17.

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Dylan's POV

Mancavano poco più di 500 metri all'inizio della salita che portava all'ospedale, i polpacci mi bruciavano per lo sforzo e il sudore mi imperlava la fronte e non solo....

Di certo non volevo presentarmi da Holly in quelle condizioni ma non potevo di certo passare da Armani per rifarmi il vestiario!

Ma come faccio a dire queste cose in una situazione del genere? Ma ti pare il caso dico io? Cioè la ragazzo che amo da 3/4 della mia vita è in ospedale perché un povero pompato celebrale aveva deciso di sfogarsi con lei e io me ne stavo a fare il sarcastico sul mio vestiario....bah, senza parole.

Perso nella mia auto critica arrivai in cima alla salita dove mi piegai sulle ginocchia per riprendere fiato (non volevo di certo farmi ricoverare) e passai un minuto a respirare profondamente e ad asciugarmi la fronte.

Entrai e mi diressi alla reception.

<Cerco Holly...cioè Holland Roden, sa dirmi dov'è?>

<Certo, si trova al....ah si quarto piano, camera 329>

<Grazie mille>

Arrivai con passo svelto all'ascensore facendomi spazio tra una mamma con le contrazioni e un infermiere intento a controllare le notifiche su facebook.

Eccolo finalmente, in quarto piano....le stanze erano tantissime e solo guardare al loro interno mi uccideva dentro.

Tra un pensiero, una lacrima e l'altra trovai finalmente la 329 e non credetti ai miei occhi.

Vidi Holly, addormentata con la testa fasciata e vari lividi sul viso, era attaccata ad un macchinario che le misurava i battiti cardiaci e aveva quel tubicino collegato alle narici.

Entrai lentamente come per realizzare la scena, non poteva essere, non poteva averla ridotta così; la stanza vuota, celestina chiara e fredda aumentava il senso di vuoto e disperazione presente in quel momento nel mio cuore.

L'unico rumore presente nella camera, oltre a quello dei miei passi leggeri e quello del respiro debole di Holly, era il bip della macchina collegata a lei.

Presi una sedia e delicatamente la avvicinai al suo letto, mi sedetti dando un occhiata veloce al suo "comodino", c'erano solo il suo cellulare, una bottiglia d'acqua e una collana con la lettera H.

Quando sprofondai nella sedia, per quanto scomoda, sentì un senso di abbandono, i miei muscoli si distesero e i miei occhi si socchiusero, forse era una reazione dovuta alla corsa, all'ansia e alla vista che si parava dinnanzi a me.

Mi resi finalmente conto di essere là, da solo con lei, stesa in un letto d'ospedale, non ero stato il primo visti i fiori e i palloncini di buona guarigione che si stagliavano davanti alla finestra.

Incominciai a scrutare il suo volto, rilassato e dolce in quel momento, rovinato dalla violenza; le sue labbra, dolce nettare per me erano solcate da un taglio all'altezza dell'arco di cupido, il naso era fasciato da un cerotto che sembrava troppo grande per il suo volto minuto, la benda che le fasciava il capo lasciava ricadere i suoi capelli, di quel colore inimitabile, ai lati delle spalle, sempre perfetti e in ordine, morbidi come le nuvole, infine un grande livido le occupava lo spazio che andava dallo zigomo all'occhio destro.

Mi avvicinai con ancora più cautela, passai delicatamente il mio pollice al di sopra delle labbra morbide per paura di farle male e le presi la mano, anche se non poteva sentirmi volevo che sapesse che fossi lì.

Mi portai le mani al viso e le lacrime amare incominciarono a rigarmi il viso, gli occhi gonfi mi facevano male e il singhiozzare risuonava in tutta la stanza asettica.

Era solo colpa mia.


Holly's POV

Un suono leggero mi ridestò dal mio sonno obbligato dai forti dolori che mi ricordavano di Nick in ogni parte del corpo, anche respirare mi risultava difficile.

Rimasi un po' con gli occhi chiusi ad ascoltare quel singhiozzo che cercava di essere controllato da chi lo produceva, sentivo la mia mano stretta in una dolce morsa e bagnata dalle lacrime.

Sapevo chi era, non avevo dubbi.

Con gli occhi ancora chiusi ricambiai la stretta per quanto mi fosse possibile e sentì tirare su con il naso e il singhiozzo fermarsi, strinsi ancora e quella volta sentì la persona accanto a me alzarsi ed avvicinarsi, sentivo il suo fiato corto, le lacrime che mi ricadevano addosso, stavolta silenziose.

Aprì gli occhi.

Eccolo li, davanti a me, con la sua espressione mista tra lo stupore e la gioia, proteso con la mano verso la mia guancia.

Scoppiò a piangere di nuovo.

<Ehi ma non sai far altro che piangere?> dissi cercando di rallegrare il momento per quanto possibile accennando un sorriso.

In quel momento un'altra cascata sgorgò dai suoi occhi mentre rideva.

<Io...io....tu..>

<anche tu mi sei mancato..>

Mi alzai molto lentamente e mi misi a sedere sul letto tra gli sguardi preoccupati di Dylan e la sua paura di sentire un crack ad ogni mio movimento.

Incominciai a sistemarmi le coperte e i capelli come mio solito.

<Scusa sono impresentabile..>  dissi in modo sciocco

<Sei bellissima> disse lui senza pensarci per poi arrossire come me.

<Sai, non pensavo saresti venuto.>

<Non potevo non venire, sai ci tengo a te...oramai l'hai capito e inoltre questo è tutta colpa mia, non dovevo bac....>

<Infatti non dovevi farlo, perché l'ho fatto io, come rifarei altre mille volte...>

Questa volta fu lui ad avvampare,  ma, con un coraggio a me sconosciuto si avvicinò, posandomi la mano sullo zigomo buono.

<Altre mille volte?>

<Di più>

Si avvicinò con estrema cautela, probabilmente per non farmi male e posò delicatamente le labbra sulle mie rimanendo così per un tempo che sembrò interminabile.

Finalmente mi sentivo al sicuro, a casa.


// CIAO A TUTTI PICCOLI DONUTSSSSS

RITORNO CON IL BOTTO EH?

Allora vista la mia prolungata assenza sono un po' (tanto) arrugginita e chiedo un minimo di comprensione visto che tutto ciò che pubblico è frutto di una stesura a getto, senza uno schema premeditato o robe del genere. Fatemi sapere cosa ne pensate e vi prego in oltre di rispondere alle domande sul mio capitolo precedente cioè AVVISO!

GRAZIE MILLE COME SEMPRE!

XOXO

VI ANO

Vivid Dream || Dylan O'BrienDove le storie prendono vita. Scoprilo ora