Capitolo 22 - Un aiuto inaspettato

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Mi strinsi a Julian, assaporando il suo odore e sorridendo, mentre le prime luci dell'alba filtravano dalle veneziane sconnesse dell'angusta stanzetta al dormitorio maschile. Aprii un occhio e guardai il ragazzo che giaceva, tranquillo, tra le mie braccia. Mi tranquillizzava saperlo con me, saperlo al sicuro. Fu in quel momento che il cellulare squillò. Julian si svegliò, lentamente, schiudendo leggermente gli occhi. Lo guardai, sbadigliando, e afferrai l'aggeggio infernale che ci aveva destati.

-Pronto- dissi con voce assonnata, una risata provenne dall'altro capo del telefono.

"Dormivi, eh, agente Cooper?" rispose la voce femminile che ben conoscevo, sorrisi e mi alzai improvvisamente.

-Georgina, finalmente. Ti ho chiamato ieri- dissi, attendendo la sua risposta.

"Scusa Cody, qualcuno deve lavorare, sai? E non fare la bella vita sotto copertura. Cosa ti serviva?" mi domandò lei. Mi alzai, allontanandomi da Julian, e mi chiusi in bagno.

-Mi tolgono il caso. Devi scoprire perché- le sussurrai, quando lei sbuffò.

"E come dovrei fare?" mi chiese, io aprii la doccia per non farmi sentire. Mi guardai intorno, e sospirai.

-Non lo so, ma credo che ci sia qualcosa di grosso. Georgina, tu sei un livello 5, io un livello 2. Hai a disposizione più informazioni di me, e conosci pezzi grossi. Credo che ci sia un Gran Consiglio di qualcosa che abbia influenza sull'FBI- mormorai, cercando di spiegarmi senza far sentire a Julian.

"Parli di corruzione?" rispose lei, incredula.

-Non lo so Georgy, ma qualcosa sotto c'è. Fammi dare più tempo, almeno, e lo scoprirò io. Sono bravo, sotto copertura- decisi, lei sbuffò.

"Vedrò ciò che potrò fare" sentenziò, e attaccò senza salutare, in pieno stile Georgina Sanderly. L'avevo conosciuta in accademia, lei era un'insegnante, avevo stretto amicizia. Era diventata un pezzo grosso e spesso mi aiutava. Chiusi l'acqua e uscii dal bagno. Julian mi attendeva seduto sul letto.

-Chi era?- mi domandò, io decisi di non mentire.

-Una più o meno collega dell'FBI. Sono dovuto andare in bagno perché sono informazioni riservate- spiegai, lo vidi annuire consapevole, mentre si alzava dal letto.

-Certo, capisco. Hai fatto bene, curioso come sono avrei origliato tutta la conversazione- rispose, io sorrisi e mi sporsi verso di lui, lasciandogli un bacio caldo sulle labbra. Sorrise anche lui, raccolse i propri vestiti.

-Ora vado da Alexis e ti lascio lavorare- propose, io scossi la testa.

-Non ti lascio andare da solo, quando c'è un killer in zona. Puoi restare- obiettai, ma lo vidi sorridere e scuotere anch'esso la testa.

-Caro agente dell'FBI, non puoi controllarmi. Ho lezione, ricordi? E poi non sono a mio agio mentre tu fai le tue cose strane- rispose, io scoppiai a ridere.

-Le mie cose strane sarebbero le indagini?- domandai, vedendolo annuire. Alla fine trovammo il compromesso perfetto: l'avrebbe accompagnato Alexis, infatti poco dopo bussò e Julian uscì dalla stanza, lasciandomi solo con il mio disperato caso.

Presi la posta: la prima lettera era del dipartimento della scientifica del bureau. Aprendola, vidi i risultati sulle impronte che avevo preso e prontamente consegnato al mio contatto di emergenza ieri sera.

Mi accigliai nel vedere che tutte le impronte erano di Caleb, e che era schedato nei server federali. Quel ragazzo non era così angelico quanto tutti credevano, ma era morto, quindi non bisognava più preoccuparsene. Un rumore alla porta mi destò: il bussare ruvido di chi aveva fretta.

Avanzai, mi slacciai la fondina, pronto ad afferrare la pistola in caso di bisogno. Aprii con cautela la porta, trovandomi di fronte Dalton Awking. Riposi la pistola nella fondina, e aprii la porta.

-A cosa devo l'onore?- domandai, lui sorrise, accomodandosi.

-Sai, ci ho pensato tutto il tempo. Non potevi essere l'assassino, ma perché portarsi dietro una pistola in una confraternita? Certo, per difesa personale. Ma perché non dirlo? Sai, poi ho messo insieme i tasselli. Non sei l'assassino, tu sei un agente di polizia- decise, facendomi spalancare gli occhi.

-Caspita, sei audace a dirmi una cosa del genere- sentenziai, prendendo tempo. Dovevo decidere se ammettere o negare. Dalton poteva benissimo essere l'assassino, ma se lo fosse stato mi avrebbe già sparato probabilmente.

-Sai, ho cercato su internet. Per legge, se sei un agente di polizia e io te lo domando, tu mi devi dire la verità, se no posso denunciarti. Sei un agente di polizia?- chiese, io sorrisi. Mi aveva reso il compito più divertente.

-No- risposi, convinto. Lui spalancò gli occhi, quindi mi affrettai ad aggiungere -Sono un agente dell'FBI-

Dalton era sbalordito, però vidi una fiamma nei suoi occhi: ci era arrivato.

-Sì cazzo, lo sapevo- urlò, entrando di più nella stanza. Appena mi superò, vide la lavagna e tutto il mio materiale, con anche il suo nome. Spalancò occhi e bocca, e si voltò.

-Sei a buon punto? Voglio dire, l'hai trovato?- mi chiese, sincero. Scossi la testa.

-Per niente. Ci sono vicino, ma ho ottenuto l'ennesimo fallimento. È bravo e addestrato- risposi, lui annuì. Vidi che fissava il simbolo che era tatuato sulle vittime, poi si schiarì la gola, piegò la testa in obliquo e si girò verso di me.

-Quel simbolo non mi è nuovo- decise, lo fissai.

-Il ferro di cavallo e il 72?- chiesi conferma, lui scosse la testa.

-È un omega. E il 72 indica la confraternita. Eta è la settima lettera dell'alfabeto greco, e Beta è la seconda: 72- spiegò, io chiusi gli occhi e sorrisi.

-Dalton, hai per caso dei libri che spiegano la storia di questi simboli?- gli domandai, lui annuì con veemenza.

-Certo, nella mia biblioteca privata. Perché?- rispose, io gli indicai la porta, come a dire di muoversi e guidarmi alla sua biblioteca. Lui capì e si mosse, uscendo dalla porta. Lo seguii.

-Allora?- mi sollecitò, io tentennai.

-Credo... credo che tu abbia appena risolto il caso-

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