Arrivi e partenze

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22aprileduemilasedici
Sono sull'aereo di ritorno dall'Italia ,la settimana è volata praticamente e sono stata piuttosto bene. A Ethan non gli avevo detto ancora niente e ora che stavo ritornando a Los Angeles inizió a ritornarmi l'ansia. Purtroppo anche il viaggio passó troppo velocemente e dopo dieci ore di viaggio e passa in aereo senza dormire mi ritrovai con gli occhi rossi peggio di quando a quindici anni avevo provato una canna. Mentre scaricavo le valige mi arrivò un messaggio da Ethan : "di a tua madre che ti vengo a prendere io all'aeroporto. " era molto freddo ,strano. L'aria di Los Angeles era calda ma tirava un vento molto freddo. -Elisabetta vuoi darmi la tua valigia?- mi chiese Elias davanti al taxi che ci era venuto a prendere. - si grazie, comunque non vengo con voi,vado con un mio amico che mi voleva salutare . Diglielo a Mary per favore.- dissi a Elias indicando mia madre che parlava a qualche metro di distanza con qualcuno al telefono. Elias fece un attimo una faccia strana e solo allora mi accorsi di averla chiamata per nome, ma era piu forte di me. Non sentivo più spontaneo chiamarla mamma. -okay- disse Elias. Li salutai e andai accanto all'entrata dove sarebbe stato più facile per Ethan vedermi quando sarebbe arrivato. La Renault nera arrivó sgommando qualche istante dopo. Ne uscì un Ethan arrabbiato insieme ,a mia insaputa una Lizzy altrettanto arrabbiata. Lizzy venne verso di me e la prima cosa che mi disse fu:"ti sei fatta una canna?" In modo piuttosto sprezzante e per niente da lei. " no io.." Non mi lasció il tempo di finire che attaccò lei :"non me ne frega niente Eli. Perché non glielo hai detto?" "Detto cosa? E a chi?" Ma io avevo già capito cosa e a chi. "Di tuo padre. È inutile che fai la finta tonta." Dovevo avere la faccia sconvolta perché continuò imperterrita e molto più spazientita :"la vuoi smettere cazzo? L'altro giorno Ethan è venuto da me ma non ti ha trovata così mentre parlavamo di te io gli ho detto il tuo cognome, abbiamo parlato di suo fratello,da dove venivi e tutto è quadrato. Non capisco proprio perché cazzo non ce lo hai detto. Per non parlare del tuo stato,del fatto che ti tagli e che sei depressa."
:"io p-pensavo che non fosse necessario..insomma.." Balbettai io sull'orlo delle lacrime. "Cosa pensavi non fosse necessario? Eh? Che tuo padre fosse un omicida ,che odi tua madre ,che ti tagli e sei depressa ,pensavi non fosse necessario dirlo al ragazzo con cui ti sei detta: niente più segreti?!. E non piangere . È inutile che piangi. Anzi vai. Vatti a tagliare .Scappa come fai sempre." Lizzy ormai mi stava urlando contro e all'aeroporto ci stavano guardando tutti. Ma nel chiasso generale io riuscivo a guardare solamente Ethan che era rimasto tutto il tempo in silenzio,in un silenzio che valeva più di mille parole. -Ethan..- dissi io con gli occhi rossi offuscati dalle lacrime mentre mi strattonavo il giacchetto di pelle nero. Ethan fece qualche passo avanti :" pensavo avessi più palle Elisabetta. Ma evidentemente mi sbagliavo. Sei tale e quale tuo padre. Andiamo Lizzy." Disse Ethan dandomi le spalle. -stronza- concluse Lizzy poi rivolta a me. La macchina ripartì sgommando lasciandomi sola nel vento freddo di Los Angeles. Mi sentivo morta dentro,mi sentivo il cuore spezzato in mille pezzi mentre mi asciugavo con le mani tremanti le lacrime.
Il giorno dopo chiamai Ethan al cellulare,ma non rispondendomi gli inviai un messaggio in segreteria :" ciao Ethan,sono Elisabetta.. Ti volevo chiamare per dirti quello che non ti ho detto quando avrei dovuto. Mi dispiace tantissimo,avrei voluto dirtelo di persona ma non riesco a parlare con Lizzy non so dove abiti e a Los Angeles non conosco nessuno. Le cose che ti ha detto Lizzy sono tutte vere. Sono depressa,un'autolesionista,mi faccio schifo,ogni giorno temo di essere portata all'ospedale per anoressia ,mi capita uno ogni due giorni di rimettere se mangio troppo,non riesco a chiamare più mia madre "mamma" ,sono la figlia dell'uomo che ha ucciso tuo fratello..e..e..e sono innamorata di te. Mi dispiace davvero per tutto Ethan,ma sappi che quello che succederà ora non sarà colpa tua." Attaccai il telefono e mi misi sul picco del tetto della scuola. Era una vista bellissima da dove stavo io,riuscivo a vedere tutta Los Angeles. Abbassai lo sguardo sui miei piedi e mi ritrovai a fissare le mie superstar nere penzolanti nell'aria mentre stavo seduta sul cornicione del terrazzo all'ultimo piano della mia scuola. Chiusi gli occhi un attimo. Almeno se morirò da qui la scuola chiuderà,farò un favore a tutti, pensai. Senza indugi mi alzai in piedi ,mi sistemai la mia gonnellina nera che svolazzava al vento e aprii le braccia quasi fossi un uccello pronto per spiccare il volo. Ultime parole? Pensai tra me e me. : "Era meglio se nascevo in Guatemala" dissi ad alta voce al vento e alla città intera. Chiusi gli occhi,presi un bel respiro ,allungai una gamba...
:"ELISABETTA NON FARLO."

Diario di un ex - autolesionistaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora