•XV•

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Nei giorni seguenti non lo cercai, volevo capire ma non sapevo come fare. Andai a vedere tutte le partite però, lui prima del calcio d'inizio guardava sempre verso le tribune e poi abbassava lo sguardo.
Non gli scrissi, non lo chiamai e lui fece lo stesso. Mi limitavo a guardarlo in televisione, proprio come sognavo di fare tanti anni prima.
Ogni sera rileggevo un pezzo della nostra storia su quel quaderno e una sera lessi una frase che avevo scritto che mi fece riflettere tanto: "Spero che realizzi il suo sogno, non importa se non staremo più insieme, so quanto ci tiene e per me l'importante è che sia felice, anche se non dovessi far più parte della sua felicità"
Mi stupii molto scoprire quanto contasse anche per me il suo sogno, quanto credevo in lui e quanto speravo che lui ce la facesse.
Poi però, ovviamente, vidi anche il lato negativo della cosa: sostanzialmente lui il suo sogno lo aveva realizzato, con o senza di me. Io che avevo fatto della mia vita? Ero una stupida che aveva mandato tutto all'aria da un momento all'altro, non avevo ricordi di prima di cinque anni a quella parte e tutte le mie certezze si stavano sgretolando una dopo l'altra.
Iniziai a pensare tanto quella sera, non mangiai nemmeno la cena che zia mi aveva preparato.
Pensai a Nicholas, a come lo avevo abbandonato da un momento all'altro senza neppure una spiegazione, niente di niente.
Mi sentivo in colpa nel profondo, eppure non avevo voglia di chiamarlo, nemmeno per scusarmi del mio essermene andata improvvisamente.
Dovevo fare qualcosa della mia vita, dovevo chiarire con Antony, sta volta definitivamente però, in fin dei conti non avevamo più 15 anni ed era giunta l'ora di trovare un finale per noi. Ero stanca di aspettare, lo avevo fatto per tanti anni, seppur non lo ricordassi più.
Meritavamo una conclusione, che fosse negativa o positiva di sarebbe dovuto ancora scoprire, ma dovevamo chiarire tutto, anche in fretta.
Gli mandai un messaggio dicendo che dovevamo parlare seriamente, che dovevo risolvere con lui una volta per tutte.
Rispose alle 7:30 del mattino dopo, accettò e fissammo l'appuntamento per dopo il suo rientrato a Roma.
Sapevo già cosa dirgli, avevo già un discorso pronto; aveva sempre parlato più lui, ma sta volta ero preparata e sicura su ciò che dire, sempre sperando che davanti a lui non rimanessi come una stupida in silenzio.

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