Chapter 14.

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<< Ridammi subito le mie patatine. >> urlai contro Jack Gilinsky.
<< Emh... No. >> rispose facendo finta di pensarci per poi lanciarle ad Aaron.
Era un tiepido mercoledì pomeriggio e con il gruppo avevamo deciso di andare a fare una passeggiata.
In quel momento avevano deciso di sfruttare il mio essere decisamente più bassa di loro per rubarmi le patatine.
Non sapevano a cosa andavano incontro rubando il mio cibo.

Mi avvicinai cautamente ad Aaron, il più tenero del gruppo a mio parere.
<< Potresti ridarmi la mia merenda, per favore. >> dissi con tono dolce e sfoggiando la mia faccina convincente.
<< Non farti abbindolare, Aaron. >> lo avvisó Taylor.
Il ragazzo lanció il pacchetto a Mr. Bandana a cui schioccai un'occhiataccia omicida.
" Ora te la vedrai con me Caniff. "
* O cavolo. *

Presi la rincorsa e mi lanciai su di lui a peso morto facendolo cadere. Dalla sorpresa Tay lasció cadere il pacchetto che io afferrai all'istante.
Mi rialzai subito e scappai dietro a Nash che era appena tornato dal bar.
<< Brutta nanetta, torna subito qui scricciolo. >> mi ordinó Taylor indignato.
<< Col cavolo. >> risposi facendogli la linguaccia.
<< Si può sapere che sta succedendo? >> ci chiese Nash confuso.
<< Mi é saltata addosso. >> rispose Tay indicandomi.
<< E lui mi ha rubato il cibo. >> replicai.
Il mio migliore amico alzò gli occhi al cielo in gesto di rassegnazione e poi si rivolse al 'criminale'.
* Non ti sembra di esagerare? *
" No. Mi ha rubato il cibo quindi deve essere arrestato per danni psicologici. "
<< Lo sai che non devi rubarle il cibo quando ha fame se no diventa aggressiva. >> rispose lui ammonendolo.
<< Ma non é giusto. >> si giustificó l'altro.
<< Siete ridicoli. >> intervenì Cameron che aveva deciso di aggregarsi alla compagnia all'ultimo.
<< Non intrometterti. >> urlammo Taylor ed io all'unisono.
<< Ben tornati alle elementari...>> sussurrò.

Il pomeriggio passó tra risate ed insulti scherzosi e alla fine decidemmo di andare a mangiare una pizza.
Un cameriere prese gli ordini che non tardarono ad arrivare.
* Eureca. *

Aprì il mio cartone di pizza e in allegato vi trovai un bigliettino:

Mi sembrava di averti detto di non uscire con Dallas. Non va bene così Smith. Ti do un'ultima opportunità e poi inizierò a divertirmi.
-L.

Un brivido mi percorse la spina dorsale.
Mi iniziarono a tremare le mani.
Non riuscivo a capire chi potesse essere così ossessionato da Dallas da arrivare a minacciarmi senza motivo.

<< Cos'é? >> chiese Gwen sporgendosi per sbirciare il contenuto del pezzo di carta.
<< Emh... Il foglio dei nostri ordini. >> cercai di rifilarle la prima scusa più credibile.
Fortunatamente non fece altre domande.

La serata passó in fretta.
Cameron era distaccato, gelido oserei dire.
Non aveva proferito parola, lasciandoci superstiti del suo silenzio tormentato.
Ripensai al nostro primo bacio.
Mi ero sentita bene, credo.
Era stato come fermare il tempo, come se il tocco delle nostre labbra ci avesse esternato dal resto.
Era ormai da tempo che mi chiedevo perché mi avesse baciata, e più volte.
Lo guardai in silenzio, pensando a quei momenti in cui il ragazzo tanto stronzo quanto bello si era trasformato.

Sotto gli occhi di tutti Cameron si alzò.
<< Dobbiamo parlare. >> sentenziò guardandomi.
Annuì. Era arrivato il momento di trovare le risposte che cercavo.
Mi alzai e lo seguì fuori dalla pizzeria.
Ci sedemmo su di una panchina.
Il silenzio prese il sopravvento lasciandoci in una situazione imbarazzante.
Presi coraggio e parlai.
<< Perché? >> chiesi a testa bassa incapace di sostenere il suo sguardo.
<< Perché ne sentivo il bisogno. >> rispose dopo qualche secondo. Ne sentiva il bisogno. Potrebbe sembrare una scusa banale ma io al momento decisi di crederci, troppo stanca per trovare la forza di continuare a lacerarmi la mente con le mie domande insensate.

Spesso ci aggrappiamo a false certezze, a convinzioni fasulle, pur di non dover più guardare in faccia la realtà e combattere.
Quello che però non capiamo é che in questo modo non facciamo altro che circondarci di menzogne e speranze.
Cerchiamo in tutti i modi di costruire speranze di ferro su persone di carta, spesso rimanendo feriti dalla stessa carta rotta, spezzata da noi e dalle nostre false speranze.

Non so perché, forse per la soddisfazione di aver trovato finalmente le mie risposte o forse perché in fondo non me lo aspettavo, iniziai a piangere.
<< Senti, non ho mai voluto ferirti. Mai. Credimi quando ti dico che ho provato qualcosa mentre ti baciavo, e anche prima. É come se in quei momenti sentissi la piena necessità di avvicinarmi a te, sempre di più, fino a sentire i nostri respiri diventare un tutt'uno. Ma adesso mi sono reso conto che é stato un casino. Un totale casino. Ho cercato di smettere di pensarti, ci ho provato lo giuro. Ma ogni mio sforzo si é dimostrato completamente inutile. Cercavo un modo per toglierti dalla testa e pensavo che il motivo per cui tu fossi sempre nei miei pensieri fosse dovuto al fatto che ti trovavo interessante e da conoscere, così ti ho baciata. In questo modo non ho fatto altro che peggiorare la situazione. Tu ne sei rimasta turbata, io non ho risolto nulla.
Perciò penso che dovremmo smettere di vederci del tutto.
Scusa se ti sembrerò egoista ma penso che sia l'unico modo per curarci dalla nostra malattia. >> detto questo se ne andò.

Mi lasció lì. Sola a piangere su una panchina in un caldo mercoledì sera, mentre le lacrime continuavano a sgorgare dai miei occhi stanchi. Stanchi di essere spezzata. Ancora.
Quello che aveva detto era vero, ne ero rimasta turbata e ferita.
Ascoltarlo però aveva solo peggiorato la mia di situazione.
Le mie domande si erano moltiplicate fino a farmi venire mal di testa.
Ma forse era quello il mio destino: essere la ragazza dalle tante domande, forse decisamente troppe, ma dalle poche risposte.

Mi alzai raccattando tutto il coraggio che mi era rimasto, e posso giurare che fosse veramente poco, anzi forse nullo.
Rientrai nel locale, salutai gli altri, pagai e tornai a casa in taxi.

Il gruppo non aveva fatto domande, donandomi solo sguardi curiosi e accennando una punta di preoccupazione.

Mentre giravo tra le vie della città che tanto amavo capii.
Capii che tutto quello che mi stava accadendo era un bene, avevo ricevuto degli insegnamenti dalla mia vita che mi aveva ferita più volte: mai fidarsi di nessuno, tranne di chi é stato pronto ad asciugarti le lacrime nei momenti peggiori.
Credo che il problema fosse questo però.
Dentro di me, nei meandri del mio cuore, mi ero costruita la convinzione di aver trovato qualcun'altro che mi avrebbe asciugato quelle lacrime amare, versate per chi non se lo meritava, ma avevo commesso un enorme sbaglio che alla fine mi si era solo rivolto contro.
Forse Cameron aveva avuto ragione. Avremmo dovuto smettere di 'frequentarci', smettere di peggiorare la situazione.
Aveva avuto completamente ragione, su tutto.
C'era una domanda che però aveva iniziato a frullarmi nell'anticamera del cervello: quale era la nostra malattia?

Mentre facevo le mie riflessioni il tassista si fermò davanti a casa. Pagai la corsa e scesi.
Entrai in casa, ma non andai in camera mia. Salii sul tetto, come facevo spesso quando avevo bisogno di stare completmente da sola.
Mi rimaneva solo un problema da risolvere per quella sera.
Chi era l'autrice dei bigliettini? Avrebbe smesso adesso che Cameron ed io avevamo deciso di starci completamente alla larga?

Dopo un tempo che non riuscì a calcolare la stanchezza inizió a colpirmi, così per evitare di addormentarmi sul tetto (cosa che era già successa un sacco di volte) scesi in camera mia e mi addormentai ancora vestita e con gli occhi ancora un po'umidi per le lacrime.






N/A= Ciao perfects! Allora che mi raccontate? Come vanno le vacanze? Spero bene! Mi dispiace per la mia assenza ma avevo deciso di prendermi una pausa dopo gli esami. Vi prego di perdonarmi, ma quest'anno é stato veramente pieno e come se non bastasse in questo periodo ho avuto il blocco dello scrittore o sindrome da pagina bianca (chiamatelo come volete).
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e che non vediate l'ora di leggere il prossimo (come lo sono io nel scriverlo).
Detto questo, Ave atque vale, Nephilim e alla prossima.

P. S= se in questo momento vorresti essere sul bordo di una piscina all'aperto in compagnia dei ragazzi (lascio immaginare chi) mentre sorseggiate un estathe al limone parlando delle vostre prospettive di vita insieme, schiaccia una certa stellina qua sotto. Graziepregoaddio.






-MartyXOXOXO

Perfect Imperfection #Wattys2018Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora