero. Ero solo. Completamente solo. Una parte di me, forze la più importante, la colonna portante di tutto il mio essere, il pilastro sul quale s'innalzava la mia vita era completamente crollato e le sue rovine erano state calpestate e derise da quei mostri. Strinsi i pugni, imprigionando tra le mie mani pezzi di terra e ciuffi d'erba, mentre le unghie mi penetravano la carne. Ma il dolore era piccolo ed insignificante in confronto a quello del mio cuore soffocato e piangente. Gli occhi erano fissi a terra, irremovibili e spaventati. Come potevo guardare in faccia gli assassini del mio amato, della mia unica ragione di vita? Non potevo più vivere così, perché il dolore era troppo senza di lui, ed io ero troppo fragile per sopportarlo. Le immagini svanirono e dentro di me fu il buio più totale. All'angolo del bagno apparve una figura opaca ad osservarmi con le lacrime agli occhi. Era venuto a prendermi, Feliks."

Concorso By: LePazzeDaLegare[Iscrizioni chiuse]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora