•IX•

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Passai i giorni e le settimane successive in modo abbastanza tranquillo, Nicholas non chiese più niente di quella storia, Antony mi chiamava ogni tanto per sapere come stavo e per raccontarmi dei suoi allenamenti.
La mia vita sembrava essere tornata alla normalità ma c'era qualcosa che non andava, sentivo un peso dentro di me ogni volta che parlavo al telefono con Antony, quasi come se mi sentissi in colpa. Tentai tante volte di ripetermi che non c'era nulla di male, in fin dei conti parlavo solo con un amico, niente di più.. Eppure qualcosa mi turbava sempre.
Un giorno decisi di parlarne con Nicholas, in fin dei conti era il mio ragazzo, non avevo mai avuto problemi nel raccontargli i miei segreti più strani e contorti.. Eravamo nel letto quando gli dissi:«Nì, ti capita mai di sentirti in colpa per cose che non hai fatto?» Mi guardò con aria perplessa:«Cosa intendi?» Guardai qualcosa nel vuoto:«Non ti succede mai di avere dei sensi di colpa, anche senza aver fatto qualcosa di sbagliato?» Si mise a ridere, forse pensava stessi scherzando. Mi girai dall'altro lato senza aggiungere altro, sapevo che non avrebbe capito.

I giorni passarono, Antony mi chiamava circa due volte a settimana e i miei sensi di colpa aumentavano senza che riuscissi a capire il perché.
Una sera ero sola in casa, Nicholas era ancora al lavoro, così uscii fuori dal balcone per accendermi una sigaretta.. Non fumavo spesso, lo facevo raramente, quando i pensieri erano troppi. Mi sedetti sulla sedia di plastica da giardino e mi strinsi le gambe al petto mentre fumavo e guardavo un punto a caso nell'orizzonte.
Iniziai a piangere, non saprei dire il motivo, fatto sta che in pochi minuti le mie guance si ritrovarono irrigate di fiumi di lacrime che sembravano non finire più. Piansi tanto, singhiozzando come i bambini.
Quella sera capii quello che non riuscivo a spiegarmi prima: io avevo smesso di farmi domande, avevo smesso di pormi degli interrogativi per paura delle risposte. Non mi chiedevo il motivo delle cose perché avevo paura della risposta che mi aspettava. Da quando avevo perso la memoria avevo vissuto la mia vita come veniva, facendo ciò che dovevo fare senza mai però chiedermi se fossi felice delle mie scelte, proprio perché avevo paura di rispondermi e dire che no, non ero affatto felice.
Quella sera, dopo aver pianto in modo assurdo, finalmente mi decisi, dovevo prendere in mano la mia vita. In fin dei conti avevo 25 anni, ancora una vita davanti e un'altra vita passata che non conoscevo poi così bene.

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