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La mattina seguente, nella stanza di Hazel e Frank, Percy mise un vecchio filmato nel video registratore.
Lui l'aveva già visto, sapeva esattamente cosa mostrava.
Il direttore delle indagini glielo aveva dato insieme agli appunti.
Annabeth lo guardava, ogni tanto sorrideva leggermente.
Non di quei sorrisi folli, che arrivavano fino agli occhi, no.
Erano sorrisi deboli, ma che riuscivano ad illuminare i suoi occhi comunque.
Il cuore del ragazzo, allora, iniziava a battere più forte.
E Frank, vedendo il suo migliore amico nuovamente felice, non riusciva quasi a contenere la gioia.
Il Percy di quegli ultimi sei mesi, che andava avanti, che non viveva veramente... Non gli era mai piaciuto. E Hazel, dal canto suo, non si sentiva più così in colpa per non essere stata in camera con Annabeth.
Sapeva che quei deboli sorrisi erano causati da Percy.
Avevano sofferto entrambi, ora si meritavano la felicità.

***

Annabeth si stupì, quando un uomo comparve nel filmato.
Era praticamente identico a Percy, anche se non riusciva a vederlo in volto.
Lo capiva dalla postura, da quei capelli neri e non ancora venati di grigio.
Il filmato, presumibilmente di una telecamera di sorveglianza, mostrava l'uomo che saliva su un taxi.
Percy fermò l'immagine, indicando il taxista:- Dobbiamo trovarlo.
-Percy, anche se lo trovassimo, non si ricorderebbe dove ha portato tuo padre.- intervenne Frank.
-Dobbiamo provarci.
La polizia non lo ha mai interrogato... sicuramente era al corrente di aver offerto un servizio a un possibile criminale.
-Infatti- disse Annabeth.

***

Per fortuna, la città che Poseidone aveva scelto per rifugiarsi non era troppo grande.
Aveva solamente un'azienda dei trasporti, che comprendeva quindi anche i taxi.
Percy scese dall'auto a noleggio, prendendo per mano Annabeth, mentre Frank si dirigeva dal direttore con Hazel.
Si sedettero sui divani nella sala d'attesa, sempre mano nella mano.
Annabeth osservava tutto, la incuriosivano le strane decorazioni sulla parete.
Ad un certo punto entrò nella stanza un uomo, piuttosto anziano.
Aveva i capelli grigi, ed una folta barba gli incorniciava il viso.
Non aveva gli occhi a mandorla, e questo la incuriosì.
Vide che anche Percy lo stava osservando.
L'uomo bussò alla porta dello studio del direttore.
La aprì, parlando in cinese.
Poi, ricevuta la risposta, se ne andò.
Annabeth notò che il petto di Percy aveva iniziato a fare su e giù velocemente.
-Percy...
-Annabeth, io credo che quello fosse mio padre.

***

Frank non aveva ottenuto nessuna informazione utile.
Percy era solamente troppo confuso. Quella notte si rigirò nel letto, e neanche gli abbracci rassicuranti di Annabeth non avevano sortito nessun effetto.
Verso le cinque del mattino, finalmente, Percy prese sonno.
Ma dopo mezz'ora, qualcuno bussò alla porta.
Annabeth si alzò, facendo attenzione a non svegliarlo.
Aprì la porta, trovandosi davanti l'uomo, il presunto padre di Percy.
Prima che la ragazza potesse dire anche una sola parola, lui le tappò la bocca.
La trascinò fuori, lanciando nella stanza un biglietto e chiudendo la porta.
La trasportò in corridoio, aprendo la porta che dava sulle scale di emergenza.
Tirò fuori un coltello, puntandolo alla schiena della ragazza:-Se provi ad urlare ti sgozzo. Se provi a fare qualsiasi cosa al di fuori dei miei ordini, ti ritroverai un coltello piantato nella schiena.
Sai chi sono, e sai che non scherzo.
Annabeth declutì, poi annuì.
-Bene, vedo che hai capito come funzionano le cose.
Ora scendi, alla fine delle scale ti aspetta una macchina.
Apri lo sportello e sali.
Non fare domande.
La ragazza fece come le era stato ordinato.
Salì in una vecchia auto.
Quello che presumibilmente doveva essere Poseidone, si sedette sul sedile del passeggero, accanto ad un ragazzo.
Doveva avere l'età di Annabeth.
Aveva i capelli neri, sparati in tutte le direzioni.
Ma quello che la colpì maggiormente fu la benda che portava ad un occhio.
Si voltò verso di lei, sorridendo, sembrando ancora più pazzo di quanto non fosse in realtà.
-Piacere, mia cara donzella.
È con grande onore che la porto nel nostro quartier generale, a bordo di questa bellissima e soprattutto nuovissima autovettura.
Benvenuta su Taxi Nakamura!- disse il ragazzo.
-Ethan, non provarci con lei.
È la ragazza di mio figlio.- rispose Poseidone.
-Ohhh, se la fa con il caro, piccolo Percy!
Annabeth non riuscì a trattenersi:- Non osate parlare male di lui!
-Come potrei mai? È mio figlio!-rise sguaiatamente.
-Bel coraggio di chiamarlo figlio, dopo averlo privato della madre!- continuò lei.
-Ehi, ehi, ehi, occhio a come parli!
Chiariamo una cosa. Io non ho ucciso nessuno. Ma se non tieni a bada quella tua boccaccia...
Annabeth sbuffò.
Era in pigiama, in macchina con due pazzi psicopatici che la stavano portando chissà dove.
Non aveva con sé né il cellulare, né qualunque altra cosa potesse esserle utile per comunicare.
Si stava mettendo tutto male.
E lei era da sola.

***

Percy dormì male.
Si svegliò alle sette, dopo aver dormito forse un paio d'ore.
Cercò Annabeth, ma nel letto non c'era.
Le coperte erano fredde, doveva essersi alzata presto.
Scese dal letto, convinto di trovarla in bagno.
Ma non era neanche lì.
Non era nella stanza.
Un senso di panico iniziò ad assalirlo.
Calma, si disse.
Bussò alla camera di Frank ed Hazel, ma non era neanche lì.
Fu quando rientrò nella sua camera che notò un biglietto per terra:

"Lascia perdere.
Ti stai immischiando in cose che non ti riguardano.
Abbandona il paese entro 24 ore, e forse potrai rivedere la tua ragazza.
Con affetto, tuo padre."

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