Capitolo 2 - La porta dell'inferno

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-Come sarebbe a dire che devo prendere parte ad una confraternita?- domandai, quasi urlando, alla consulente, una tale Signora Rosswood.

-Esattamente quello che ha detto lei, Signor Murphy- rispose sorridendo. Scossi la testa.

-Non vedo come potrebbe farmi prendere più crediti scolastici- ribadii, lei si alzò, prelevando dal grande cassetto alle sue spalle un opuscolo e porgendomelo.

-Come scritto nell'opuscolo, qui alla Ohio State vogliamo favorire le attività di gruppo e la coesione tra studenti, per migliorare la capacità, utile un domani, di lavorare in gruppi con persone magari non simpatiche- rispose, nuovamente sorridendo. Imprecai mentalmente. Odiavo le confraternite ma mi servivano quei crediti in più. Sospirai rassegnato, lanciando l'opuscolo nel cestino.

-Quali confraternite ci sono a ehm... numero aperto?- domandai, lei scoppiò in una risata a modi sfottò.

-Non esistono confraternite a numero aperto. Ci sono confraternite già al completo, confraternite selettive, confraternite con iniziazione e quelle con pochi iscritti che prendono praticamente chiunque- spiegò.

-Ovviamente io non voglio far parte di una confraternita scialba e senza stile- misi in chiaro, facendola nuovamente ridere. Mi aspettavo un commento del tipo "Voi gay siete tutti così". Il commento non arrivò, bensì lei chiarì una cosa.

-Il problema potrebbe essere alla porta. Ebbene, il periodo delle iniziazioni è già concluso, quindi le confraternite disponibili sono quelle che hanno pochi iscritti- disse, io sbattei la testa sulla scrivania pronto a rassegnarmi, quando lei si illuminò.

-Però forse... c'è una confraternita che è ancora in lista. Non potrei dirtelo perché sono informazioni secretate ma... io amo i gay. Quindi... c'è una confraternita, la Eta Beta, che non ha nuovi iscritti da ormai quattro anni. Praticamente non ne prende mai, ma quest'anno in due hanno deciso di andarsene, quindi sono costretti ad accettare altri due membri per raggiungere il numero minimo di sette confratelli- spiegò, io la ringraziai con un cenno e uscii dall'ufficio. Ritornai al dormitorio e mi fiondai in stanza, dove Caleb era sdraiato sul letto con le cuffie. Mi avvicinai a lui e gli sfilai gli auricolari.

-Che cazzo fai? Mi vuoi stuprare e uccidere solo perché sono figo e tu sei gay?- chiese, facendo della futile ironia. Lo fulminai con lo sguardo, così si affrettò a precisare:

-Scherzavo, bello- disse ridendo. Scossi la testa, disperato. Almeno non aveva detto che era il ragazzo più figo del mondo... Mi concentrai.

-Ti devo parlare seriamente- dissi. Lo vidi cambiare espressione e sedersi a gambe incrociate, facendomi posto accanto a lui. Mi sedetti e cominciai.

-Dobbiamo prendere parte ad una confraternita- spiegai. Lo vidi che si tratteneva a stento dal ridere.

-Non sto scherzando. Mi servono i crediti che dà. E so, da una fonte certa, che una delle più fighe confraternite deve accettare altri due membri per non venire chiusa. E non saprei a chi altro chiederlo- ribadii. Lui era scettico.

-Alexis?- chiese, io feci una faccia molto simile a questa -.-

-Si chiama confraternita perché è per fratelli, ovvero uomini, si sarebbe chiamata sorellanza se fosse stata per donne. So che è sessista ma funziona così- spiegai, lui annuì.

-Se proprio devo... solo perché non voglio rimanere senza coinquilino- disse, io lo abbracciai. Lui non ricambiò ma rise, poi mi scansò lievemente.

-Non ti è venuto duro vero?- chiese, gli tirai un pugno sul braccio.

-Coglione. Dai andiamo ad iscriverci- lo invitai, mi alzai e lui mi seguì fuori dalla stanza. Uscimmo e domandammo ad uno degli studenti nel giardino dove fosse la sede della Eta Beta. Ci indicò una strada sulla destra dicendoci che l'avremmo vista subito. Percorremmo la stradina ed, effettivamente, la vedemmo eccome: era imponente, sembrava una chiesa rinascimentale, con le sue guglie alte e rigogliose, ma al contempo sembrava un castello dall'aria spettrale. Io e Caleb ci guardammo negli occhi, per poi percorrere quella stradina sterrata che tagliava il giardino in due. Arrivammo alla porta e suonammo il campanello. Passò un po' di tempo, poi un ragazzo ci venne ad aprire. Era magro e biondo, con gli occhi scuri. Indossava degli skinny jeans neri e una maglietta bianca attillata che ne risaltava gli addominali ben scolpiti. Ci fissava con un'aria un po' snob, di superiorità.

-Voi chi siete?- domandò.

-Io sono Julian e lui è Caleb. Sappiamo che vi mancano due iscritti e... volevamo unirci a voi- risposi, abbassando lo sguardo per timidezza. Lui scoppiò a ridere.

-Prego, fate pure. Questa confraternita fa cagare- rispose, spalancandoci la porta e invitandoci ad entrare all'inferno.

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