14

1.6K 132 43
                                    

Annabeth era sul letto.
Aveva cosparso le coperte con tantissimi fogli.
Percy uscì dal bagno, osservando la ragazza che, nella massima concentrazione, leggeva, con il pollice che, lentamente seguiva con il dito le parole.
Ad un certo punto prese un evidenziatore, sottolineò una frase, poi sbuffò.
-Che hai?- le chiese Percy.
-Dicono che probabilmente tuo padre aveva un complice.
Ma parlano solo di complice, non di un possibile assassino. E non prendono in considerazione minimamente la possibilità che sia stato lui a uccidere tua madre, e che quindi tuo padre sia innocente.
-Annabeth...- sospirò Percy- È stato lui. Lo sappiamo già.
-No!- urlò la ragazza- Non può essere stato lui. Le impronte sul coltello... sarebbe stato veramente un omicidio brutale, troppo...
-Annabeth, mio padre e mia madre litigavano spesso...
-Ma l'ha mai picchiata?- disse Annabeth.
Percy sbuffò, scuotendo la testa.
-Appunto. Perché avrebbe dovuto ucciderla?
-Momento di follia.
-Percy, se è stato veramente tuo padre... insomma... ha premeditato tutto. Non avrebbe comprato i biglietti per la Cina, prenotato la camera.
-Annabeth, è inutile che cerchi di consolarmi, di trovare un alternativa...
-Percy!- strillò Annabeth- smettila! Non hai sentito quello che ha detto il responsabile delle indagini?
-Certo, non crede sia stato lui ma...
-Ma cosa, Percy?
-Chi altro potrebbe essere stato? C'era solo lui in casa!
Annabeth scosse la testa, due lacrime le solcarono il viso, seguite subito da altre.
-Annabeth... - sospirò il ragazzo- stai perdendo solo tempo.
Se non sono riusciti a cavare un ragno dal buco quelli della polizia...
-Non credi che noi potremo riuscirci invece?
-No, non penso.
-Bene- disse Annabeth, pulendosi le lacrime dalle guance.
Stavolta se le asciugò da sola, non ci pensò Percy.
Forse fu anche questo che la portò a decidere, consapevole che non sarebbe stata più la stessa persona.
-Bene- ripeté lei- se non credi in quello che sto facendo per te, se non credi in me, forse è arrivato il momento di smettere di credere in noi.
Il ragazzo impallidì, provò a ribattere, ma Annabeth se ne era già andata, lasciando in casa tutte le sue cose, compreso il suo cuore.

***

Annabeth sapeva che Percy era uscito di casa per cercarla.
Non sarebbe tornato finché non l'avesse trovata.
Entrò nell'appartamento, prese velocemente il suo trolley, quello che odiava con tutta se stessa.
Lo riempì, gettando oggetti alla rinfusa, il più velocemente possibile.
Uscì, chiamando un taxi.

***

Percy non era riuscito a trovarla.
Rientrò a casa, a tarda notte, con la speranza che, forse, lo aspettava sorridendo sul letto, dicendo che era tutto uno scherzo.
Non si accorse immediatamente che Annabeth era passata.
Solo quando vide il suo bracciale, quello con la P incisa sopra, capì che non sarebbe più potuto tornare indietro.
Aveva commesso l'errore più grande della sua vita.

***

Annabeth non sapeva spiegarsi perché avesse portato con sé anche i fogli delle indagini.
E non riusciva a capire perché continuasse a lavorarci, giorno e notte.
Le mancava Percy, tantissimo.
Era anche venuto a cercarla, ma lei aveva finto che non ci fosse nessuno.
La chiamava ogni sera, alla stessa ora.
Le lasciava un messaggio in segreteria, alla stessa ora.
E, puntualmente, il cuore di Percy sprofondava un po' di più, alla stessa ora.
Le sarebbe piaciuto dire che pianse.
Che aveva gli occhi prosciugati.
Ma non le piaceva mentire.
Viveva, andando avanti.
Facendo finta di godersi l'estate.
Facendo finta di divertirsi.
Ignorando la data in cui, si ricordava, aveva commesso il più grande sbaglio della sua vita.
Ma, ripensandoci, si rese conto che non avrebbe cambiato nulla.
Perché, anche se per poco, Percy era riuscito a farla ridere, sorridere.
Era riuscito a farle amare la vita.
E lei lo odiava troppo per questo. O forse lo amava troppo per odiarlo.

***

Percy non riusciva a stare calmo.
Non riusciva a dormire nel suo letto, quello che aveva condiviso con Annabeth.
Profumava ancora di lei.
E Percy non poteva sopportarlo.
Iniziò a lavorare in una discoteca, come deejay.
Tornava a casa tardissimo.
Una sera, troppo stanco, di sdraió sul letto.
Scostò le coperte.
Si rialzò in piedi velocemente, più sveglio che mai.
Le coperte non sapevano più di lei.

***

Piper continuava a tormentarla con qualunque cosa riguardasse i bambini.
Body, passeggini, giocattoli, pannolini...
Erano passati i fatidici nove mesi.
Jason sorrideva continuamente, Piper era in preda all'agitazione.
E, quando arrivò il momento, Annabeth era lì.
Ma non immaginava che sarebbe stato lì anche lui.

Te Lo PromettoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora