Capitolo 12 - Congetture

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Avevo ancora l'amaro in bocca per la discussione con Julian, il che non mi rese affatto facile lavorare al caso, ma dovevo farlo. Un assassino era in giro per l'università e io dovevo fermarlo. Sarebbe stata una serata lunga, già lo sapevo. Estrassi un pennarello e mi diressi al centro di comando che avevo creato nella mia stanza al dormitorio. La lavagna al centro era vuota: era arrivato il momento di riempirla. Scrissi in alto Eta Beta, poi i nomi dei suoi componenti. Accanto a Dalton misi una X, sbarrai Miguel in quanto deceduto, e feci un pallino accanto a Julian che non poteva essere il colpevole. Dalton era il sospetto numero uno, ma anche Jared, Sebastian e Blake non me la contavano giusta. Quel posto nascondeva qualcosa e io l'avrei scoperto. Il primo passo era visionare il cadavere ora che sapevo dove fosse, poi dovevo piano piano avvicinarmi a tutti e capire il loro carattere. Non sarebbe stato facile. Ma ancora c'era una cosa che non mi era chiara: il movente. Ero arrivato a capire che il colpevole era nella Eta Beta con un semplice ragionamento: prima di Miguel, escludendo il professore, vi erano state due vittime. Entrambi erano passati dalla Eta Beta ad un'altra confraternita: il primo alla Gamma Omega, e il secondo alla Alpha Teta. L'unica cosa che avevano in comune era la Eta Beta, e avevo pensato che il movente fosse la vendetta dei membri della confraternita verso i due ragazzi che l'avevano lasciata. Ma la morte di Miguel cambiava le carte in tavola.

Dovevo vedere il corpo, perché gli altri due non erano mai stati trovati dalla polizia. In realtà ero quasi sicuro che l'assassino avesse pagato i poliziotti per insabbiare tutto. Il movente era l'odio, ma perché verso i propri confratelli?

-Dannazione! È un fottuto circolo vizioso- sbottai. Mi sedetti, prendendo una birra dal frigo e aprendola. Mi tornò in mente Julian e fremetti per la tristezza. Non sapevo perché ero così triste, dopotutto sotto copertura avevo sedotto tante donne e non mi ero mai sentito così... vile. Le sue taglienti parole mi avevano scosso. Qualcuno bussò in maniera frenetica alla porta, così mi avvicinai, guardai dall'occhiello e vidi una ragazza fuori. Al momento pensai fosse una segretaria, un'addetta al dormitorio, sembrava innocua. Mi slacciai per sicurezza la fondina che portavo nella parte destra bassa della schiena e portai il braccio destro dietro le spalle, pronto ad afferrare la pistola nel momento del bisogno. Appena toccai il calcio dell'arma, mi sentii improvvisamente meglio. Come mi rilassava impugnare o anche solo sfiorare la mia Glock calibro 27, arma classica che il bureau offriva in dotazione agli agenti sotto copertura, alternativamente alla più scomoda calibro 23.

Con la mano sinistra aprii la porta lentamente, la ragazza si fiondò dentro, io sollevai leggermente la pistola dalla fondina.

-Come ti sei permesso? Ma, dico io, chi sei tu per fare una cosa del genere?- urlò lei, io la fissai allibito.

-Di cosa parli?- domandai, quando lei sbuffò malamente.

-Julian! Trattalo così un'altra volta e ti rendo sterile a vita, brutto figlio di putt...- iniziò a dire, quando si fermò, respirò a fondo e fece un verso simile a "mmhhhnnnhhh" -Figlio di una simpatica donna del popolo- concluse, strappandomi un sorriso. Mi rilassai riponendo la pistola nella fondina e chiudendo la porta. Quella ragazza era un personaggio: alta, con i capelli scuri portati sopra le spalle e gli occhiali rotondi. Gli occhi erano verdi e non era truccata. Aveva un aspetto attraente, la classica brava e bella ragazza. Però, dentro, era una furia. E guai a chi toccava il suo Julian.

-Vuoi sederti?- chiesi, indicando il divano istintivamente. Poi ripensai alla lavagna che si trovava oltre la parete e sbiancai.

-Cambio di programma. Devi andartene- dissi, quando lei scoppiò di nuovo.

-Ma come cazzo tratti la brava gente? Ma dico io, ti permetti di mandarmi affanculo quando io sono venuta solo per farti notare che hai fottutamente distrutto il mio cazzo di migliore amico, brutto figlio di una simpatica donna del popolo- urlò, cambiando tono di voce sull'ultima frase. Sorrisi. Come darle torto?

-Senti. Non so chi tu sia, ma so che ora devo uscire quindi mi devo preparare quindi devi andartene da qui, gentilmente. Per quanto riguarda Julian, digli di tirare fuori le palle e venire lui a discutere i suoi problemi. Ah, e digli che ha ragione e mi dispiace, ero preso dal fare il mio lavoro, lui saprà a cosa è riferito. Non è una giustificazione, lo so- risposi, con convinzione. Lei scosse la testa e spalancò la porta, uscendo per poi voltarsi.

-Sono Alexis, la tua castratrice. Sognami la notte. Non nuda, grazie- disse, io scoppiai a ridere. Era troppo forte quella ragazza. Prima che se ne andasse, qualcosa dentro di me mi mosse a dirle un'altra cosa, così urlai, mentre lei era a metà corridoio:

-Alexis- lei si girò, io sorrisi spavaldo, facendole l'occhiolino -Digli anche che il bacio mi è piaciuto. E parecchio-

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