#ALIS
Accelerai nel buio della notte, nel cielo le stelle brillavano e la luna ci seguiva.
La strada si illuminava sotto la luce della macchina mentre io non sapevo dove stavo andando.
Guidavo ma non so dove.
I lampioni mi illuminavano la strada buia.
Avevo lo sguardo fisso nel buio e le mani stringevano il volante fino ad avere le nocche bianche.
Guardai Ivan alla mia destra che guardava fuori dal finestrino il quale si teneva la testa nella mano.
Tutte quelle parole che Justin sputò riaffiorarono nella mia mente una per una, facendomi male.
Lasciai la testa spingere contro il sedile cercando di calmarmi ma fu inutile.
Si ripetevano, si ripetevano ancora e ancora.
Gli occhi piano piano mi si appannarono e lasciai le lacrime cadere.
Fu allora che schiacciai l'acceleratore fino in fondo fregandomene della conseguenze.
Non avevo più niente da perdere.
Con solo un po' di accelerazione avrei risolto tutto, niente più problemi, niente sofferenza.
Forse era il momento di fare compagnia a mio padre e Agvustin pensai.
"Alis" urlò Ivan tirando il volante verso di lui.
Ma fu troppo tardi, dannazione.
Poi quando mi ritrovai buio davanti agli occhi mi sono resa conto di una cosa.
Si avevo qualcosa da perdere.
Mio figlio.
Peccato che ormai era troppo tardi.
Era troppo tardi quando il dottore mi disse che avevo perso il mio bambino, era troppo tardi quando mi ritrovai sul lettino da sola, troppo tardi quando avevo la testa fasciata e dolente, senza nessuno accanto.
Troppo tardi per tutto.
Cosa avevo fatto?.
Mi ritrovai da sola in quella stanza bianca, con i tipici odori degli ospedali, con i tipici fiori messi nell'angolo in un vaso bianco come se un mazzo di fiori potesse rallegrati la vita e cambiare tutto. Poveracci.
Chiudendo gli occhi e stringendo i pugni emisi un ruggito e iniziai a piangere disperatamente fino a quando entrò il dottore e mi iniettò il calmante.
Ma come potevano calmare una donna che stava per diventare mamma ma a causa della sua stupidità, rovinò tutto?
Niente avrebbe mai potuto calmare il mio cuore.
Mi risvegliai poche ore dopo quando notai Ivan che dormiva sulla piccola poltroncina.
Guardai il suo viso bianco, e le borse sotto gli occhi.
Aveva attorno alla testa una fascia bianca con una macchia di sangue su un lato che mi face capire che il sangue colava ancora.
"Andiamocene da qui" serrai la mascella togliendomi quella orribile maglietta bianca da me e prendendo i miei vestiti.
Posò la mano sulla mia spalla girandomi verso di lui, deglutendo mi disse che c'era qualcuno che voleva vedermi e in quel momento pregai tutti i santi che non fosse lui.
Quando lo vidi entrare dalla porta, le mie ginocchia mi si indebolirono.
Feci un piccolo passo indietro evitando il suo sguardo, il suo tocco, lui.
Mi squadrò dalla testa ai piedi posando lo sguardo sulla mia pancia, ormai normale.
"Contento?" mormorai tenendogli lo sguardo addosso.
Lasciai cadere le mani lungo i miei fianchi iniziando a tremare dal nervoso "cosa sei venuto a fare?" urlai iniziando a dargli pugni sul petto.
Mi fermai quando notai che era immobile e che non diceva niente.
Alla fine cosa poteva dire in più? Tutto ciò che c'era da dire l'aveva detto quella sera.
Parlare per lui sarebbe come scavarsi ancora di più la fossa. Non c'era più niente da dire, niente da fare e niente da perdonare.
Mi massaggiai le tempie sedendomi sul bordo del letto con i gomiti sulle ginocchia.
Feci una risata ironica aspettando che dicesse qualcosa, una piccola scusa.
Non fece nulla, uscì solamente dalla camera.
Avevamo appena perso nostro figlio.
Perché se ne andò? Perché proprio adesso che avevo bisogno di lui, lui non c'era?
"Sei un fottuto bastardo"
Dissi tenendomi per lo stipite della porta mentre lui mi dava le spalle. Si fermò stringendo i pugni.
Nel piccolo corridoio calò il silenzio, tutta la gente era con lo sguardo su di me ma a me poco importava.
"Nemmeno scusa mi hai chiesto, dannazione" dissi dando un pugno alla porta.
Restava con le spalle mentre teneva il capo basso.
"Fai bene a tenere la testa abbassata" gridai serrando la mascella e avvicinarmi a lui, mettendomi faccia a faccia "ti vergogni di te stesso"
Lasciai uscire dell'aria dal naso vedendo che qualsiasi cosa io dicessi, stava in silenzio.
"Rispondimi cazzo" urlai prendendogli il viso tra le mani e scuotendolo "dimmi qualcosa"
Mi prese per le mani togliendosele dal viso e buttandomele lungo i fianchi schifato.
"Domani vieni a prenderti i vestiti che sono rimasti a casa mia" disse "non voglio più avere nessuna traccia di te, non voglio più avere a che fare con te"
Abbassai il capo.❌❌❌❌
Ed eccomi qui con il capitolo che ho dovuto riscrivere.. Non e' un granché ma spero che vi piaccia. Non volevo lasciarvi senza capitolo 🙈
Alla prossima amori 👋🏻🔜
STAI LEGGENDO
LAKWNOSKI
FanfictionIsidor Lakwnoski, capo della più potente mafia russa, in fin di vita chiederà a sua figlia, Alis Lakwnoski di vendicarsi sul gruppo più potente di Stratford, causa della sua morte. I Komodo. Ma cosa succederà quando Alis Lakwnoski e Justin Bieber si...