1. Welcome To Hell

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#JUSTIN

Iniziò a fare avanti e indietro per la camera mentre io ed i ragazzi eravamo seduti sul divano in pelle bianco con i piedi sul tavolino dove c'erano 4 birre quasi finite.
Continuava a massaggiarsi la nuca parlando tra se è se come se stesse complottando qualcosa e da quanto si capiva dal suo viso, non era un piccolo problema che potevamo potevamo uscire facilmente.
"Non abbiamo via d'uscita" disse fermandosi e guardandoci preoccupato.
"Calmati. Cosa succede Brian?"
Chiese Matt sorseggiando un po' della birra rimasta mentre lo squadrava cercando di capire cosa lo frantumava così tanto da ridurlo in quella situazione.
"Ci verrà a cercare" si strofinò la fronte deglutendo a malapena.
La sua birra era ancora sul tavolo, nemmeno toccata.
La afferrò buttandola sul pavimento allargando le narici "Alis Lakwnoski" sussurrò sperando di aversi fatto sentire.
"Chi?" Mi alzai di scatto stringendo i pugni mentre disse quel nome.
Christian si alzò poggiando la mano sulla mia spalla "Calmati amico" serrai la mascella. "Justin" sussurrò Brian fissandomi negli occhi "Lakwnoski" urlò afferrando il tavolo da sotto e buttandolo dall'altra parte della stanza.
Mi si fermò il respiro.

#ALIS

Dall'altra parte del mondo, esattamente in Russia, Mosca, mi ritrovai con le lacrime agli occhi mentre ero inginocchiata al bordo del letto.
Lasciavo piccole carezze sul braccio bruciato mentre ad ogni respiro, mi scendeva una la lacrima pensando fosse l'ultima di mio padre, che giaceva sul letto con fili attaccati a lui che lo mantenevano in vita.
"Padre" sussurrai togliendomi le lacrime alla vista che girò il suo capo guardandomi.
"Andrà tutto bene" mormorò gemendo dal dolore che gli dava la pelle bruciata sul suo viso.
"Voglio solo che tu faccia una cosa per me" lo vidi respirare aggrottando le sopracciglia.
"Dimmi padre"
Strinsi la sua mano come se potessi alleviare il dolore che era in lui e lasciargli la forza per dire l'ultima parola che desiderava.
"Oтмщение" poi cessò di respirare, la macchina emesse un rumore continuò.
Mi alzai sistemandomi e rimasi lì "così sia"
Mi incamminai verso la porta mentre le assistenti correvano verso mio padre, cercando di salvargli la vita, senza sapere però che non c'era nessun santo che tenga che lo avesse potuto salvare dalla morte cruda che ha dovuto subire. Le gambe le trascinavo dietro di me, stanca, gli occhi fissi su un punto mentre camminavo verso di esso.
Rimasi nel corridoio, fissando la porta mentre le urla dei dottori rimbombavano nelle mie orecchie come bombe appena esplose vicino a me.
Lasciai un'ultima lacrima poi mi alzai come se stessi davanti a lui, dritta, pronta a qualsiasi cosa, all'unico uomo della mia vita che mi insegnò tutto ciò che sapevo al momento attuale "riposa in pace, padre" e uscì.

Tenevo la pistola calibro 50 stretta tra le mie mani, chiusi un occhio fissando la parte rossa che indicava il cuore sul cartellone.
"Alis" appoggiò la mia mano sulla spalla facendomi spaventare.
Schiacciai il grilletto per sbaglio lasciandolo sparare da un'altra parte "dannazione Abram" gridai buttando la pistola per terra.
Sospirai chiudendo gli occhi per poi riaprirli.
"Dimmi" sussurrai.
Mi guardò negli occhi, il suo sguardo era distrutto mentre mi fissava "andrà tutto bene fratellino" ruppi il silenzio abbracciandolo. Sentì un nodo alla gola, le lacrime non mancavano molto ad uscire.
Lo spinsi via da me e mi abbassai prendendo la pistola girandomi. Non volevo che mi vedesse così debole, non quando ero l'unica speranza per salvare la mia famiglia e avere la mia vendetta.
"Domani alla prima ora, partirai Alis"
Sentivo i miei muscoli rilassarsi sulla pistola mentre gli davo le spalle "va bene"
I suoi passi si fecero sempre più lontani quando tutto ad un tratto caddi in ginocchia piangendo.
"Papà" mormorai.
Le lacrime mi scivolavano sulle guance facendo fatica a respirare, strinsi i pugni.
"Alzati" urlò una voce femminile dietro di me.
Mi alzai togliendo con il dorso della mano tutte le lacrime "dimmi madre"
Aveva addosso un vestito lungo nero fino ai piedi, sulla testa un velo nero sottile che le valorizzava il viso bianco struccato e gli occhi rossi dal pianto.
Si avvicinò a me guardandomi mentre una lacrima sgorgò dal suo occhio; accarezzò la lunghezza dei miei capelli neri sorridendomi.
"Sei uguale a tuo padre" passò al viso guardandomi negli occhi "i tuoi occhi azzurri.." Mormorò "sembra di star a guardare i suoi"
Cercai di sorridere poi si fermò, il suo sorriso scomparì "eppure hai il mio carattere"
Fece un passo in avanti ritrovandomela a pochi centimetri da me "così debole, così timida."
Aveva gli occhi fissi su di me, sfiorava ogni centimetro del mio viso come se fosse quello di mio padre.
"Ma che alla fine vuole vendetta per ogni minima cosa detta o fatta che ci hanno ferito" sorrise poi si staccò "voglio che tu mi renda fiera fuori da questo paese".
Si girò facendo dei passi guardandosi allo specchio come se attraverso quello specchio, potesse vedere i cadaveri di ogni persona che ci ha toccato, sorrise.
"Voglio che tu faccia sapere alla gente la fuori chi siamo noi, e di cosa siamo capaci"
Si sistemò i capelli che erano fuoriusciti da sotto il velo poi sorrise a se stessa tramite lo specchio.
"Voglio che loro gridino il nostro nome mentre abbiamo vendetta"
Si girò con le lacrime agli occhi, alzò la testa immobile come se sulla testa avesse un paio di libri e cercava di non farli cadere.
"Voglio che si pentano di ciò che hanno fatto a tuo padre Alis"
"Tutto quello che faremo non lo riporterà in vita madre" sussurrai mentre mi guardai allo specchio.
I miei vestiti neri risaltavano ancora di più la mia pelle bianca senza trucco.
"Ovvio che no tesoro"
Appoggiò la mano sulla spalla togliendomi le lacrime dagli occhi.
Ci guardavamo entrambe nello specchio poi sussurrò "Desidero che loro facciano la stessa fine. Voglio che loro passino le pene dell'inferno, cosi come anche tuo padre le ha passate durante tutti questi anni per colpa di quelli"
Un brivido mi attraversò la schiena poi si allontanò da me "buon viaggio, piccola."
Mi baciò la fronte per alcuni secondi poi se ne andò.

#Justin

Eravamo tutti riuniti nel salone, guardando il foglio con scritto sopra tutti i piani per sconfiggere i Lakwnoski, rendendoci conto che ogni sbaglio per noi, poteva essere fatale.
"Non possiamo permetterci di sbagliare"
Brian spostò lo sguardo su ognuno di noi guardandoci negli occhi, come un padre che supplicava la figlia di stare attenta in un giorno di venerdì sera.
"Cosa succede se non possiamo.."
Matthew mi fermò dando un pugno al tavolo "Cazzo Justin, se facciamo il primo nostro passo così non arriveremo lontano"
Mi alzai lasciando le mani cadere sui miei fianchi, mi girai stringendomi la bocca tra le mani poi mi avviai verso di loro.
"Non avete capito una cosa"
Serrai la mascella dando un pugno al muro di fianco a me "abbiamo da fare con la mafia russa" gridai allargando le narici mentre sentivo il cuore voler uscire dal petto.
"Non stiamo parlando di nemici normali" risi per poi ritornare serio "abbiamo ucciso il capo dei Lakwnoski" deglutì a malapena tenendo ancora i pugni stretti.
Nessuno tirò fuori una parola, la tensione riempì quella stanza mentre tutti ci guardavamo a vicenda aspettando che qualcuno tirasse fuori una parola.
C'era un silenzio assordante, aprì bocca per dire qualcosa quando la suoneria della porta ci fece saltare.
"Vado io" disse Brian sbuffando.
Silenzio.
"Brian" urlò Christian preoccupato rendendosi conto che Brian era restato lì per troppo tempo.
Si sentirono piccoli passi sul corridoio avvicinarsi sempre di più a noi.
Brian alzò il capo tenendo in mano un biglietto "Stanno arrivando" mormorò.
Feci una corsa verso di lui afferrando il biglietto che aveva tra le mani; una scritta leggera, delicata riempi il foglio.
"Preparatevi al peggio"
Accartocciai il foglio lasciandolo cadere ai miei piedi e presi un sospiro. Chiusi gli occhi gustandomi quel poco momento di pace che ci restava.
"Prepariamoci al peggio" mi girai verso gli altri abbassando gli occhi.
Matthew si alzò di colpo venendomi contro, appoggiandosi alla mia spalla guardò tutti.
"Sarà pure la mafia russa, ma ricordatevi quante ne abbiamo passate. Siamo in questa merda da 7 anni, abbiamo 22 anni, ne abbiamo passate tante,ma non siamo mai morti"
Deglutì senza dire niente dandogli ragione.
"Non possiamo perdere tutto, non adesso"
Mi sedetti sulla sedia appoggiando i miei gomiti sulle ginocchia e nascondendo il viso tra le mani che puzzavano di fumo.

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