Cap. 7

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MIKA'S POV
Sono passate minimo 24 ore dalla caduta dell'aereo e non ho ancora dormito.
Intanto, questo Bruce non mi sta piacendo per niente. Dopo aver finito di parlare della sua stupida e noiosa vita, ha chiesto ad Andy di parlare un po' di sé stesso e per tutto il tempo, lo fissava e si mordeva il labbro. Invece a me non ha per nulla calcolato, forse non gli sto simpatico, ma non m'importa. Sta di fatto che non mi piace il suo modo di guardare il MIO ragazzo. Andy non sembra proprio accorgersene, ma io sono convinto che quel Bruce sia un idiota, e non ha diritto di guardare così il mio biondo.
La notte è calata, non so precisamente che ore siano, ma entrambi Bruce e Andy dormono come ghiri. Ho pensato di dormire assieme ad Andy, un po' distanti da quel Bruce, per non rischiare che si avvicini, più di quanto già lo sia, al mio ragazzo.
Non riesco a prendere sonno, voglio tornarmene a casa, assieme ad Andy. Comincio a pensare alla mia famiglia, a quanto possa essere preoccupata mia madre nel sentire in TV la notizia del mio aereo precipitato. Spero solo che non perda le speranze nel rivedermi, perché io sono ancora vivo! Almeno per adesso, ma cercherò, con tutto me stesso, di tornare a casa il prima possibile, per riabbracciare la mia famiglia.
Fa un freddo cane, non so come faccia Andy a sopportare questo gelo. Mi giro verso di lui e noto che si sta agitando. Forse sta sognando e allora, volendo cercare di calmarlo e almeno provare a chiudere occhio, mi sdraio vicino a lui e lo abbraccio, per avere un po' di calore. Il suo profumo mi invade le narici e mi rilasso, cadendo in un sonno profondo.

ANDY'S POV
A: "Papà, mamma, ho una notizia molto importante da darvi".
M.A.: "Cosa devi dirci? Vieni, sediamoci".
A: "Ecco...ricordate Mika?"
P.A.: "Quel ragazzo riccioluto per il quale facevi il cameraman?"
A: "Esatto, lui. Be', non ero solo il suo cameraman..."
P.A.: "Che intendi dire?"
A: "Non molto tempo fa, abbiamo litigato, non solo per fatti nostri personali, ma anche perché io non mi decidevo a dire a voi la verità".
P.A.: "Andreas, parla, e rispondi alla mia domanda. Che intendi dire?"
A: "Intendo dire che sono gay, papà. E Mika, fino a non molto tempo fa, era il mio ragazzo".
Quell'affermazione spiazzò entrambi, rimasero con la bocca aperta. Sudavo freddo, e mi torturavo le mani. Mio padre tornò serio, e mi guardò dritto negli occhi, senza un minimo di emozioni, e mi disse, freddo:
P.A.: "Tu. Fuori da questa casa! Adesso! Non ti voglio più vedere! Non sei mio figlio! Vattene, e non tornare più!"
Guardai mia madre, nella speranza di avere un appoggio da parte sua, ma lei abbassò il capo e rimase in silenzio. In preda alle lacrime, mi alzai e corsi fuori.
Ne avevo abbastanza di questa vita. Ero vittima di bullismo, avevo perso l'amore della mia vita, e adesso neanche i miei genitori mi accettavano per come ero. Una reazione così me la sarei aspettata da mio padre, ma mai avrei pensato che mia madre non avrebbe fatto nulla per impedire a mio padre di cacciarmi di casa. Volevo farla finita con la mia vita, non ne potevo più. Avevo deciso di andare al parco, gettarmi nel lago e affogare. Non sarei mancato a nessuno, non avevo più niente da perdere.
Arrivato al lago, ancora con il viso rigato dalle lacrime che non avevano intenzione di fermarsi, stavo per tuffarmi, quando:
X: "Andy! Che fai? Ma...perché piangi? Che hai?"
Era il mio amico Josh. L'unico, dopo Mika, che sapeva della mia omosessualità, prima ancora che lo dicessi ai miei.
Mi gettai tra le sue braccia, e cominciai a piangere e a singhiozzare ininterrottamente.
Mi abbracciò con tutta la forza che aveva nel corpo e poi mi domandò cosa fosse successo. Dopo avergli raccontato tutto, anche della mia ipotesi di suicidio, mi disse:
J: "Oh, Andy. Non fare così. Senti, perché non ti prendi una vacanza e vai lontano da qui? Lontano dai ricordi dolorosi? Vai a Miami".
A: "Miami?" Gli chiesi, ancora singhiozzando.
J: "Esatto, Miami. Ci abita mio cugino. Perché non parti e rimani lì? A mio cugino non dispiacerebbe ospitarti per qualche settimana".
Certo, era un'idea fantastica. Avevo bisogno di riposo, dovevo allontanarmi da Londra e da tutto ciò che mi ricordava di Mika.
E così fu, il giorno dopo partii, diretto per Miami. Non sapevo cosa avrei fatto una volta arrivato lì, ma quello era l'ultimo dei miei problemi.
Poi arrivò lo schianto sulla montagna, l'incontro con Mika e l'arrivo di Bruce.
Mika. Sento il profumo alla pesca dei suoi riccioli, le sue braccia che mi circondano i fianchi e la sua testa appoggiata sul mio petto. Apro lentamente gli occhi, e lo vedo abbracciato a me. Mi rilasso totalmente, dopo quel brutto sogno, avevo bisogno di un po' di affetto e calore, e lui era l'unico che era in grado di darmi entrambi. Pensai alla mia famiglia e alle parole di mio padre. "Fuori da questa casa", ma come si fa a dire una cosa del genere al proprio figlio? E mia madre che tollerava quell'atteggiamento di mio padre. Chissà se avranno sentito dell'aereo caduto. Chissà se ogni tanto si fermano e mi pensano. Non sanno che ero diretto per Miami, non sanno che io mi trovavo su quell'aereo che andò in mille pezzi, non sanno che sono abbracciato all'amore della mia vita. Non sanno niente. Ma chi lo sa se ancora mi vogliono bene come figlio, chi lo sa se mio padre si è pentito di quelle parole e desidera solamente rivedermi.
Perso in questi miei pensieri, non mi accorgo che Bruce si è sdraiato accanto a me.
B: "Andy, per caso ti andrebbe di fare quattro passi? Fuori incomincia a far giorno, e non fa nemmeno tanto freddo".


7º capitolo, yeee!
Vi sta piacendo questa storia? Fatemi sapere se c'è qualcosa che pensiate vada migliorata!
Al prossimo capitolo.💕

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