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Dopo troppo tempo per il parere di Percy, l'aereo atterrò.
Annabeth dormiva profondamente, la testa sulla sua spalla.
La scosse leggermente, ma Annabeth non voleva saperne di svegliarsi.
Così le baciò il naso, l'orecchio, facendole il solletico.
Annabeth rise, svegliandosi.
-Che c'è?- disse, stiracchiandosi.
-Siamo arrivati.
-Yeee- esultò.
La ragazza si voltò, osservando lo strano colorito di Hazel.
Frank le teneva la mano, e scesi dall'aereo, Percy tenne la sua, dicendo che si sarebbe persa.
Annabeth scosse la testa, ma lo strano sguardo di Hazel la indusse a non lamentarsi.

***

Arrivarono in hotel, con tutti i sintomi del cambio d'orario.
Presero l'ascensore per arrivare al loro piano.
Stavano piuttosto stretti, Annabeth si appoggiò al petto di Percy, abbassando le palpebre.
Il ragazzo sgranò gli occhi, stupito, ma non esitò a poggiarle le mani sulla schiena.
La accarezzava, facendo su e giù con la mano.
Si godeva quegli attimi, respirando il suo profumo.
Le prese una ciocca dei capelli, arrotolandola intorno al suo dito.
Sospirò, quando le porte si aprirono.
La ragazza si scostó da lui, lamentandosi.
E Percy, in cuor suo, fece lo stesso.

***

Annabeth era arrabbiata con Hazel. E con Frank.
Frank aveva prenotato due camere, con due letti matrimoniali.
E lei non aveva la minima intenzione di dividere la stanza con Percy.
Ma Hazel, povera, non voleva assolutamente stare in camera con Annabeth.
Così, la ragazza si ritrovava con Percy.
Sbuffò, entrando nella stanza.
Era enorme.
Sembrava un mini appartamento, con un salotto abbastanza grande da contenere un divano rosso davanti a quello che doveva essere l'ultimo modello di televisione al plasma.
C'era persino una cucina, e il letto era abbastanza grande da poter dormire tranquillamente lontana da Percy.
Su un tavolino del salotto c'era un piccolo pacchettino.
Il ragazzo si avvicinò, leggendo un biglietto.
-Eh... qui dice che questo è un omaggio da parte dell'albergo.
-Aprilo, no?- rispose Annabeth, acida.
-Sei arrabbiata con me?- disse Percy, la faccia scandalizzata.
-Sono arrabbiata con tutti!
Con te, con Hazel, con Frank...
Oh, anche con Piper. Da quando ha avuto il bambino è completamente assorta nel suo mondo.
Oh, e Jason non è da meno, con quella faccia da svalvolato che ha ogni volta che vede Thunder.
Poi ci sono Leo e Calipso.
Simpaticissimi, non lo metto in dubbio... Ma troppo, non so.
E il loro cane, Festus?
Non la smette un attimo di abbaiare.
E sai che c'è?
Credo di aver sviluppato una sorta di odio nei confronti delle coppie.
Perché insomma, le guardo e penso a... - si interruppe di getto.
Percy la fissava, con uno strano sguardo che non avrebbe saputo interpretare.
Annabeth si allontanò.
Stava parlando troppo. Però in qualche modo si era liberata dall'angoscia di quei mesi.
Si buttò sul letto, mille cuscini saltarono in aria.
Restò ferma lì per almeno dieci minuti.
Ad un certo punto, Percy le afferrò i piedi.
La tirò, la ragazza imprecò.
Le tolse le scarpe e i calzini, lei glielo lasciò fare.
Poi però iniziò a solleticarle i piedi.
Annabeth scattò in piedi, e si ritrovò il viso bagnato.
-Che diamine...- disse, prima di accorgersi che il ragazzo teneva in mano una pistola ad acqua.
-E quella dove l'hai pre...- Non finì la frase.
Percy rise, continuando a bagnarla.
Annabeth scappava, si nascose nella doccia.
Ma lui la trovò istantaneamente.
Sorrise, aprendo il getto dell'acqua e inzuppando entrambi.
E la ragazza rise, liberandosi dalla frustrazione rimasta.
Percy la guardò, intensamente.
Lei se ne accorse, e prima che potesse dire qualsiasi cosa, il ragazzo parlò per primo:-Sai, spero di averti fatto tornare il buonumore.
Annabeth sorrise.
-Non devi arrabbiarti con gli altri. Lasciali stare.
Anche se, forse, li invidi per quello che hanno, per quello che sono stati in grado di costruire e che noi, io, ho fatto crollare.
Li invidio anche io.
Soprattutto vedendo Nico e Will.
Sono riusciti a superare ogni pregiudizio, ingiustizia...
E sai, anche se abbiamo lasciato il puzzle della nostra storia incompleto, io non mi arrendo.
Forse dobbiamo avere soltanto più pazienza.
Forse non siamo ancora riusciti a trovare il pezzo giusto.
Una volta mi hai detto che eravamo la coppia delle promesse...
Bene, ti prometto che io non mi stancherò mai, mai, Annabeth di provare a trovare il pezzo giusto.
A furia di provarli tutti.
Ti amo, Annabeth.
Da quando eravamo bambini, da quando ti promisi che ti avrei sempre protetta, che mi sarei preso cura di te.
Da sempre, insomma.
Percy accarezzò il viso della ragazza, alzandole il mento.
Lei non si oppose.
Lui continuò:- Ti amo in ogni cosa che fai.
Ti amo quando leggi, con lo sguardo assorto, immersa in chissà quali peripezie.
Ti amo, con le tue fissazioni, le tue ansie, le tue paura.
Amo il tuo modo di pensare, di ridere, tenendoti la pancia, di sorridere.
Amo quando sei concentrata, amo quando mi guardi, con i tuoi occhi che brillano.
Amo guardarli, i tuoi occhi.
Amo perdermi in loro.
Ti amo, anche quando mi respingi, ti arrabbi, diventi rossa.
Amo quando sei in imbarazzo, amo quando hai freddo e tremi, così posso tenerti ancora più stretta a me, tenendoti al caldo.
Amo quando provi ad essere seria, perché non ci riesci.
Ti amo, Annabeth.
Con tutto me stesso, e... tutto questo fa male.
Fa male vederti a due passi, ma lontana comunque.
Fa male...
Si interruppe, fissandola.
Non aveva detto una parola, con l'acqua della doccia che ancora li investiva.
Ormai era fradicia, i vestiti le fasciavano il corpo, mostrando ancora una volta al ragazzo quanto fosse bella.
La ragazza sorrise:-Cosa aspetti a baciarmi, allora?
Percy rise, rise di cuore.
Ma Annabeth era stufa di aspettare.
Prese il suo viso fra le mani e lo baciò, alzandosi leggermente in punta di piedi.
Fu un bacio violento, passionale.
Un bacio che parlava di amore, tanto, troppo amore, forse.
Parlava di follie, di risate, di sorrisi e sospiri.
Ma parlava anche di dolore.
Di frustrazione, di lacrime, angoscia, malinconia.
Parlava di tutto quello che avevano passato, vissuto insieme.
Forse parlava anche troppo.
Entrambi sapevano che quel bacio non era un nuovo inizio.
E non era neanche il continuo di quello che avevano lasciato a metà, sei mesi prima.
Non sapevano cos'era.
E neanche gli importava troppo.
Amavano amarsi, odiavano mancarsi.
E quando Hazel e Frank bussarono alla porta della camera di Annabeth e Percy, con l'intenzione di andare a fare un giro per la città, non ricevettero risposta.
Ma quando, la sera, si ritrovarono insieme a cena, le labbra gonfie, i capelli ancora più arruffati di Percy, e un succhiotto che invano Annabeth aveva cercato di coprire con il fondotinta, Hazel e Frank sorrisero, guardandosi complici.

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