Capitolo 14

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Tyler

Zio Scott ha proprio fatto di tutto pur di accogliermi nel migliore dei modi. Appena messo piede in casa editrice, mi ha accolto la ragazza con cui ho parlato qualche giorno fa per telefono. Effettivamente, è proprio come me la ero immaginata, anche se non è il mio tipo. Cioè, sì, è molto carina, ma mi dà l'aria di essere una tipa molto vanitosa. Per questo penso che non potremmo andare d'accordo.
Mentre penso a questo genere di cazzate, mi passo la mano fra i capelli ancora umidi, poiché non ho il vizio di asciugarli dopo la doccia, e seguo la ragazza che mi conduce al mio nuovo ufficio.
Prendiamo l'ascensore, uno di quelli molto affollati di uomini in cravatta e tanto inchiostro sul libretto degli assegni, e di tante donne, di quelle con la gonna a tubicino e labbra pasticciate di rossetto rosso.
L'ufficio si trova all'ultimo piano, proprio accanto a quello dello zio. Mi stupisco sempre di più di quanti soldi ci vogliano per possedere una casa editrice del genere, con tanto di ascensore a vista.

La segretaria mi fa strada fino alla porta, rigorosamente bianca, dell'ufficio. Mi sbatte i suoi fianchi in faccia ad ogni passo che fa, e giuro che tento di non guardare, ma con tutto il bianco che mi circonda, fra pareti, pavimenti e porte, la sua gonna nera attira la mia attenzione.
Mi fa entrare nella stanza e si avvicina alla finestra per spostare la tenda. Oh, e casualmente anche questa è bianca!
La luce penetra dalla finestra e riflette sul pavimento lucido.
Al centro della stanza c'è una scrivania in vetro, sulla quale sono posati un portapenne, un computer, un telefono, ed una piccola pila di fogli. Davanti si trova una sedia in pelle nera, e vicino alla finestra, è sistemata una piccola pianta. Le pareti, così come il pavimento e le tende, proprio come il resto dell'edificio, sono bianche.
Non è una stanza troppo grande, ma sicuramente basterà per ciò che devo fare, anche se ancora non mi è chiaro.

«Al piano terra trovi la sala pranzo, in caso tu abbia voglia di un caffè troverai lì la macchinetta, fa anche ottimi cappuccini», mi informa. «Accanto alla scrivania su cui ero appoggiata io quando sei entrato nell'edificio, ci sono due stampanti e macchine fotocopiatrici, non dovrebbero servirti per il lavoro che dovrai svolgere, ma comunque volevo informarti della loro esistenza».
Si avvicina alla scrivania e posa una mano sulla piccola pila di fogli che avevo già avvistato da quando ho messo piede in questo ufficio.
«E questo sarà il tuo materiale da lavoro. Questi sono manoscritti che ogni giorno ci inviano nella speranza di essere pubblicati. Tu dovrai leggerli, dividerli in base al genere, scegliere quelli che meritano la pubblicazione e quelli che invece dovranno essere rispediti indietro, e scrivere infine una lettera che comunichi che i manoscritti sono stati letti, ma rifiutati, per coloro che deciderai che non meritano». Si avvicina a me, tenendo le braccia alzate con il gomito a novanta gradi. «Stai attento, il tuo è un lavoro molto importante ma anche difficile, non prenderla troppo alla leggera».
Esce dalla stanza dopo aver pronunciato queste ultime parole: «Buon lavoro, se hai bisogno di aiuto, alzi la cornetta e chiami l'ufficio generale per chiedere qualsiasi tipo di informazione».
Quando finalmente la segretaria mi lascia solo, prendo posto sulla sedia in pelle nera e appoggio gli avambracci sui braccioli, guardandomi un po' attorno. Sospiro e do un'occhiata ai fogli che si trovano sulla scrivania, iniziando a leggere le prime righe della prima storia che mi capita fra le mani.

***

Qualcuno bussa alla porta e mi distrae dalla mia lettura. Ho iniziato a leggere la prima storia, è un romanzo. Ero così concentrato e preso dalla storia, che non mi sono accorto delle ore che sono trascorse. Me ne rendo conto solo quando, rispondendo «avanti», controllo l'ora sul cellulare appoggiato sulla scrivania in vetro.
È lo zio Scott, che entra e si appoggia alla scrivania con un sorriso stampato sulle labbra.
«Allora, come sta andando?» mi domanda. Alzo le spalle con fare disinvolto e giro sulla sedia in pelle che ha le rotelle, posando prima i fogli che tengo in mano sulla scrivania.
«Bene direi, mi sono sparato quarantadue capitoli fino ad ora, ho quasi finito questa storia. E dire che avrei continuato a leggere, se non mi avessi interrotto tu», cerco di fargli capire, in modo implicito, che mi ha disturbato. In realtà il mio tono è scherzoso, lo zio lo capirà di sicuro.
«Infatti sono venuto ad avvisarti che è ora di pranzo, ti offro un caffè». Mi fa segno con una mano di seguirlo, ed io, sbuffando, mi alzo per seguirlo fuori dell'edificio.

«Ma perché stiamo andando al bar, quando abbiamo la macchinetta del caffè in casa editrice?» domando mentre lo zio si ferma ad un semaforo.
«Te lo dirò quando saremo arrivati» mi risponde senza aggiungere altro.
Dopo pochi minuti, lo zio parcheggia davanti un negozio molto carino. Penso sia questo il bar di cui stava parlando zio Scott, ed entrambi scendiamo ed entriamo nel negozio.
La grande stanza è un po' buia, deve essere per i colori scuri con cui è arredata.
Ci avviciniamo al bancone e zio Scott si rivolge ad una cameriera.
«Lei è arrivata?» chiede.
«Sì, puntuale, un'ora circa fa. Si è messa subito al lavoro, sta prendendo le ordinazioni a quel tavolo», fa cenno col capo verso uno dei tanti tavoli. Io e zio Scott ci giriamo verso il punto indicato dalla ragazza, e la vedo.

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Okay, rieccomi con il nuovo capitolo. Aggiorno da due giorni di fila, ce l'ho fatta!
No okay la verità è che ho un'idea molto carina sul proseguimento di questa storia, e non vedo l'ora di farvi scoprire il seguito.
Tenetevi pronti per certe novità a breve. Nel frattempo fatemi sapere se il capitolo vi piace, un bacio

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