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Beckendorf li condusse nell'edificio.
Si fidava di Leo.
O forse pensava che fosse meglio rischiare piuttosto che rimanere in quel posto.
Lui non voleva farne parte, ma era obbligato.
Suo padre aveva fatto una scelta, anni prima, che lui non aveva mai approvato e continuava a non approvare.
L'unica cosa bella era Silena.
Era come un raggio di sole in quel cielo buoi, in quell'abisso di disperazione.
Si era reso conto di amarla molto tempo prima.
Quando inizio a preferire la sua compagnia piuttosto che quella di Ethan.
Lei era diversa. In tutto.
Beckendorf aveva sofferto tanto, vedendo suo padre che giorno dopo giorno diventava sempre più schiavo di quell'organizzazione.
Crescendo, si era costruito una corazza di indifferenza, che solamente Silena era riuscita ad affrontare.
Beckendorf non le aveva mai detto cosa provasse veramente per lei.
Lui non lo faceva mai.
Tra di loro c'erano stati solo un paio di baci, nulla di più.
Ma Beckendorf la amava.
Nonostante non lo desse a vedere, Beckendorf la amava.
La amava perché era semplicemente se stessa, la amava perché in quel posto era stata l'unica a provare a reagire.
Le aveva scritto una lettera.
Aveva uno strano presentimento, come se... Non sapeva spiegarlo neanche lui.
La amava, e voleva un futuro lontano da lì.
Con lei.

***

Talia aveva un udito straordinario.
Se ne rendeva perfettamente conto, e non esitava ad usarlo anche come possibile arma.
Fu la prima ad accorgersi che qualcosa non andava.
Che qualcuno li seguiva.
Sentiva i suoi passi, ma non riusciva a individuare chi fosse.
Poi, ad un tratto, esattamente quando Beckendorf si fermò davanti una porta, estraendo una chiave, non sentì più nulla.
Si chiese se fosse semplicemente frutto della sua fantasia, ma le sembrava troppo reale.
La guardia aprì la porta.
Una ragazza, Silena, arrivò immediatamente, scambiandosi una breve occhiata con Beckendorf.
Lui annuì.
Silena fece segno a qualcuno, e in quel momento fu raggiunta da Annabeth, viva e vegeta.
Talia sorrise.
In quel momento partì un allarme.
Le luci si spensero, tutte tranne quelle di emergenza, che lampeggiavano.
La luce rossa intermittente si rifletteva sul viso spaventato di Reyna.
La ragazza era stata addestrata troppo bene per non sapere che quell'allarme voleva dire solo una cosa: l'edificio sarebbe esploso da lì a poco.
Tutti iniziarono a correre, a perdifiato.
Leo aprì la porta da cui erano entrati, continuando a correre.
Talia, Reyna, Annabeth e Silena era subito dietro di lui.
Le sentiva gridare.
Si voltò, in tempo per vedere Beckendorf che varcava la soglia della porta.
Nell'esatto momento in cui l'edificio esplose, risucchiandolo all'interno.
Leo cadde a terra per l'esplosione, battendo la testa.
Prima di svenire sentì l'urlo straziante di Silena.

***

Annabeth fu portata in ospedale per accertamenti, così come gli altri.
Leo aveva una brutta ferita sulla testa, ma Reyna e Talia erano riuscite a cadere sulle ginocchia, sbucciandosele leggermente.
Silena stava bene fisicamente, ma moralmente distrutta.
Stava male, per quello che non era riuscita a dire a Charlie.
Stava male, sentiva il vuoto dentro di sé.
Stava male perché aveva perso il suo migliore amico, il suo compagno d'infanzia e l'unica persona che avesse mai amato veramente.
L'unica che riusciva ad alleviare il dolore, in parte, era la psicologa che le era stata assegnata dall'ospedale.
Si chiamava Clarisse.
Era una donna forte, le difficoltà l'avevano temprata.
Ma a lei andava bene così.
Diceva che doveva insegnare alle persone a diventare forti.
E l'unico modo per farlo era apparire forti, era essere forti dentro.

***

Percy spalancò la porta della stanza dove stavano visitando Annabeth.
La ragazza sorrise.
Ben presto i medici li lasciarono soli.
Percy si avvicinò, abbracciandola, tenendola stretta a sé.
-Non ti lascio mai più- disse.

***

Tornarono a casa.
Annabeth non poteva esserne più felice.
Ormai non le importava più di scoprire chi fosse stato ad uccidere la madre di Percy.
Sapeva solamente che non era stato Poseidone, ma un qualche scagnozzo di Gea e Crono.
Era felice di aver ritrovato in parte la tranquillità.
Silena, sempre assistita da Clarisse, dormiva nella sua stanza per gli ospiti.
Annabeth soffriva troppo vedendola così.
La sentiva piangere ogni notte.
La sentiva piangere ogni volta, sotto la doccia.
Gli sforzi che facevano Clarisse ed Annabeth servivano a ben poco.
La ragazza si chiudeva in sé stessa.
E quando un giorno Annabeth si alzò, trovandola felice e sorridente, le si scaldò il cuore.
Fin quando non disse:-Annabeth! Hai visto Charlie? Stanotte si è addormentato al mio fianco, ma ora non lo trovo più.- sorrise, portandosi un dito alle labbra, e mordendosi l'unghia del pollice- Forse è uscito a comprare qualcosa di buono per colazione.
Fu in quel momento che, guardandola negli occhi, Annabeth riconobbe l'ombra della pazzia.

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