Is brea liom tu

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Il tram su cui eravamo saltate al volo, evento più unico che raro nelle notti londinesi, mi pareva muoversi con una maggiore lentezza di quanto avrei potuto fare io stessa correndo fino a Carnaby Street. Eccezion fatta per un tizio addormentato in fondo al tram, le uniche passeggere a bordo eravamo noi due. Sedute l'una i fronte all'altra, vicino all'uscita per poter immediatamente scattare in piedi al momento opportuno, io e Clementine restavamo in religioso e tesissimo silenzio: guardavo fuori dal finestrino, con aria angosciata, mentre Clem di tanto in tanto mi rivolgeva delle occhiate cariche di preoccupazione. Non solo non parlavamo perché potevo essere certa di avercela ancora con lei, ma perché entrambi ci premuravamo di non svegliare il tizio in fondo al tram, che soltanto alle nove e mezza di sera portava a spasso un aspetto non troppo raccomandabile. Nonostante ciò, tese come due corde di violino, e per diversi motivi ansiose di scendere dal tram, non avevamo minimamente pensato di attenderne un altro, consapevoli degli orari notturni.

-Non ti preoccupare- bisbigliò Clementine –Ho un paio di forbici nella borsa.- mi rivelò accennando impercettibilmente col capo al terzo passeggero.

Annuii distrattamente e tornai a guardare fuori. I lampioni si susseguivano emanando i loro coni di luce sulla strada che si faceva più frequentata man mano che il tram si avvicinava a Carnaby Street. Scendemmo poco dopo: non appena l'autista aprì le porte, mi precipitai fuori gettando occhiate febbricitanti a entrambi i lati della strada, fortunatamente illuminatissima dalle numerose insegne dei locali che si affacciavano lungo la via. Presi a camminare svelta, con Clementine che mi seguiva appresso, leggendo tutte le insegne alla ricerca di un nome che le ricordasse qualcosa, mentre io tentavo di discernere le fisionomie delle persone, dentro e fuori dai pub, nella disperata necessità di riconoscere in una di esse le sembianze di Roger.

Le mie speranze furono deluse: scrutavo uno dopo l'altro i locali senza far attenzione a che la gente non ci vedesse, entrambi, strane presenze che si soffermavano sull'ingresso, davano uno sguardo all'interno e scappavano via perdendosi fra i neon della strada. Non capivo null'altro che il mio unico pensiero, Roger, sempre più ostinato, martellante, non più piacevole e languido, ma esclusivo, totalizzante, e sempre più inscindibile dal terrore di perderlo per sempre. Ormai avevo dismesso il mio rancore verso Clementine, non m'importava della sua dimenticanza, ma soltanto di lui, nemmeno mi preoccupavo di pensare a qualcosa da dirgli, dovevo solo vederlo, e lui doveva vedere me, il resto sarebbe venuto di seguito.

La via era lunga, e leggermente in salita, nonostante ciò procedevamo a passi veloci e decisi, e sebbene allora non ragionassi molto, a posteriori posso aver ragione di credere che lo zelo che Clementine dimostrava nelle ricerche fosse volto a rendersi utile in una situazione così assurda e, non da ultimo, a farsi perdonare per il pasticcio combinato. Perlustrammo l'intero lato destro della via, quindi attraversammo e facemmo lo stesso dalla parte opposta, questa volta almeno in discesa. Non avvertivo la fatica, né la stanchezza, né le imprecazioni delle persone che con il mio incedere meccanico a volte scontravo. Clementine si scusava per me, adducendo motivazioni poco veritiere ma senza dubbio convincenti per placare gli spiriti dei passanti, intanto non smetteva di parlarmi di quanto le dispiaceva, del fatto che non fosse stata assolutamente colpa di Brian, e di come tutto si sarebbe felicemente risistemato se non la sera stessa, per lo meno la mattina successiva, quando avrei potuto nuovamente chiamare Roger e spiegargli che cosa era accaduto senza dover girovagare come una sonnambula per tutta la notte. Oh no! La mattina successiva sarebbe stata troppo tardi, non mi avrebbe risposto mai più, ne ero certa. La faceva facile lei, felicemente fidanzata, lei che non aveva subito l'equivoco che aveva colpito me e Roger. In quel momento non riuscivo a pensare alle settimane di lunga e dura attesa che la mia amica aveva sostenuto senza che Brian riuscisse a dichiararle i propri sentimenti, giorni interi trascorsi a chiedersi e a chiedermi se dovesse ella stessa disperare, dimenticarlo ancor prima che egli le dicesse qualcosa, qualsiasi cosa, perfino un rifiuto. Ero stata così felice per entrambi, quando avevo saputo che Brian finalmente aveva trovato il coraggio di dichiararsi, così emozionata per la mia amica... e adesso non pensavo a null'altro che a incontrare lo sguardo di Roger. E se l'avessi trovato completamente perso, ubriaco fradicio, disperato, irrecuperabile, nemmeno in grado di riconoscermi? Oppure l'avrei trovato completamente indifferente, come se nulla fosse accaduto, o anzi, magari davvero per lui non era accaduto nulla; ero io che completamente persa nel mio innamoramento, vittima della mia esclusiva visione dei fatti, già prefiguravo le peggiori tragedie quando forse egli non era rimasto assolutamente scalfito dal fatto che ancora non lo avessi chiamato. Ma no, com'era possibile? Lui, lui stesso mi aveva scritto "Devo vederti": erano parole che lasciavano poco all'interpretazione. Come poteva allora vivere tranquillo e divertirsi alla grande in compagnia di...

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