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Percy se ne stava sdraiato a letto, a riflettere.
Già, ed era strano per lui.
Pensava ad Annabeth.
Erano passati due giorni da quando l'aveva buttata in acqua di proposito. Si era divertito troppo a schizzarla, a vedere lei che urlava... e gli era sembrato che anche lei si fosse divertita.
Ma allora perché lo evitava?

***

Annabeth sapeva che stava evitando Percy.
Lo sapeva anche troppo bene.
Ogni volta che lo vedeva si ricordava di quella notte, e tutto il male riaffiorava.
Sì, perché per quanto si convincesse del contrario, lei non aveva mai superato la morte dei suoi genitori.

***
Quattordici anni prima

Percy sembrava simpatico.
Stavano giocando insieme con le macchinine, anche se lui continuava a barare.
Una signora dai capelli mossi e corvini entrò nella stanza.
Cercò con lo sguardo qualcuno... il suo sguardo si posò su Annabeth.
Venne da lei e le prese la mano, e la bambina ebbe appena il tempo di salutare Percy, di dirgli che sarebbe tornata presto per giocare ancora.
La signora la portò in una sala, stavolta verde acqua.
Le indicò un tavolo, dove era seduto un uomo.
Appena Annabeth si sedette, l'uomo disse di chiamarsi Sergio.
-E tu, come ti chiami?- chiese ancora.
-Annabeth.
-Che bel nome che hai.
-Mamma dice che...
-Oh, già. Vedi cara... è successa una cosa veramente brutta.
-Cosa?-chiese Annabeth, curiosa.

***

Più tardi aveva scoperto che suo padre si era messo al volante ubriaco, schiantandosi contro un albero.
Più volte le avevano chiesto se suo padre aveva problemi, ma cosa poteva saperne una bambina di cinque anni?
Riflettendoci, dopo, si rese conto che i suoi genitori si comportavano in modo strano.
Che negli ultimi tempi papà non le diceva più mia principessa, non la prendeva più in braccio, e aveva sempre quello strano odore, che avrebbe imparato a classificare come alcool.

***

Percy sapeva che qualcosa non andava.
Se lo sentiva.
Dal giorno in cui aveva bagnato Annabeth, era come se avessero stabilito una sorta di legame.
Voleva parlarle, ma non era quasi mai in casa.
O almeno questo era quello che diceva Piper.
Dopo una settimana, senza averla più vista né sentita, decise di tenderle un'imboscata.
Quale miglior modo se non spiarla dallo spioncino, visto che il suo appartamento era di fronte al loro?
Frank lo prese per pazzo quando lo vide appostato allo spioncino.
Nico scosse la testa, lentamente.
Entrambi avevano altro per la testa; Frank non faceva altro che parlare di Hazel, mentre Nico ogni volta che era in spiaggia, fissava il bagnino, un tipo biondo e con gli occhi azzurri.
Il bello era che Nico pensava che nessuno se ne fosse accorto, ma come poteva sfuggire una cosa del genere ai suoi due migliori amici?

Annabeth ancora non era uscita.
Era dalle cinque che Percy si ritrovava a spiare dallo spioncino.
Ad un tratto, verso le 7.30, la porta si aprì. E ne uscì proprio lei.
Prese l'ascensore, e Percy si precipitò giù dalle scale per non perderla.
Arrivò qualche secondo prima che le porte si aprissero.
Annabeth non lo notò subito.
Ma quando lo vide, restò interdetta per un momento davanti ad un Percy con i capelli neri più spettinati che mai e gli occhi verdi che brillavano.
Poi realizzò cosa rappresentava, e non rispose quando Percy le chiese educatamente di parlare.
Uscì dal portone del palazzo e iniziò a correre.
Percy la rincorse, le prese un polso e la fece fermare.
-Annabeth...- disse- ...parlami. Che ti succede?
-Non sono affari tuoi.
-Annabeth, mi hai veramente risposto così? Lo so che c'è qualcosa che non va. Perché stai negando?
-Pensi davvero che ci sia qualcosa che non va? Davvero? Non mi conosci neanche!
-Questo non dovevi dirlo- le risposte il ragazzo. Poi se ne andò, ferito.

***

Nei giorni che seguirono, si evitarono a vicenda.
E si impegnarono molto.
Ma, per quanto si sforzassero, non riuscivano a non notarsi.
In spiaggia, Annabeth sapeva esattamente dov'era e cosa faceva Percy, così come lui sapeva dov'era e cosa faceva Annabeth.
Quando erano entrambi a casa, Percy lasciava appositamente porta che dava sul terrazzo per poterla sentire a leggere ad alta voce.
Man mano che i giorni passavano, insieme impararono ad amare lo stile di scrittura di Oscar Wilde.
Il tempo passava, inesorabilmente.
Il tempo passava, e ogni giorno Annabeth si pentiva un po' di più di avergli risposto male.

***

Era la notte di San Lorenzo, il 10 Agosto.
Era ormai quasi un mese che Percy e Annabeth si evitavano.
La ragazza si sentiva sempre più in colpa di avergli risposto male.
Ogni volta che era sul punto di scusarsi, trovava una scusa.
O lo vedeva flirtare in spiaggia con qualche ragazza.
Inevitabilmente il suo morale finiva sotto i tacchi.

***

Era incredibile.
Era vissuto tutta la vita non sapendo dove si trovasse Annabeth.
E adesso che gli stava vicino, per così dire, non riusciva a non pensare a lei.
Percy era strano, e ne era consapevole.
Quel che gli sembrava più assurdo era la strana sensazione che provava.
Voleva abbracciarla, tenerla stretta a sé.
Voleva sentire il suo profumo, inebriarsi di quello.
Voleva toccarle i capelli biondi mossi, schiariti dal sole.
Voleva abbracciarla dopo aver fatto il bagno insieme, bagnata e con la pelle che sapeva di salsedine.
Voleva tante cose, Percy.
Jason lo aveva invitato al molo per vedere le stelle cadenti quella sera.
Avrebbero affittato un pedalò e sarebbero andati a largo, approfittando della luna piena e delle stelle per orientarsi.
Avevano già organizzato tutto: tre pedalò, in uno ci sarebbero stati Jason, Piper, Leo, Calipso, Talia.
Nel secondo Frank, Hazel, Reyna, Nico e Will, il bagnino che, a quanto sembrava aveva un debole per Nico.
Nel terzo sarebbero stati Annabeth e Percy.
Lui era perfettamente d'accordo.
Non era lui quello all'oscuro della cosa.

***

Era furiosa.
Con tutti quanti, a iniziare da Percy che non aveva fatto nulla per impedire che accadesse.
Ma dato che era troppo buona per rovinare la festa a tutti, si sarebbe sacrificata.
Salì sul pedalò, togliendosi i calzoncini, rimanendo solo con il pezzo inferiore del costume.
Andò al suo posto e si sedette.
Percy, dal canto suo, trovava che fosse bellissima, con la luce della luna che la baciava e gli occhi grigi che, nella notte, sembravano ancora più in tempesta di quanto non lo fossero alla luce del sole.
Sarebbe stata una lunga notte, e entrambi lo sapevano fin troppo bene.

***

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