23. Red Tulips

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#ALIS
Ero messa su un fianco, scrollavo lo schermo a destra è sinistra, guardando tutte le foto con me e Justin.
Mi soffermai su una foto, inspirai.
Buttando il telefono dall'altra parte del letto, tirai su la coperta fino al collo guardando fuori dalla finestra.
Chissà come sarebbe stato averlo tra le braccia, chissà che forma aveva il suo viso, il suo nasino, le sue labbra.
Sarebbe stato un perfetto mix di me e Justin.
Con gli occhi azzurri come i miei, con le labbra a forma di cuoricino come quelle di Justin, biondo. Chissà.
Ero così occupata ad immaginarmi tutto che non avevo nemmeno notato che era seduta sul bordo del letto che mi guardava.
Indossava una maglia bianca con i jeans e le pantofole.
Aggrottai le sopracciglia notando in lei qualcosa di diverso.
Era felice.
"Tutto bene?" mormorai mettendomi a sedere davanti a lei.
Non indossava più i vestiti neri, era truccata e il blush le evidenziava gli zigomi.
"Solo perché non indosso vestiti neri non vuol dire che tuo padre non mi manchi" disse tutto ad un tratto.
Mi sfiorò il viso con le mani fredde "impara ad andare avanti per quanto sia difficile"
Alzò le spalle facendomi un sorriso "restare in casa a piangerti addosso non cambierà nulla"
Guardò fuori dalla finestra mentre mi sfiorava la gamba con delicatezza.
Era totalmente persa nei suoi pensieri.
"Resta a te decidere Alis" si fermò "se vuoi andare avanti e vivere la vita" disse "oppure restare immobile e guardare come la vita passa davanti ai tuoi occhi"
Mi guardò per poi alzarsi e chiudere la porta alle sue spalle.

Sfiorai con le dita il suo nome, lettera per lettera, numero per numero.
Isidor Lakwnoski.
1956-2015.
Mi rannicchiai su me stessa fissando quella data.
Nato il 1956.
Quel trattino diceva così tante cose. Raccontava ogni piccola parte della sua vita, ogni lacrima caduta, ogni sorriso, ogni delusione, ogni sofferenza e ogni felicità. Tutto descritto con solo un trattino.
Morto il 2015.
Buttai i fiori nel cestino mettendo quelli nuovi che avevo portato poi mi sedetti di nuovo come ero prima.
Per quanto io volessi dirgli che mi mancava, non ce la facevo.
Stavo lì con le lacrime agli occhi e continuavo a deglutire.
Sospirai stringendo la giacca attorno a me.
"Lo so." mormorai "lo so che mi hai detto che tu non sei qua dentro" dissi allargando gli occhi per far si che non piangessi.
Con la mano pulì l'enorme pezzo di sasso togliendo tutte le sporcizie.
Odiava essere sporco. Odiava il disordine.
"Ma non riesco." sussurrai "per quanto io ti cerchi nel vento, nei raggi del sole, nelle stelle, negli stormi degli uccelli, nel buio della notte" mi fermai "io non ti trovo mai"
Strinsi i pugni lasciando una lacrima percorrere la mia guancia "lo so che non devo essere qua, a piangere davanti ad un pezzo di roccia. Ma mi manchi così tanto papà"
Alzai le spalle guardandomi attorno per poi pulirmi gli occhi "vorrei davvero averti qua, stringerti tra le mie braccia, chiederti cosa devo fare perché credimi che non ho più forze"
Mi fermai quando un venticello mi scompigliò i capelli portandomeli sul viso.
Sorrisi guardando la lapide e capì.
Era lui.
Quella boccata d'aria che mi servì per riprendere aria nei polmoni, era lui.
Mi strinsi il viso tra le mani guardando per terra in cerca di qualche risposta, qualcosa che mi desse forza per andare avanti.
Quando feci per alzarmi, un piccolo bambino dagli occhi azzurri e capelli biondi mi tirò la mano.
Mi inginocchiai davanti a lui sorridendogli percorrendo con la mano il suo viso delicato.
Aveva qualcosa negli occhi, quel colore, quel azzurro chiaro come il cielo, i capelli biondi cenere.
"Justin" urlò una donna che trascinava il passeggino.
Si avvicinò a me. Aveva gli occhi rossi dal pianto e un fazzoletto nella mano.
Come il figlio, aveva gli occhi azzurri e bionda, una donna molto bella, eppure vestita di nero.
"Mi scusi" disse prendendolo in braccio e sistemandogli i vestiti.
Annuì.
"Mi chiamo Justin" mormorò facendomi un piccolo sorriso.
Mi girai verso la lapide di mio padre sorridendo.
Un altro segno no eh?
Cacciai tutti quei pensieri dalla mia mentre e mi avvicinai al bambino stringendogli le guance "io sono Alis"
La madre lo guardò sorridendo, le lacrime scomparirono appena vide suo figlio sorridere.
Deglutendo feci un passo indietro guardando per un'ultima volta la lapide di mio padre.
"Aspetta" urlò la signora correndomi contro e afferrandomi per la spalla.
Mi girai verso di lei aggrottando le sopracciglia e aspettando una sua risposta, ma lei si allontanò posando un tulipano rosso vicino alla lapide di mio padre.
Mi avvicinai prendendo il tulipano guardandolo quando tutto ad un tratto cadde un piccolo bigliettino con una scritta in corsivo e leggera
«L'assenza non è assenza, abbiate fede, colui che non vedete è con voi.»
Aggrottai le sopracciglia guardandomi attorno.
Non c'era più traccia di nessuno, solo io.

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