C'è ancora speranza

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Nessuna notizia. Nessuna telefonata. Eppure il mio numero glielo avevo lasciato. Se la caverà, starà con un'altra. Facevo tanto la dura con me stessa, e di riflesso anche con lui, ma la paura di un possibile tradimento, magari con una ragazza più spregiudicata e per questo più affascinante di me era sempre in agguato, e il solo pensiero che le giornate e le nottate di Roger trascorressero in compagnia di un'altra donna mi dava i brividi. No, lui era mio, ancora mio, e stava soltanto aspettando il momento giusto per chiamarmi, scrivermi, sapere qualcosa di me. Eppure non lo faceva. Ma perché non lo faceva? O piuttosto, perché non agivo io? No, non avrei potuto. Come avrei osato, con che coraggio, io che ero sparita così, dileguatami nel nulla per il terrore di affrontare una vita che sentivo estranea da me: in tour, sempre in viaggio, tra aerei, autostrade, e hotel di lusso assiepati di giornalisti e fan in delirio. Ma in fondo, non era sparito anche lui? Se davvero mi avesse desiderata, perché resisteva tanto all'idea di chiamarmi? Forse aveva semplicemente colto l'occasione del mio silenzio per potersi slegare da me e godersi la vita in tour, che per sua stessa ammissione, era un'esistenza che davvero adorava: la carica di avventura, divertimento e (chi può negarlo) la sottile venatura di follia che quell'atmosfera portava, gli faceva provare l'ebbrezza di una vita sempre intensa e vissuta senza rimpianti. No, era meglio lasciar perdere fin da subito, chiudere lì la storia e liberare Roger da ogni vincolo che avrebbe potuto trattenerlo, reprimerlo dalla sua vera natura. Non che ritenessi Roger un folle selvaggio, o un ragazzo così sciocco da divertirsi soltanto a perdere completamente il controllo di sé per gettarsi in qualche avventura in cui il rischio garantisse il divertimento stesso. Semplicemente, non credevo opportuno cacciarmi in qualcosa di più grande di me: una vita insidiosa, incerta, insicura, mai uguale a sé stessa, in cui nulla era mai un possesso per sempre.

Dunque mi ero buttata a capofitto nello studio, un po' per darmi una ragion d'essere più dignitosa di quella attuale (che consisteva nel silenzio forzato con cui provavo a reprimere i miei sentimenti) e un po' per dare tregua alla mia mente. Avevo cominciato a collezionare libri sempre più voluminosi e pesanti, densi di parole forse anche più del dovuto, e raggiungere l'università era divenuto presto l'unico motivo per uscire di casa. In breve tempo la mia vita s'era fatta così intensamente claustrale che per un periodo pensai davvero di aver fatto la scelta giusta: avrei abbandonato la strada dello spettacolo, pericolosa e poco consona alla mia natura,  che in fondo nemmeno avrei vissuto in prima persona, ma all'ombra di Roger, per dedicarmi a un ben più proficuo studio, saldo, sicuro, faticoso, solitario ma più adatto ad una come me. Egli avrebbe capito, avrebbe provato forse un po' di dolore all'inizio, ma col tempo anche quello sarebbe passato e lui stesso si sarebbe reso conto che il nostro rapporto fosse destinato a naufragare: lui così solare, avventuroso, spavaldo; io così umbratile, timorosa e insicura. No, se anche fossi rimasta con lui, non sarei stata capace di affrontare quel tipo di vita, lo avrei reso ridicolo comparendo al suo fianco durante qualche festa o ricevimento, e se ne sarebbe presto accorto anche lui. Eravamo stati bene insieme finché la nostra vita era rimasta entro i limiti di una, seppur stravagante, normalità.

Continuai a vedere Roger, sebbene già con minor frequenza rispetto a poco tempo prima, fino a quando egli non partì per il tour: da allora, ricevetti una sua telefonata, da Chicago. L'euforia che percepivo nella sua voce era talmente forte da nascondere quel velo di stanchezza dovuto al viaggio, all'agitazione, alle preoccupazioni e alle incombenze da tenere a mente. Ero stata felice di sentirlo, egli mi aveva promesso che a ogni spostamento mi avrebbe chiamata lasciandomi di volta in volta il numero di telefono dell'albergo dove avrebbe alloggiato, ma non lo fece, evidentemente colto alla sprovvista dal turbine frenetico della vita on the road. E io, cogliendo l'occasione, avevo semplicemente smesso di farmi sentire gradualmente, cosicché Roger non potesse avere rimorsi o rimpianti. Non era colpa nostra, era la sorte che ci impediva di restare uniti. La sorte che fin dalla nascita ci aveva dato due caratteri così diversi.

Love, Hope and ConfusionDove le storie prendono vita. Scoprilo ora