15. A sky full of stars - Coldplay

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Ginevra si risvegliò in ospedale. Alessio aveva la testa appoggiata sul letto ed era seduto su una sedia: che posizione scomoda per dormire. Lo scosse leggermente e lui aprì lentamente gli occhi.

«Ehi, come stai?» chiese cauto.

«Perché sono in ospedale?» Ginevra ignorò la domanda. Non sapeva come si sentiva, così come non lo sapeva ieri.

«Perché non me l'hai detto prima?» domandò ancora Alessio.

«Detto cosa?»

«Ginevra, fai abuso di farmaci.» sussurrò lentamente, guardandola negli occhi.

«Non lo so...» rispose la ragazza.

«No, "non lo so" non esiste. Dimmi perché non me l'hai detto!» alzò leggermente il tono della voce.

«Mi avresti reputata debole...»

«È una cosa grave. Anzi, gravissima, Ginevra. Chi te li procura?»

«Li prendo da mamma...» aveva risposto; anzi, aveva mentito.

«Sei una pessima bugiarda. Ne parliamo dopo, per prima cosa ora vado a chiamare il dottore; non gli dirò che hai avuto una specie di overdose perché la maggior parte delle pillole le hai vomitate. Ascoltali, devi disintossicarti.»

«Non andrò in un centro di recupero.»

«Ti aiuterò io, okay? Ora chiamo il dottore, sta buona.» così Alessio uscì e poco dopo rientrò con il dottore.

«Casa tua?» chiese la rossa appena la macchina si fermò fuori la casa di Alessio.

«I miei non ci saranno per molto tempo, non preoccuparti. Sai, è estate, sono andati in vacanza subito dopo aver finito gli esami. Vieni.» detto ciò uscirono entrambi dalla macchina e si avvicinarono alla casa di Alessio. Ginevra non era mai stata senza pillole in tutta la sua vita da quando aveva, si e no, 13 anni. «E noi dobbiamo parlare ma, prima, chiama tuo padre e digli che stai bene.»

«Gliel'hai detto?» chiese Ginevra spalancando gli occhi. Le labbra si seccarono e lo stomaco le si chiuse.

«Solo che eri stata poco bene per aver bevuto e che ti avevo portato in ospedale perché stavi poco e non sapevo cosa fare. Chiamalo.» rispose Alessio, aprendo la porta ed entrando. Ginevra lo seguì e prese il cellulare, componendo il numero del padre.

«Tesoro! Dio, sono stato così in pena per te. Cos'è successo?» la voce del padre un po' agitata, ma si sentiva: sollevata, le rispose dopo il secondo squillo.

«Tutto bene, penso di aver buttato giù un drink o due... e non mi sono sentita molto bene, mi girava la testa e allora Alessio mi ha portato all'ospedale, niente di grave.» "Stavo per morire": in realtà questo era il pensiero della ragazza.

«Bene, quando arrivo a casa sabato prossimo ne parliamo, okay? Non bere.»

«Non berrò, prometto.»

«Ti voglio bene.»

«Anche io.»

E attaccarono.

«Bambolina, questa è per te.» Alessio le aveva posto metà della pillola. Ginevra indugiò prima di prenderla e mettersela in bocca. Si sentì meglio per un breve istante, poi tornò a stare come sempre.

«Dammi anche l'altro pezzo.» aveva detto, guardando Alessio negli occhi.

«Domani.»

«Come sarebbe a dire domani?! Io lo voglio ora!»

«Ehi, bambolina, sta calma.» Alessio aveva il barattolo delle pillole in mano e le portò con lui in camera sua.

«Alessio!» urlò Ginevra, andandogli appresso.

«Ascoltami, quando dico di no è no. Domani avrai l'altra metà e basta.»

«Ti prego...» gli si avvicinò lentamente portando le sue mani sul suo petto.

«No.»

«Sei uno stronzo. Lo sai che ti odio?!» lo spinse con tutta la forza che aveva, ma Alessio era troppo forte e non riuscì a spostarlo. Gridò ancora una volta esasperata, prima di andarsene in salotto e pestare i piedi per terra, mentre Alessio rideva divertito dalla reazione della ragazza. «Devi morire!» urlò ancora una volta, prima di accendere la televisione.

Quando Alessio uscì Ginevra andò in camera del ragazzo, frugando tra i suoi cassetti e i vestiti e cercò ovunque, senza però trovare il suo barattolo di pillole. «Quanto lo odio.» borbottava tra se e se. Sentì il cancello del giardino chiudersi e tornò velocemente in salotto, sedendosi sul divano.

«Ciao.» la salutò Alessio mentre entrava in casa con delle buste della spesa. «Ti va di cucinare?»

«Muori.»

«Acida la piccola bambolina.» rise ancora prima di andare in cucina; Ginevra lo seguì comunque. Non avrebbe sopportato stare da sola, ancora. Sarebbe impazzita, lo sapeva.

«Cosa si mangia?» si sedette sul bancone e accavallò le gambe, poggiando le mani sulla superficie.

«Cosa vuoi mangiare?»

«Mhhh...» Ginevra guardò verso l'alto pensando a cosa potesse mangiare. «Un hamburger?» chiese, sporgendosi un po' in avanti.

«Come comanda la signorina, credo proprio che lo farò di tofù...» Alessio fece uno stupido inchino che lo rese buffissimo e Ginevra ridette.

«Prima vieni qui.» ordinò la ragazza. E Alessio si avvicinò a lei; avrebbe fatto qualsiasi cosa per lei. «Metti questo nello stereo e poi torna da me. La traccia quindici.» pochi secondi dopo le note della canzone dei Coldplay risuonarono in tutta la stanza. Alessio tornò da Ginevra, che si spose in avanti per baciarlo. «Non ti odio davvero...» aveva risposto passandosi la mano sul jeans.

«Lo so.» aveva detto lui, sorridendole leggermente.

«E grazie.» Ginevra sorrise e sorrise anche Alessio, poi tornò a preparare la cena.

This is everything I didn't sayDove le storie prendono vita. Scoprilo ora