Capitolo 7

515 34 0
                                    

Cleo

Quando mi sveglio, Laila e Sarah non sono ancora rientrate. Non mi preoccupo più di tanto, in realtà. Non è la prima volta che accade, sarà successo che entrambe erano troppo ubriache e sono rimaste alla confraternita, ma per sicurezza mando un messaggio a Laila.
'Tutto okay?'
Poi poso il cellulare sul comodino e scendo giù dal letto. Mi scappa uno starnuto che tento di reprimere con una mano. Ecco, i primi effetti del raffreddore, ma mi sta bene, così imparo a stare nuda sul balcone a gennaio, di sera.

Prendo le mie cose e mi dirigo verso il bagno per fare una doccia calda, magari mi riscaldo un po'.
Non lavo i capelli; li ho lavati ieri sera e, oltre a non averne voglia, non ne ho il tempo. Oggi devo andare a cercare un lavoro, sarà un'impresa. Sono un po' delusa perché Sarah e Laila mi avevano promesso che sarebbero venute con me, invece immagino che non faranno in tempo. Comunque ho deciso di andare nel bar che mi ha suggerito Laila; non so dove si trovi, ma un modo per arrivarci lo trovo sicuro.

Esco dalla doccia e torno in camera avvolta nell'asciugamano. Guardo lo schermo del cellulare e ancora non c'è risposta di Laila, allora scrivo a Sarah.
'Sto uscendo, voi state bene?'
Poi riprendo a prepararmi.
Sto ancora pensando a come raggiungere il bar che non so dove sia, quando mi viene in mente che potrei chiedere a qualcuno di accompagnarmi. Decido allora di chiamare Madison.
In realtà non so se sia già tornato al campus dopo la festa di ieri o se sia ancora alla confraternita, ma decido comunque di chiamarlo.
Il cellulare squilla. Conto tredici squilli, e sto per mettere giù, quando una voce giunge al mio orecchio.

«Pronto?» Ha la voce roca, più profonda del solito. Credo si sia appena svegliato.
«Madison, sono Cleo», gli dico. «ti ho svegliato?»
«No, mi sono alzato poco fa. Che succede?»
«Nulla è che...» esito, «non sentirti obbligato, se non ti va puoi rifiutarti», premetto.
«Okay» mi sento dire. Non era la risposta che mi aspettavo, forse non è stata una buona idea chiedere a lui, ma ormai l'ho chiamato.
«C'è un bar in cui dovrei andare per fare un colloquio di lavoro, ma non so dov'è. Laila e Sarah sono ancora alla confraternita e mi chiedevo se tu fossi libero per accompagnarmi», dico tutto d'un fiato.
«Che bar è?», mi chiede dopo qualche istante di silenzio imbarazzante.
«The Den» rispondo.
«Sto arrivando».
Non faccio in tempo a dire qualcosa che un Bip Bip Bip mi interrompe: ha già messo giù.

***

Il viaggio è durato non poco, circa quaranta minuti in macchina. Mi sono un po' "spaventata" perché mi sembra troppo lontano, e ogni giorno dovrei prendere i mezzi dopo le lezioni per venire fin qui, non so se farei in tempo. Decido comunque di presentarmi per vedere se va bene il colloquio, e se mi prendono, vedrò di trovare una soluzione.
Dopo essere scesa dall'auto, saluto Madison che mi dà un in bocca al lupo, poi entro nel bar. Mi dirigo verso il bancone e chiedo l'attenzione del proprietario.

Il locale è molto bello: ha delle pareti pitturate di un grigio tendente al nero, i tavoli in legno nero e le poltrone rosse contro il muro, con su dei cuscini neri. Al soffitto sono attaccati dei lampadari in cristallo, non so se sia vero o finto quel materiale, ma sono molto belli, oltre che luminosi.
In un angolo è attaccato un grande schermo, uno di quelli che servono per ospitare i clienti che vogliono guardare la partita di calcio, per esempio.
Ci sono due persone che fanno parte del personale: una ragazza molto carina, ha l'aria gentile. È pallida in viso con le guance rosate, i capelli castani legati in una treccia ed è un po' bassina, magrolina. È vestita con una camicia nera infilata in un paio di jeans, anch'essi neri. Porta un grembiule bianco e rosso, si abbina all'arredamento del locale.
È vestito così anche il ragazzo, alto e robusto. Lineamenti del viso ben definiti, capelli castani ed occhi marroni con qualche sfumatura di verde. Al contrario della ragazza, però, lui è più abbronzato.

Sorrido ad entrambi quando mi guardano appena metto piede nel negozio, ma capisco che non sono loro i proprietari. Lui invece, il proprietario, è vestito in giacca e cravatta. Ha un'età avanzata, lo si capisce dai capelli grigi che ha come le pareti del negozio.
«Desidera?», mi chiede l'uomo maturo.

Iniziamo a parlare, mi chiede alcune informazioni sul mio conto ed io gli spiego che cerco un lavoro da poter fare all'infuori dalle ore scolastiche. Capisce ciò di cui ho bisogno e mi spiega come funziona il lavoro nel locale, mi sento davvero contenta e soddisfatta.
Il colloquio si conclude con una stretta di mano; il proprietario, il signor Scott, mi lascia il numero di telefono del locale ed il biglietto da visita, ha un ufficio ed un'azienda in proprio, non so di cosa si tratti, ma mi sembra una persona molto sicura di sé, oltre che colta.

Esco dal bar dopo aver salutato anche i due ragazzi dietro al bancone. Lei mi sorride, lui mi saluta con un cenno della mano, poi torno in macchina da Madison.
«Allora?», mi chiede lui appena chiudo la portiera.
«Allooora.» Intanto metto la cintura. «Il proprietario è rimasto molto colpito dalla mia persona, gli ho detto che studio all'università e che quindi non posso lavorare la mattina, quindi mi ha proposto di iniziare alle due del pomeriggio dal lunedì al venerdì. Il problema è che le lezioni finiscono alle due meno venti, e non so proprio come farò a regolarmi con gli orari.» Faccio una breve pausa e sospiro, poi riprendo a parlare.
«Mi ha lasciato il numero di telefono ed il biglietto da visita, posso pensarci e contattarlo quando voglio», continuo, «e mi ha fatto anche una proposta.» Guardo Madison.
Lui guarda me, poi inarca le sopracciglia quando non mi sente più parlare.
«Allora?!» esclama.

Stay 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora